E’ una bella passeggiata dal Duomo: si percorre via Torino, sempre animata, piena di vetrine, assordata dallo sferragliare dei tram, poi si passa il Carrobbio e si prosegue verso Porta Ticinese passando davanti alle sempre sorprendenti colonne di San Lorenzo, ci vogliono circa dieci minuti se si cammina di buon passo, un po’ di più se ci si lascia incantare dai negozi e dalle architetture e poi, giunti quasi in vista della porta, sulla destra si allarga uno spiazzo alberato.
Lì sorge la basilica di Sant’Eustorgio, bellissima ed austera, proprio lì dove, secondo una leggenda antichissima, il carro trainato da un bue e da un lupo, che da Costantinopoli portava le spoglie dei Magi donate dall’imperatore al giovane vescovo Eustorgio, si ruppe e non fu più possibile andare oltre e trasportare le reliquie in Santa Tecla.
E fu così che il vescovo decise di fondare in quel luogo la basilica che avrebbe ospitato le spoglie dei Magi (fino al trafugamento ad opera del Barbarossa che le portò a Colonia) e che avrebbe portato il suo nome.
Nella parte absidale della chiesa sorge la Cappella Portinari, un edificio a pianta centrale e composto da due spazi a pianta quadrata sormontati da cupole che rappresenta la più evidente testimonianza della contaminazione con l’architettura rinascimentale fiorentina nella Milano del quindicesimo secolo.
Sulle pareti sono dipinte le storie della vita di San Pietro Martire, capolavoro di Vincenzo Foppa, mentre al centro sorge l’incredibile arca del santo, opera autografa di Giovanni di Balduccio in marmo di Carrara.
Nella cappella, per un attimo, si ha l’impressione di essere trasportati nella Firenze del ’400 e si resta lì, incantati, a contemplare le immagini e le sculture.