A 35 anni, il periodo di Natale ha un valore diverso, soprattutto se viene a mancare una parte importante della famiglia, la parte che credeva in questo periodo e alle festività, tutto prende un colore grigio, passano inosservate e s’accavallano come semplici eventi “mondani”.
Ma non voglio parlarvi di questo periodo ma tornare magari, a quando ero più piccola e sicuramente fra le festività che più attendevo, Santa Lucia era quella a cui tenevo di più.
Forse per la dinamica, la storia che mia madre mi raccontò, il mistero che vedevo attorno ad essa e al suo muoversi nella notte a cavallo fra il 12 e il 13 dicembre, aveva sicuramente un fascino diverso da Babbo Natale, anche se il panciuto uomo vestito di rosso aveva il sapore dell’unione e del focolare.
Ho ricordi di me e mio fratello a bisbigliare nella notte per non farci sentire dai nostri genitori e di fingere di dormire quando andavano in bagno chiudavamo gli occhi e sorrido a pensarci ora – penso a quegli attimi con una certa nostalgia non lo nego, qualcosa che è rimasto intrappolato dietro le palpebre.
Preparare il latte e i biscotti per S.Lucia e qualcos’altro per l’asinello e man mano che gli anni passavano ho compreso da sola che non esisteva Santa Lucia, ma esisteva l’amore infinito di una madre per i propri figli, che rinunciava a qualcosa per farci felici, era ed è una bella storia che mi assicurerò di tramandare se e quando avrò dei figli.
Santa Lussia la vien de note, con le scarpe tute rote, col capel a la romana, Santa Lussia le’ to’ mama.
In alcune città d’Italia, é Santa Lucia che ogni anno porta i doni ai bambini.
Chi è Santa Lucia?
Lucia era una ragazza cristiana, di famiglia benestante, nata a Siracusa intorno all’anno 281, fidanzata con un giovane concittadino.
Orfana di padre, era molto affezionata alla madre Eutichia, che la educò ad una autentica fede cristiana. Durante un pellegrinaggio sulla tomba di Sant’Agata per implorare la guarigione della madre, in uno stato di estasi, le apparve la Santa Catanese, che le profetizzò il martirio. Nello stesso momento Eutichia guarì dalla grave forma di emorragia di cui soffriva da lungo tempo.
Tornata a Siracusa, ancor più forte nella fede in Gesù Cristo, decise di votarsi completamente a Lui, rinunciando al matrimonio e ai beni che possedeva, distribuendoli ai poveri della città.
Ciò non piacque al fidanzato che la denunciò al prefetto Pascasio: Lucia fu così arrestata con l’accusa di essere cristiana.
Era il periodo in cui Diocleziano aveva scatenato l’ultima e più cruenta persecuzione contro i cristiani in tutto l’Impero Romano.
Durante il processo Lucia fu invitata ad abiurare la fede con lusinghe, minacce e torture, ma lei rimase irremovibile nella sua fede. La condanna a morte fu quindi inevitabile e Lucia venne decapitata (deiagulata) il 13 dicembre 304. Prima di morire profetizzò l’imminente caduta di Diocleziano e la pace per i cristiani in tutto l’impero.
Santa Lucia fu sepolta a Siracusa nelle catacombe che ancor oggi portano il suo nome e venne da subito venerata dai suoi concittadini quale patrona; sulla sua tomba venne edificata una chiesa, meta di numerosi pellegrinaggi. La più antica testimonianza archeologica del suo culto è “l’iscrizione di Euskia”, trovata a Siracusa nelle catacombe di San Giovanni e risalente alla fine del 4° secolo, lo stesso del martirio.
Il culto si espanse rapidamente in tutta la cristianità, come succedeva per i santi più popolari e amati. Nel 6° secolo vi erano già chiese, oratori, monasteri a lei dedicati anche a Roma e Ravenna, papa Gregorio Magno introdusse il nome di Santa Lucia nel Canone Romano e le consacrò una cappella nella basilica di San Pietro. La diffusione del culto ebbe così definitivo impulso e raggiunse ogni paese d’Europa, sia di oriente che di occidente.
Il nome Lucia, dalla radice latina lux, lucis, fa riferimento alla luce, e venne via via a significare segno e promessa di luce spirituale: per questo Santa Lucia è la Patrona dei ciechi e degli oculisti, invocata per la protezione della vista e nelle malattie degli occhi.
Il suo corpo rimase nelle catacombe di Siracusa fino al 1039, quando venne trasferito a Costantinopoli per proteggerlo dai Saraceni. Durante la crociata del 1204 i Veneziani lo trasportarono nel monastero di San Giorgio a Venezia ed elessero Santa Lucia co-patrona della città; le dedicarono successivamente una grande chiesa dove il corpo fu conservato fino al 1863, quando questa venne demolita per far posto alla stazione ferroviaria (che per questo si chiama Santa Lucia); il corpo fu trasferito nella chiesa dei Santi Geremia e Lucia, dove è conservato tutt’oggi, incorrotto.
Reliquie del corpo della Santa si trovano in molte città d’Italia, fra cui Siracusa, e d’Europa, fra cui Metz, in Lorena, fatto che spiega la diffusione del culto nei paesi nordici. Una reliquia si trova anche nella chiesa di Santa Lucia Extra in Verona. Due piccole reliquie, donate dal Patriarca di Venezia, si trovano dal 2002 nella chiesa di Santa Lucia eretta presso il Centro Ragazzi Ciechi “Kekeli Neva” di Togoville in Togo.
La Fiaba
Quando S. Lucia salì in cielo, tutti si meravigliarono nel veder arrivare una persona così giovane. Ben presto la Santa con i suoi modi dolci ed i suoi occhi pieni di luce conquistò tutti e, persino lo scontroso S. Pietro si prese cura di lei come fanno i nonni con i nipoti.Così trascorrevano i giorni allietati di serenità e pace e Lucia si godeva questa sublime situazione, riflettendo su quanto fossero lontane da lei le sofferenze e la cattiveria che regnavano sulla Terra. S. Pietro, che nonostante la sua lunga barba bianca, aveva ancora una vista acutissima, si accorse che un sottile velo di tristezza si era posato sugli occhi celestiali di Lucia e, così, decise di chiamarla a sé per parlarle. S. Lucia gli disse che avrebbe tanto desiderato anche per un solo minuto poter rivedere il suo paese in Sicilia e i suoi poveri.
S. Pietro, fu talmente colpito da quella richiesta che passò giorni e notti fra le morbide nuvole del Paradiso a pensare come potesse esaudire il suo desiderio, finché prese coraggio e decise di parlarne col Padre Eterno. S’incamminò un po’ timoroso e quando fu da Lui espose la richiesta tenendo sempre china la testa in segno di profondo rispetto. S. Pietro restò immobile ad aspettare una risposta poi, inaspettatamente, udì uno strano e metallico tintinnio; socchiuse gli occhi e vide che il buon Dio teneva in mano una piccola chiave d’oro. “Tieni Pietro, questa é la chiave che apre una finestrella che dà sul mondo, prendila e portala a S. Lucia” disse il Signore. S. Pietro fu così meravigliato che afferrò la chiave e corse come un ragazzino a cercare la sua Santa bambina, felice di aver esaudito il suo desiderio. Immediatamente gli occhi della santa s’illuminarono e i due salirono su di una nuvoletta che li portò alla magica finestrella. Quando arrivarono, Lucia con la mano tremante, infilò la chiave nella fessura e, come d’incanto, le apparve laggiù il mondo.La giovane fu soddisfatta di quella visione e, per lungo tempo,non desiderò più aprire gli occhi sulle cose terrene. Una notte però, il suo sonno venne turbato da lontani lamenti e pianti. Lucia, preoccupata decise di prendere la chiave per vedere cosa stesse accadendo. Fu in quel momento che la santa vide tutte le cose ingiuste, la vita dissoluta, il male, ma soprattutto vide bambini che soffrivano e piangevano. Rammaricata richiuse piano la finestrella e, una profonda tristezza, calò sui suoi dolcissimi occhi celesti.
Lucia sperava di vedere presto migliorare le cose sulla Terra; la sofferenza dei bambini l’angosciava tantissimo, non sopportando che proprio loro, così immacolati ed indifesi, potessero subire angherie fisiche o morali da parte degli adulti. S.Pietro nel frattempo la osservava in silenzio e, notava man mano che passavano le giornate, il mutamento d’umore di Lucia.Nemmeno al Padre Eterno passò inosservata la cosa e decise di chiamare S. Pietro. “Caro Pietro,” disse il Signore “Io so quello che turba S. Lucia. Ella soffre per i patimenti dei bambini e le privazioni alle quali sono sottoposti.”disse ed aggiunse: ” Ho deciso, daremo l’incarico proprio a Lei di portare una volta all’anno un po’ di allegria sulla Terra e, tu Pietro, le dirai che il Signore l’autorizza a scendere il giorno del suo martirio cioè il 13 dicembre per portare doni a tutti i bambini della Terra. Ora vai, corri, voglio che torni la luce in quei santi occhi.” S. Pietro fu talmente felice, che, abbracciò il Signore e poi si affrettò a cercare Lucia per darle la bellissima notizia. Subito la santa rimase incredula, ma poi si convinse riempiendosi il cuore di letizia. Ormai mancavano pochi giorni al 13 dicembre, ma Lucia capì ben presto che non disponeva di nulla ed, in Paradiso, non esistevano né pasticcerie, né negozi di giocattoli. Questa volta S. Pietro fu veramente geniale; chiamò S. Lucia e la invitò a prendere la chiave d’oro dicendole di seguirlo.”Apri la finestrella e guarda bene”disse Pietro. “Vedi là nello spazio?”.
Eccolo, lì c’é un cavallino, una bambola, un trenino, là c’é una trombetta, una trottola, li vedi? Sai cosa sono tutti quei giochi? Sono i giochi superflui, inutili, abbandonati e dimenticati dai bambini viziati e mai contenti. I giochi sono come le persone, cercano compagnia e, se nessuno li vuole più, preferiscono andare nello spazio, sperando d’incontrare qualche bimbo disposto a giocare con loro.. su’ dai forza, prendine quanti ne vuoi e portali a chi ne ha veramente bisogno” concluse Pietro. “Oh, nonno Pietro, grazie, grazie di cuore” disse S. Lucia e cominciò ad afferrare tutti quei giocattoli abbandonati. La santa lavorò fino alla sera del 12 dicembre e mise tutti i giocattoli in grandi sacchi che appoggiò sulle spalle. Ma cara Lucia, così non arriverai mai con tutto quel carico,pesa troppo” disse Pietro e col suo vocione esclamò: ” C’é qualcuno qui che sarebbe disposto ad aiutare S. Lucia?” “Iho…Iho…”Tu, mio dolce asinello? Se a Lucia va bene, andrà bene anche a me” disse Pietro guardando la santa. “Bravo asinello, tu sarai il mio fedele accompagnatore, vedrai, quando ci vedranno i bambini che gioia sarà per loro”disse Lucia accarezzando la generosa bestiola. Ecco come nacque il viaggio di S. Lucia e del suo asinello; da allora non hanno mai mancato all’appuntamento ogni 13 dicembre con i bambini buoni e bravi.
Filastrocca
Santa LussiaI l’à fati su de note,co le asse e col martel,co le tole, mèse rote,piturade da cortel,co ‘na tenda trata soraco i lumeti trati là…
L’ è così che salta forai bancheti de la Brà!Là, gh’è paste, là, gh’è fiori,
gh’è i zugatoli da un franco,(i zugatoli da siori)
ma ghi n’è che costa manco;
ghi n’è fin che costa un besso,
e ghi n’è che de val tri…
«Con parmesso, con parmesso,che vòi vedarli anca mi.»Le puote bele bianche,le se buta fora in strada;un caval da do palanchel’è drio a trarme una peada…Sto tranvai co i so vagonipar che el fassa: fu, fu, fu!…”Bei maroni, bei maroni,de comandelo, anca lu?“Giovanin, l’è meso matopar sta bela carossina;
“Mandolato! Mandolato
tuto mandole e farina”
Quanta gente! Che boresso,
drio a ‘na tromba che fa piiiii….«Con parmesso, con parmesso,che vòi vedarla anca mi.»
Me morosa picinina
de girar no l’è mai straca;
se la cata una vetrina,
l’è nà pégola che taca;
la roversa fin i oci,
la me sburta e, signor sì,
se badasse a i so zenoci,
cossa mai saria de mi!
Me morosa piassè granda,
la rasona e la me scolta,
mai de mi no la se sbanda,
l’è un piasèr condurla in volta….
La me dise in te una recia:
«No sta spendar, l’è pecà!»Me morosa piassè vecia,l’è la prima dela Brà!
Berto Barbarani
Ora questa tradizione è diventata prettamente commerciale, i bambini sono abituati ad avere qualcosa a tutti i costi e non c’è più la bellezza dell’attesa e la felicità del ritrovare il tavolo in cucina o in sala pieno dei desideri espressi nella letterina, si è perso quel certo respiro che ti portava il periodo o forse l’ho perso solo io, assieme alla mia crescita cos’ realista.