Una sorta di frontiera corre lungo questa parte di sardegna: fra il retaggio genovese di Carloforte e il retroterra culturale più sardo di Sant'Antioco.
Il tutto fra panorami irripetibili e i fenicotteri rosa dello stagno di Santa Caterina.
A Carloforte si va dal capoluogo passando per Sant'Antioco, isola foranea della Sardegna sudoccidentale, più grande e meno nota di San Pietro (su cui Carloforte sorge dal 1737).
Ma se Calasetta, porto di traghettamento, è la meta, Sant'Antioco vuol pure una sosta.
Intanto per vedere l'istmo che la lega all'isola madre percorrendo il quale si notano il ponte romano con la strada che vi giunge, pure romana, se non addirittura cartaginese.
Poi per vedere i negozi d'artigianato locale (coperte, tappeti, arazzi) girando per le vie del centro isolano.
Una profonda diversità di culture è immediatamente percepibile: se le case di Carloforte son color pastello, proprio come quelle liguri, e quelle di Calasetta son bianche ed arabeggianti, quelle di Sant'Antioco (località ed isola hanno lo stesso nome dovuto al Santo africano sepolto nella parrocchia) si uniformano all'aspetto sardo in genere.
Ma qui val la pena uscire dall'abitato (pur ricco, con i suoi dintorni, di vestigia, oltre che romane, puniche e medievali), per godere di una natura che mostra ancora fenicotteri rosa e lascia seguir il volo di uccelli di passo che trovano sosta nello stagno di Santa Caterina, aperto al golfo meridionale di Palmas: quaglie, upupe, rigoli, tordi... e poi cormorani e falchi della regina annidiati sugli scogli di La Vacca e Il toro, situati a mezzogiorno di Capo Sperone, limite meridionale dell'isola.
Per settentrione, invece, si attraversano i vigneti che si allineano ai piedi di due alture isolane, Perdas de Fogu e Perdas de is Omines (271 e 231 metri s.l.m.).
Panizza, farinata e buridda
Dalla dirimpettaia Carloforte, Calasetta ha assimilato, a differenza di Sant'Antioco, usi e costumi, anche alimentari, sia per quanto riguarda la cucina di casa sia per la pubblica ristorazione.
La panizza ligure è una sorta di polenta di farina di ceci tagliata a tocchi e fritta in olio.
La farinata è fatta con farina di ceci stemperata in acqua, salata e disposta uniformemente, in un sottilissimo strato, in una grande teglia opportunamente oliata, da porre in forno a legna finché la sorta di focaccia ottenuta abbia assunto un bel colore dorato.
La buridda è una zuppa di pesci (si fa anche con solo stoccafisso) su un soffritto di olio, sale, cipolla e aglio, carota, sedano, prezzemolo tritato, con acciuga salata, cui si aggiungono funghi secchi, pinoli, olive e (non sempre) pomodoro.