Che piaccia o no, il Festival di Sanremo ha scandito il nostro tempo… a partire dal lontano 1951, anno del suo inizio, fino a oggi.
Vorrei dedicare questa pagina diLetteratitudine al Festival della canzone italiana e a qualcuno dei libri da esso ispirati.
Come ha scritto Giovanni De Lunasu Tuttolibri del 5 febbraio 2011,“Sanremo cominciò nel 1951, con una «tre giorni musicale» (29-30-31 gennaio) trasmessa alla radio. L’orchestra la dirigeva il maestro Angelini e i cantanti erano solo due (Nilla Pizzi e Achille Togliani), con il supporto del Duo Fasano. Tutto qui. Pure, un Festival nato in sordina, senza «lanci» e «promozioni», riuscì a far diventare famose in una sola sera (e con un solo «passaggio» radiofonico!) molte canzoni, non solo quella vincitrice. La serata conclusiva fu seguita da circa 25 milioni di ascoltatori. Oggi quella data è diventata storica tanto da dare l’impressione che raccontare le vicende del festival sia un po’ come scrivere pagine importanti del nostro passato, quasi che anno dopo anno le sue canzoni abbiano composto la colonna sonora della nostra quotidianità”.
Il riferimento è al volume pubblicato da Carocci e scritto da Serena Facci e Paolo Soddu, intitolato: “Il festival di Sanremo. Parole e suoni raccontano la nazione”.
Ecco la scheda del libro: “Il 30 gennaio 1964 Gigliola Cinquetti, accollata in un abitino acqua e sapone e lanciando occhiate maliziosamente candide, debuttò a Sanremo: “Non ho l’età”, ideata da professionisti di lungo corso come Nisa, Panzeri e Colonnello, non era solo l’efficace confezione melodica di un testo esile con un buon attacco. Era il frammento di un più complessivo discorso sulla nazione e in questo caso una delle risposte alla sfida dell’autodeterminazione femminile e della libertà sessuale. Quella serata non è che un tassello di una foto di famiglia lunga 60 anni nella quale riconosciamo volti e voci diventati monumenti nazionali incontestati (da Nilla Pizzi a Domenico Modugno, da Mina a Vasco Rossi) discussi (da Claudio Villa a Orietta Berti fino a Toto Cutugno), alcuni dimenticati, altri ancora freschissimi. La tradizione era iniziata nel 1951: l’Italia non riusciva a rielaborare le ferite del recente passato e preferiva alludere a sé stessa ricomponendo come poteva, con leggerezza quasi frivola, reminiscenze da melodramma o realismo da chansonnier, pezzi di una nazione che aspirava alla democrazia e alla modernità. Il Festival è arrivato indenne, sorvolando mille traversie, fino a questi giorni: non è solo audience, kermesse, dietrologie e pettegolezzi, noia o passione; è anche uno dei momenti in cui una fibrillante democrazia occidentale si racconta e si interroga”.Gli amici della redazione di Fahrenheit, che hanno invitato in trasmissione uno dei due autori del libro citato,Paolo Soddu (docente di storia contemporanea alla facoltà di Musicologia dell’Università di Pavia), si domandano…
1. Quali sono le ragioni della lunga durata e dell’eco che ha avuto e continua ad avere la gara che dal 1951 si svolge annualmente a Sanremo?
2. Ragionare su Sanremo può aiutare a decifrare l’evoluzione della cultura nazionale-popolare nell’Italia repubblicana?
3. Esiste un nesso tra l’appuntamento annuale e l’evoluzione storica del paese?
Aggiungo altre domande, per favorire una possibile discussione sull’argomento e sul Festival della canzone italiana in corso quest’anno:
4. Più in generale: cosa ne pensate del Festival di Sanremo?
5. Fino a che punto ha contribuito, nel tempo, alla crescita e alla diffusione della canzone italiana?
6. Ritenete che abbia contribuito anche alla internazionalizzazione della cultura italiana e dell’immagine dell’Italia nel mondo?
7. A vostro avviso, contribuisce di più il Festival di Sanremo allo sviluppo della canzone italiana o i Festival letterari (vedi Mantova) alla crescita della nostra letteratura?
8. E questo Festival? Vi sembra all’altezza dei precedenti? Meglio? Peggio?
Su quale canzone puntereste?
9. Anzi, domanda secca: chi vincerà?
Come sempre, grazie per l’attenzione e la partecipazione.
Massimo Maugeri
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UN ROMANZO SU SANREMO
Vi invito a discutere sul Festival di Sanremo prendendo spunto dal romanzo di Alessandro Zaccuri: Infinita notte (Mondadori, pagg. 272, euro 18,50).Col precedente, Il signor figlio (Mondadori, 2007), a Zaccuri è stato tributato il premio Selezione Campiello.
Infinita notte è un romanzo su Sanremo ambientato a Sanremo, zeppo di svariati personaggi (dirigenti Rai, rapper, fan, cantanti, manager, conduttori, giornalisti) messi in scena attingendo a piene mani dalla realtà. Di seguito potrete leggere la recensione di Ranieri Polese, pubblicata sul Corriere della Sera del 13 gennaio (da cui capirete meglio il plot).
Vi invito a interagire con l’autore (che, salvo imprevisti, parteciperà alla discussione in questi giorni pre-sanremesi) e poi a dire la vostra proprio su questo Festival e sul Festival in generale.
Massimo Maugeri
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ALESSANDRO ZACCURI Infinita notte MONDADORI PP. 280, euro 18
di Ranieri Polese (Corriere della Sera del 13/01/2009)
Un romanzo con il titolo di una canzone inventata (Infinita notte) e 23 capitoli ciascuno intitolato con una canzone, vera, che ha vinto Sanremo (da «Grazie dei fiori» ad «Angelo»): dopo il Leopardi de Il signor figlio, Alessandro Zaccuri (nella foto) fa un bel salto. E dai complessi rapporti del poeta con il padre Monaldo (nel libro del 2007 si immaginava Giacomo scampato al colera di Napoli e rifugiato sotto falso nome a Londra) passa a raccontarci le storie che si intrecciano all’ombra del Festival, le strategie della tv, l’agitato popolo dei giornalisti, i sospetti casi di corruzione, i tipi più o meno curiosi che per disparate ragioni si ritrovano nella settimana fatidica a due passi dall’Ariston. «Ma poi tanta distanza fra Leopardi e Sanremo non c’è» scherza Zaccuri, 45 anni, giornalista di Avvenire, scrittore, e conduttore de «Il grande talk» su Sat2000, dedicato all’analisi dei linguaggi e dei programmi televisivi. «Intanto, sono due icone dell’ italianità. Poi, il Leopardi che tutti conoscono a memoria è un Leopardi sanremizzato, zuccheroso, donzellette e passeri solitari, molto diverso dal pensatore crudele, difficile che in realtà era». Sì, però, Sanremo… «È una realtà importante, con una lunga storia alle spalle, resta ancora lo spettacolo numero uno per cui si mobilitano giornali radio e tv. È il dolce tradizionale italiano che tale rimane anche se gli ingredienti della torta sono mutati». Colto ma non per questo viziato da snobismi, Zaccuri guarda a Sanremo come la nostra Nashville, il tempio della musica country americana. «E per il romanzo mi è servito molto rivedere il film di Robert Altman, con il suo mosaico di microstorie che si compongono intorno alle esibizioni dei cantanti e ai loro refrain». Così, senza perdere di vista il lavoro degli autori dei testi e dei responsabili Rai, con un occhio puntato sul non-luogo per eccellenza, la sala stampa che sta all’ultimo piano del Teatro Ariston, Zaccuri congegna tre storie che si snodano su quello sfondo di fiori e canzonette. C’ è l’autore outsider, Raffaele Maria Ferri, già collaboratore dei programmi di Funari e ora scrittore bestseller di un libro-reportage (Tassì Draiv, 800 mila copie) su quello che i tassisti dicono: da Roma gli arrivano notizie belle e brutte, la moglie gli dice che aspetta un bambino, il padre invece è ricoverato senza più speranza. Vorrebbe scappare ma sa che lì si sta giocando qualcosa di molto importante. Poi c’è il rapper SliverG, che si fa chiamare anche Gabo, è arrivato da Roma all’insaputa di un padre molto importante: una sua canzone («Il punto G») è stata rifiutata, ma lui bombarda le strade intorno all’Ariston con un’altra sua composizione, «Infinita notte» (da qui il titolo), che resta nella mente. Infine, del tutto estraneo alla grande kermesse, c’ è anche Miles De Michele, manager italo-americano che si lascia fregare da un mafioso russo in un giro di danaro sporco al Casinò; a portarlo in questo imbroglio è Jeanne, una bellissima ragazza di Mauritius che lo fa innamorare parlandogli della sua omonima Jeanne d’Arc.Infinita notte (Mondadori) è uscito in libreria il 16 gennaio, un mese prima dell’inizio del Festival numero 59 (17-21 febbraio), che segna il ritorno di Paolo Bonolis. E che già occupa i giornali con polemiche a non finire, per un testo sui gay, per il rifiuto di una canzone firmata Sgarbi ecc. «L’ unico Sanremo che ho seguito interamente, in sala stampa con tutti gli altri, è stato quello del 2005, il primo di Bonolis - ricorda Zaccuri -. Forse nel personaggio del Conduttore c’è qualcosa di lui, ma non solo. Il libro l’avevo già scritto a febbraio del 2008, non volevo fare pronostici. Del resto il Sanremo di cui racconto è il numero 60, quello che ci sarà nel 2010». Sì, però ci sono figure molto bene identificabili, tre giornalisti per esempio: lo Stregatto, la Regina di cuori e il Presidente emerito della Sala stampa: ovvero, Mario Luzzatto Fegiz («Corsera»), Marinella Venegoni («Stampa»), Paolo Zaccagnini («Messaggero»). «Sì, sono loro, ma sono anche i pilastri di quel luogo, e ho voluto render loro un omaggio». Su altre figure si gioca più di fantasia: per esempio, Miriam Cascella, eminenza Rai che conosce e manovra i delicati equilibri del potere. O sulla super-ospitata di Britney Spears, convertita da Madonna alla spiritualità della cabala. Intanto il rapper Gabo tappezza le porte del teatro con scritte che tutti ritengono pericolose minacce eversive; la cosa passa su You Tube, l’atmosfera si riscalda, nel giro entrano Fancy e Vanessa, due ragazzine di Torino calate in Riviera per vedere i cantanti, che subito s’innamorano del cantante di strada. E poi c’è la «nuova proposta» Sarah X, già pornostar, inevitabile scandalo da prima serata. Anche se fiction, questo Sanremo di Alessandro Zaccuri è terribilmente verosimile. Resta da chiedersi, da chiedergli, che cos’è veramente Sanremo. «Negli anni ‘50 - ‘60 è stato veramente il grande romanzo popolare italiano, lo specchio in cui la gente poteva proiettare i propri sogni. Poi, superata la crisi degli anni ‘70 (la Rai per anni si limitò a trasmettere in tv solo la finale), il Festival ha cambiato pelle e sostanza. È diventato un grande evento televisivo, ospiti internazionali di richiamo, comici, intrattenimento, tutto pensato per l’Auditel, con le canzoni che perdevano la loro centralità. Certo, seppure con tutti questi condizionamenti, Sanremo è l’unico momento in cui la tv si occupa di musica italiana. Prima, per lunghissimi anni, era l’unico Festival, “il Festival”. Ora i festival si sono moltiplicati (Mantova, Roma, Modena eccetera, letteratura, cinema, filosofia). E certe regole - il divismo, le passerelle - si sono diffuse anche in altri contesti. Però Sanremo rimane un grande campionario di umanità, sarebbe sbagliato giudicarlo come un format, un clone di qualche reality. Realmente qui succede qualcosa, ci sono persone che ci mettono i loro sogni, le loro capacità. Non ci sono solo i personaggi. Un romanzo questo deve fare: scoprire la persona dietro il personaggio».Ranieri Polese
da Corriere della Sera del 13 gennaio 2009, pag. 42
L’ autore Alessandro Zaccuri è nato a La Spezia nel 1963. Giornalista e scrittore, lavora nella redazione culturale di «Avvenire» I libri Tra i suoi libri: «Citazioni pericolose» (Fazi), «Il signor figlio» (Mondadori), «In terra sconsacrata» (Bompiani)