La costruzione della chiesetta dei Laici risale alla seconda metà del XIV secolo, quando la Confraternita dei Bianchi ottenne della terra dal Comune e vi edificò la prima struttura, che nei secoli successivi ha subito diverse opere di ampliamento e restaurazione, come l’aggiunta dell’ospedale e della sacrestia, in particolare risalenti al barocco, fino ad oggi, passata sotto la gestione amministrativa della Associazione Onlus del Polo museale di Gualdo Tadino, Museo dell’Emigrazione Pietro Conti.
La Confraternita dei Bianchi, anche detta dei ‘Disciplinati’ o dei ‘Battuti Bianchi’ – per via della lunga tunica candida (“saccone”) con la croce porpora cucita sul petto, indossata dai consociati durante le riunioni e le opere di solidarietà e beneficienza rivolte alla comunità della ‘città di pietra’ – nasce a Bologna dal perugino Barcobini Fasani e ottiene poi riconoscimento ufficiale grazie alla bolla papale del 1399; a Gubbio viene fondata nel 1313 con uno statuto proprio sotto l’invocazione e la benedizione della Beata Vergine Maria. La costruzione è composta di due sale su due livelli, una cripta ipogea affrescata con pitture sulla Passione di Cristo e la sala dedicata al culto a livello stradale la cui peculiarità è la presenza di una sola navata. Verso la fine del VX secolo è stato innalzato il campanile a vela, per fare entrare maggior luce nella sala del culto. Ai lati del pulpito sono posizionati due conchiglioni azzurri con due finestrelle. Sotto di essi sono due dipinti del reatino Gherardi: una Natività a sinistra e a destra un’Adorazione dei Magi. La chiesa è decorata, tutt’intorno alle quattro pareti, cantoria inclusa, da una serie di dipinti ritraenti la storia della Vergine, tratti dai vangeli apocrifi e dalla Leggenda Aurea, che vanno dall’infanzia all’Assunzione in cielo, che si trova però – questa – al centro dell’arco trionfale tra navata e abside. Questi dipinti, in origine 31, ora rimasti solo 27, sono incorniciati da una composizione lignea dorata e suddivisi da circa 12 cariatidi, opera per di più dell’eugubino Felice Damiani. La maestosa e meravigliosa opera dell’Annunciazione di Federico Fiori, detto “il Barocci”, completata postuma dal cantianese Ventura Mazza, è posta su un altare innalzato sul lato sinistro della struttura e incorporato alle mura stesse ed è solo uno dei preziosi tesori contenuti in questo gioiellino di architettura, arte, storia della città di Gubbio, insieme a paramenti antichi decorati a mano e altre suppellettili religiose di alta qualità artigianale locale.