Eccoci ritornati dopo una settimana di pausa, ma stiamo lavorando anche alle prove di Sanremo quindi non è certo facile tra conferenze stampa, fitting e prove con gli autori, trovare il tempo per scrivere. Questa settimana voglio accontentare le richieste del mio caro amico Matteowolk che ha espressamente chiesto di sapere più notizie su Sant’Agata. E allora io che ci sto a fare? Partiamo con la gif fiction sui santi della settimana.
Ormai c’è una sorta di competizione tra gli attori del jet-set internazionale per partecipare a questa rubrica. Questa settimana ci ha contattati l’agente di una famosa star hollywoodiana ormai devota alle cause umanitarie. Non sto parlando di Mia Farrow (quanto siete antichi), ma della suadente Angelina Jolie. Sono sincero, non è stato facile lavorare con Angelina, anche perché di santo ha ben poco questa donna, ma ecco come è andata.
Sant’Agata nasce a Catania l’8 settembre 235 da una ricca famiglia latifondista. Educata alla religione cristiana, crebbe in bellezza e grandi qualità morali, come testimonia il suo nome che in greco vuol dire, appunto, ‘buona, gentile’. Giovanissima decise di consacrare la propria verginità a Dio, appoggiata sicuramente dalla sua famiglia.
A 21 anni Sant’Agata diventa diaconessa, che è un concetto di sacerdozio femminile molto più avanzato se pensiamo ai giorni nostri. Le diaconesse in particolare si occupavano dell’educazione dei giovani cattolici e si prendevano cura dei malati, un po’ come fanno oggi le suore. In più, però, era loro concesso di ufficiare piccoli riti liturgici.
Ma come sempre accade alle povere sante martiri, c’è sempre un arrogante uomo politico che si innamora di loro senza essere chiaramente ricambiato. Anche alla diaconessa Agata succede che il proconsole Quinziano si invaghì di lei ma fu prontamente rispedito al mittente.
La punizione di tale rifiuto fu l’ordine di mandare Agata presso delle sacerdotesse pagane dedite alla prostituzione sacra. Quando ho letto “prostituzione sacra” ho subito cliccato sul link di Wikipedia per capire di più ed effettivamente era un rito propiziatorio alla fertilità molto in voga in Grecia e nelle culture pagane, rifiutato però dai cristiani.
Molto presto però anche le sacerdotesse erano stufe della condotta morale di Agata che, non solo si rifiutava di prostituirsi, ma convinceva anche le altre a non farlo. Allora si aprirono per lei le porte del carcere dove veniva puntualmente seviziata affinché rinunciasse alla propria fede.
Tra le lunghe e pesanti sevizie subite da questa povera ragazza di 21 anni, cosa da far accapponare la pelle alla D’Urso, c’è la famosa rimozione del seno attraverso delle tenaglie. Oggi si parla molto della rimozione del seno per prevenire i tumori al seno e molte donne stanno imitando la Jolie che ha lanciato questa moda ‘salutare’. Ecco, Sant’Agata, prima di sapere chi fosse la Jolie, fu privata del seno come forma di tortura che non la piegò di certo.
Riportata in cella, priva del seno, Sant’Agata ricevette di notte la visita di San Pietro, che le fece forza e rimarginò le sue ferite.
Il proconsole non poteva credere ai suoi occhi quando vide le ferite rimarginate. Allora fu la volta dei carboni ardenti, su cui Sant’Agata venne buttata fino a renderla moribonda. Di lì a poche ore morì in cella per le gravi ustioni riportate, il 5 febbraio. Si racconta però che il velo che indossava la santa sui carboni ardenti non prese fuoco e venne da allora venerato come reliquia miracolosa. Il velo viene oggi custodito nella cattedrale di Catania e la leggenda vuole che, grazie a quel velo, i catanesi riuscirono per due volte a fermare la lava dell’Etna che minacciava la città.
Tra gli altri miracoli ricordiamo la guarigione della mamma di Santa Lucia, di cui avevamo già parlato a tempo debito.
Sant’Agata è patrona di Catania e della Sicilia e dalle sue mammelle è nato uno dei dolci più buoni che io abbia mai mangiato, chiamato appunto Minne di Sant’Agata per la sua forma molto simile al seno femminile. Magari una futura rubrica di cucina potrà insegnarci a rifarle in casa, nel frattempo vado nella più vicina pasticceria siciliana a ordinarne un paio.
Anche questa settimana abbiamo imparato che:
- non c’è nulla che piega una fede salda, manco le pentole in acciaio inox di Mastrota sono così resistenti;
- la bellezza di queste ragazze è la prima condanna al martirio che subiscono, e io so bene quanto è brutta l’invidia;
- non esistono tette più dolci di quelle di Sant’Agata.
[Le puntate precedenti de L'ora di religione]
[Leone Lewis su Twitter]
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Il post Sant’Agata, la santa dal seno dolce, scritto da Leone Lewis, appartiene al blog Così è (se vi pare).