Esile e slanciata nella persona, celesti gli occhi, biondi i capelli
come grano maturo,
Chiara degli Offreducci, primogenita di Messer Favarone e di Ortolana , era una fanciulla molto ammirata dai giovani
di tutta Assisi. Era nata nel 1194, e toccava in quell'anno, il 1212, i
diciotto anni: un'età che tutte le giovinette attendevano con
trepidazione, giacchè era usanza che esse si fidanzassero giovanissime.
Chiara però non pensava al matrimonio, nè l'attraevano le ricchezze e i
fasti dei titoli nobiliari. Di questo, messer Favarone e soprattutto il
potente zio Monaldo molto si preoccupavano, sembrando loro strano che
essa non desiderasse legarsi con qualche nobile casata del contado. Ed
anche Ortolana molto se ne doleva: dopo Chiara, infatti le restavano
ancora tre figlie a cui pensare, Agnese, Pendente e Beatrice; ma sino a
che la maggiore non si fosse maritata (così voleva l'usanza) esse
avrebbero dovuto rimanere fanciulle.
Chiara non pensava alle nozze. In tenera età, quando appena toccava i
nove anni, ritornando ad Assisi dopo un lungo soggiorno a Perugia, dove
con
la famiglia aveva dimorato per sfuggire alle contese di fazione che
affliggevano in quel tempo la Toscana, la sua immaginazione infantile
era sta colpita dal fascino di un giovane, che figlio di un ricco
mercante, aveva improvvisamente rinunciato a tutti i suoi beni per darsi
in perfetta letizia ad una santa vita di povertà. Questo giovane si
chiamava Francesco, e molti in Assisi ancora lo schernivano. Soleva
egli, infatti, andarsene per le borgate con un codazzo di
mendicanti,cantando a voce alta le lodi del Signore e proclamandosi
innamorato di
Madonna Povertà: che egli fosse un Santo, ai ricchi e ai
nobili non sembrava. Lo giudicavano piuttosto un pazzo, un probabile
nemico che, facendosi amico di tutti gli straccioni della contrada,
avrebbe potuto un giorno minare l'autorità dei potenti. Ma il puro cuore
di
Chiara, nella sua innocenza di bimba, aveva subito intuito l'eroismo
di Francesco. L'eco delle sue predicazioni giungeva sino alle sale di
palazzo Offreducci, dove la fanciulla cresceva apprendendo tutto ciò che
ere utile ad una futura nobildonna e seguendo nello stesso tempo
l'esempio del Poverello. Come
Francesco, ella prese ad amare i poveri,
ad impietosirsi sulle miserie degli afflitti, a preferire le umili
bellezze della natura e della semplice vita ai tanti privilegi della sua
condizione.
Ad Assisi, con l'andar degli anni, tutti vennero a conoscenza della sua
bontà, e molti furono i poetici appellativi con i quali essa fu chiamata
dai poveri da lei protetti. Ma ora, nel 1212, le sollecitazioni del
padre e dello zio perchè Chiara si accasasse si erano fatte più
pressanti, e la fanciulla, non sapendo cosa decidere della sua vita, era
in grande tribolazione. Accadde così che, dopo tanti anni di muta
ammirazione, Chiara degli Offreducci decise un giorno di recarsi da
Francesco per chiedergli consiglio. La giovane dama vestita di seta e
gioielli si prostrò dinanzi al Poverello ricoperto di logoro saio, e a
lui, di appena dodici anni più anziano ella offrì la sua giovane
esistenza, perchè come una "tenera pianticella" egli ne prendesse cura.
E Francesco, con la preveggenza dei santi, vide in lei la pia "sorella"
che l'avrebbe aiutato nella sua missione.
Venne la domenica delle Palme. La mattina
Chiara si recò al Duomo per
ricevere dalle mani del Vescovo l'olivo benedetto. Inginocchiata dinanzi
all'Altissimo, essa riconfermò a Dio ciò che aveva promesso a Francesco;
poi, quando calò la notte, sgusciando non vista dal palazzo, raggiunse, in
compagnia di un'amica, Santa Maria degli Angeli. Nel silenzio della
piccola Chiesa di campagna, al lume incerto di poche candele , l'attendeva
il Poverello con i più fidi suoi seguaci.
Chiara s'inginocchiò dinanzi a
lui sulla nuda terra, e con la dolce voce trepidante di commozione, giurò
eterna fedeltà alle regole di purezza, umiltà e povertà. Una rozza tonaca
ricoperse le vesti sontuose e un velo nero le cinse la fronte. Recisi
dalle mani di Francesco, caddero i biondi capelli. Non più una nobildonna
stava dinanzi all'altare, ma una suora: la prima Suora del II Ordine
Francescano o delle Suore Clarisse.
Suor Chiara non ritornò quella notte a palazzo nè più vi mise piede,
anche se il giorno dopo tutti i parenti, capeggiati dal potente zio
Monaldo, si recarono in armi al convento delle suore di San Paolo, dove
Chiara aveva chiesto temporanea ospitalità, pretendendo l'immediato
ritorno della fanciulla. Quattro giorni dopo, un'altra giovane donna
bussava alla porta del convento chiedendo di esservi accolta: era Agnese,
la sorella quindicenne che secondo la narrazione di Tommaso da Celano, era
riuscita a vincere l'inflessibile volontà dello zio Monaldo grazie ad un
intervento miracoloso di Chiara. Dopo lei vennero altre fanciulle, nobili
e popolane, e Chiara, come già Francesco aveva fatto con i suoi seguaci,
tutte accolse come sorelle.
Francesco, intanto, non aveva perso tempo e, con l'aiuto dei
francescani, aveva ultimato la riparazione di una chiesetta, da tempo
chiusa al culto: ciò per preparare un'adeguata dimora per quel piccolo
stuolo di pie fanciulle, che l'ammirazione popolare già aveva preso a
chiamare familiarmente "povere dame". La chiesetta di San Damiano,
sorgente in mezzo agli ulivi a valle della città, fu dunque la loro nuova
dimora: una dimora squallida di masserizie, cintata da un giardino grande
come un fazzoletto, tropo fredda d'inverno e troppo calda d'etate, ma
nella quale sempre regnò la letizia e l'amore, e nella quale sempre gli
ammalati e i poveri trovarono conforto, panni e cibo. Vivendo di
elemosine, sempre serene come se da gran tempo esse fossero abituate alla
miseria, le pie fanciulle, ogni giorno più numerose, sapevano essere in
tutto degne sorelle di Francesco e dei francescani; nulla anzi Chiara
avrebbe voluto fare, senza il consiglio del Poverello.
Santa Chiara...una vita al servizio degli altri
...Ed egli, nei primi tempi, soleva spesso visitare la sorella
diletta, per incoraggiarla e per compiacersi con lei della santità della
sua vita. Dal 1214, per suo consiglio, Chiara assunse il governo del
convento col titolo di badessa, ma la nuova responsabilità, lungi
dall'allontanarla dai lavori più umili, fece sì che essa imponesse a se
stessa una vita ancora più tribolata di quanto avesse condotta sino
allora. Il suo fisico delicato, abituato a ben altra vita, ebbe però a
risentirne, e, non ancora trentenne, Chiara cominciò ad essere afflitta
da mali penosi.
Col passare degli anni, essendosi propagata la predicazione francescana
anche in Oriente, crebbero per Francesco gli impegni, e Chiara, con
grande dolore, lo vide a poco a poco diradare le sue visite. Nè questa
fu la sua sola pena: le morì, infatti anche il padre, da lei molto
amato, e, nel 1219, anche la sorella Agnese l'abbandonò per recarsi a
Monticelli Fiorentino, dove Chiara aveva disposto che fosse fondato il
secondo convento del II Ordine Francescano.
L'entrata in convento della madre che, rimasta vedova e altamente
ammirando l'operato della figlia, volle prendere il velo, fu per Chiara
un grande conforto. La bolla papale che confermava l'ordine francescano,
emanata nel 1223 da Onorio III, fu accolta da Chiara con grande gioia:
il momento della conferma del II Ordine Francescano ancora non era
giunto, ma nel frattempo Chiara si rallegrava
di tutto ciò che
dimostrasse la santità dell'operato di Francesco. E con quale gioia
ella accolse il Poverello quando, nel 1225, al ritorno dalla Verna
(Casentino) dove nella solitudine dei monti aveva ricevuto dal Signore
l'estrema testimonianza delle Stigmate, egli volle riposarsi per qualche
tempo in San Damiano! Furono quelli per Chiara i giorni più felici: ed
anche per Francesco, che , nell'orticello della Chiesa, pieno il cuore
di santa esultanza, compose un giorno quel
"Cantico delle Creature" che gli avrebbe meritato il titolo
di primo poeta italiano.
Ma furono forse gli ultimi giorni felici: nel 1226 alla Porziuncola,
Francesco morì, lasciando alla dilettissima sorella un carico di gravose
responsabilità da sopportare senza più l'appoggio del suo consiglio.
Memore delle sue promesse, non si lasciò abbattere dalla
solitudine,e negli anni che seguirono, sempre più si prodigò affinchè
nuovi conventi di Clarisse venissero fondati e perchè il Pontefice
riconoscesse ufficialmente il loro ordine. Onorio II dimostrò più volte
la sua benevolenza, visitandola nel 1225 e ritornando per qualche tempo
ad Assisi nel 1226; ma spettò a Innocenzo IV il compito di stipulare
formalmente la bolla che confermava le regole dell'Ordine. Fu egli
stesso a consegnarla a Chiara, il 10 agosto 1253, nella piccola cella di
San Damiano, dove la dolce suora, ormai sessantenne, giaceva stroncata
dal male. Il giorno dopo, fra il pianto di una moltitudine in cui si
mescolavano signori e popolani, Chiara chiuse gli occhi per sempre: la
sua missione terrena era compiuta, ed ora essa andava a raggiungere, nel
gaudio eterno, il diletto fratello Francesco.
Le sue spoglie furono tumulate nella Chiesetta di San Giorgio, là dove
sino a pochi anni innanzi aveva riposato la salma di Francesco. Due anni
più tardi, nel 1255, la Chiesa la proclamava Santa, e i suoi
concittadini, con un ultimo atto d'omaggio, erigevano per lei una
chiesa, quella di Santa Chiara, vicino alla Basilica di San Francesco:
perchè i fedeli sapessero onorare insieme coloro che concordemente e
prestandosi vicendevolmente appoggio avevano santamente operato.