Riporto qui una conversazione che ho avuto il piacere d’intrattenere con Alfonso Hernàndez sul culto alla Santa Muerte, una fede che ormai annovera oltre 2 milioni di seguaci in Messico, America centrale e Stati Uniti, e sulla vita nel quartiere di Tepito, una zona a torto ritenuta un covo di narcos e delinquenti, una pericolosa comunità anarchica e fuorilegge, ma che in realtà è uno dei pochi quartieri di Città del Messico ad aver conservato la sua identità culturale e storica malgrado la delinquenza, la droga e le vicissitudini di una modernità tronca e povera.
Dal 1984 Alfonso dirige il Centro de Estudios Tepiteños o Centro Studi su Tepito e s’occupa di registrare le evoluzioni del culto alla Santìsima Muerte, Nuestra Señora de Tepito, che viene indicata dai suoi devoti con decine di soprannomi e diminutivi diversi come per esempio La Flaquita (Magrolina) o Niña Blanca (Bimba Bianca).
Da questa nicchia urbana e maleducata, nota anche come il barrio bravo di Città del Messico, provengono molti pugili di fama internazionale e i migliori ballerini di musica afro-antillana come la salsa e la cumbia sonidera, qui si coltiva l’arte di arrangiarsi in tutte le sue espressioni, legali e illegali, si domina un gergo fatto di doppi sensi, los albures, e anacoluti stridenti partoriti dall’orgiastico contatto tra le lingue indigene, l’inglese, lo spagnolo e la fantasia comunicativa del tepiteño. Questa specie di zona franca rivive ogni giorno l’orgoglio delle sue origini antiche come quartiere di commercianti, di indios, di lavoratori, di prostitute e papponi, di poeti rigattieri e pistoleri della parola, infine di cabrones e cabronas in perenne resistenza contro ogni forma d’imposizione esterna.
Fabrizio Lorusso: Di che cosa si occupa il Centro Studi su Tepito e quando è nato?
Alfonso Hernàndez: Ho creato questo spazio nel 1984 dopo un’esperienza di sei mesi a Lione, in Francia. Il sindaco di quella città fece sì che un gruppo di noi, abitanti del quartiere Tepito, lavorasse lì da loro in una citè de transit per immigrati e ci chiese di svolgere le stesse attività che normalmente facciamo qui in Messico senza un aiuto ufficiale per vedere cosa succedeva. Così ci siamo resi conto del lavoro che fanno gli operatori socioculturali con i migranti. Ero consapevole del fatto che a Tepito c’è tutta una storia particolare, un’economia e un modo di essere peculiari e quindi al mio ritorno ho deciso di fondare un centro studi per alzare il livello delle attività dato che in Francia eravamo andati solo come gruppo artistico e culturale. Allora dall’84 stiamo studiando e registrando tutti i processi storici del quartiere che ha origini precolombiane, azteche.
F. L.: Quali sono le origini del quartiere e poi le sue fasi successive dall’epoca del Messico coloniale (1521-1810) a quella dell’indipendenza (1810-2010)?
La maggior parte della gente nell’epoca precolombiana si dedicava alle attività legate al gran mercato di Tlatelolco che era appunto una zona specializzata nel commercio. Poi divenne famoso durante la conquista di Cortès perché in questa zona Cuauhtemoc, ultimo imperatore azteca, difese a oltranza Tenochtitlan dall’invasione spagnola durante 93 giorni e il posto è noto anche come Tepiqueucan, cioè “luogo dove è iniziata la schiavitù”. Le prime piantine della città non includevano Tepito che era piuttosto considerato come un enclave miserabile e quando Città del Messico era chiamata “la capitale dei palazzi”, Tepito era già un sobborgo, una cittadella clandestina, fuori dai limiti della città vera e propria. Da sempre ha avuto la funzione di essere il “guardaroba dei poveri” dove si trovavano vestiti e scarpe usati.
E se prima l’homo tepitecus difendeva il quartiere con arco e frecce, in seguito quando acquisisce un altro livello culturale lo difende con le parole, con l’albur, e oggi per dirla con un doppio o triplo senso lo fa con il cappuccio della verdolaga [assimilabile al duplice concetto italiano di fava, n.d.r.] mascherata, per esempio. L’albur è lo sport preferito qui. Anche il tatuaggio è di moda e si dice che quello più esclusivo di Tepito viene fatto sul pene e dice “Villagada”. Alcuni pensano sia il nome del paesino della persona o il suo cognome ma in realtà questo nome cambia in erezione a Viva Villa, Hijos de la Chingada! [Viva Pancho Villa, Figli di Mignotta, n.d.t.].
F. L.: Per iniziare a parlare del tema della Santa Muerte, quali sono le origini del culto alla Niña Blanca in Messico e qui nel quartiere di Tepito?
A. H.: Beh, io ho 65 anni e da 50 anni conosco questo culto grazie alle mie zie e le mie nonne che tenevano quest’immagine in qualche angolo nascosto della casa, ma la particolarità di Tepito è che proprio in questo quartiere viene esposta per la prima volta in strada come l’immagine di uno scheletro di dimensioni naturali e questo fenomeno si riproduce in lungo e in largo per tutta la città. Questo è quanto abbiamo visto oggi in via Alfarerìa 12, cioè un santuario in cui si venera quest’immagine che può essere una divinità della crisi, può essere o un’immagine per dei fedeli che ormai hanno smesso di credere alle altre immagini e religioni, ai partiti politici, alle istituzioni e che ricorrono a Lei in un momento di crisi. La Vergine di Guadalupe continua a restare al suo posto come un’immagine che fa miracoli, ma la Santa Muerte ti dà una mano, ti evita lo sgamo.
F.L.: E questa è un’altra cosa. Come spiegheresti questo concetto che è molto messicano?
A. H.: Ci son cose che non si possono chiedere alla Guadalupe, le puoi chiedere cose buone ma non che ti tolga un maleficio o un’invidia. Invece la Santa Muerte si muove di più in un altro terreno, più nel campo dell’oscuro, del nero, beh sì le puoi chiedere che ti difenda e che con la sua falce recida le invidie e i malefici che incombono su di te.
F. L.: In questo senso sarebbe più potente della Vergine di Guadalupe, che dici?
A. H.: Più cabrona [testarda, dura, stronza, n.d.t.], non più potente, più cabrona.
F. L. : Esattamente.
A. H. : Sì, perché lei sì, è come gli squali, no se anda con mamadas [non si perde in puttanate, va dritta al sodo, n.d.t.]
F. L. : Quindi, che relazioni ci sono tra lo stato messicano o la chiesa ufficiale e il culto alla Santa Muerte a Tepito?
A. H.: Beh, la questione è che tutte le chiese cattoliche o evangeliche vogliono sempre avere il controllo della nascita, del battesimo spirituale e dell’ascesa al paradiso e non vogliono che la gente da sola gestisca questo passaggio nell’aldilà, allora vogliono dominare con i cimiteri, coi riti del battesimo e dell’estrema unzione i momenti della nascita e della morte e non vogliono che la gente s’occupi di queste cose. Per questo sono preoccupate del fatto che a Tepito la gente della strada stia costruendo le proprie forme di devozione, le proprie immagini ed è così che sono sorte tutte le grandi fedi che ora stanno sugli altari, nascono dalla strada, dal popolino e dalla gente comune. Dunque ciò che si sta facendo qui è giustamente togliere alle chiese il monopolio che avevano su quello che la gente pensa che sia un’altra forma di vita, come dicevano gli aztechi, cioè che morire era solamente stare in un altro spazio e basta.
F. L.: Invece con lo stato messicano che rapporto c’è?
A. H.: Il fatto è che adesso il governo messicano è di destra, è gente cattolica tradizionale che è preoccupata da questa situazione e che sta dalla parte della chiesa ufficiale contro questo culto popolare, però alla fine la crisi che vive la chiesa con i preti coinvolti nella pedofilia e tutto il resto sta provocando la perdita delle vocazioni e fa sì che ci siano meno sacerdoti e suore. In questi momenti nascono con più forza culti popolari importanti.
F. L.: Ciononostante la devozione alla Santa Muerte è stata oggetto di accuse per le sue presunte “relazioni pericolose” con il mondo del narcotraffico, un tema molto più dirompente in questi ultimi anni rispetto, per esempio, agli anni settanta o all’epoca a cui si fanno risalire le origini del culto.
A. H.: C’è da dire che questo lo sostengono il governo e la chiesa e in effetti molti narcos hanno tatuaggi anche della Vergine di Guadalupe o hanno un crocifisso e allora questa è una campagna mediatica per fermare i progressi di questo credo religioso.
F. L.: Credo che si tenda ad associare il barrio popular [quartiere popolare, n.d.r.] automaticamente alla povertà o peggio ancora alla delinquenza e di conseguenza con questi “culti irregolari”, secondo l’etichetta spregiativa che vogliono appioppargli, come se ci fosse un’equazione necessaria tra tutti questi elementi.
A. H.: Beh, succede che nel mondo neoliberista ciò che comanda è l’economia della vigilanza. Che mangi? Come ti vesti? A cosa credi? Chi preghi? Quindi sta dominando tutti gli ambiti della vita quotidiana, tangibili e intangibili, ed è il grande problema di questo momento nell’economia globale.
F. L.: M’interessa molto una questione legata ad altri altari che per un motivo o per l’altro sono diventati celebri e sono sparsi per il Messico ma che pretendono in qualche modo di diventare egemoni, cioè di essere il centro di un culto nazionale alla Santa, magari con l’avallo officiale negoziato con la chiesa cattolica. Per esempio è il caso del Padre David Romo e del suo altare della Calle Bravo qui a Città del Messico presso il quale è stata addirittura una nuova figura, quella dell’Angelo della Morte che secondo la sua dottrina è uguale alla Santa Morte ma, al contrario di questa, potrebbe essere accettato dalla chiesa.
Dunque per i fedeli della Santa è importante che a Tepito sia una donna la guardiana di questa devozione. Gli uomini hanno fallito perché mentre a Tepito si prega secondo un rosario cattolico, David Romo e il comandante Pantera facevano messe nere e allora questa è un’altra cosa che mette dentro rituali della santerìa, del palo mayombe e degli orishas, cioè un sincretismo legato ad aspetti oscuri.
F. L.: Però anche qui ci sono forme di sincretismo, no?
A. H.: Sì, c’è un sincretismo come c’è stato in tutta la storia del Messico perché per esempio qui a Tepito abbiamo il tempio di Sant’Anna che fu la madre di Maria e la nonna di Gesù Cristo.
F. L.: Come possiamo relazionare la questione di genere, il ruolo della donna e il concetto della cabrona a Tepito con il culto alla Santa Muerte?
A. H.: Sì, già nelle antiche civiltà il matriarcato e la sacerdotessa mantenevano più integrità, erano esseri più perfetti e meno corruttibili dell’uomo. La cultura patriarcale ha tolto quel ruolo alla donna nella religione e in molte attività. Quindi per noi è importante che un’immagine che non parla, non sente e non vede abbia questo potere di agire dato che è la signora, una potestà che regge i cicli di vita e morte e il fatto che sia una donna quella che qua se la gioca per mantenere la purezza di questo culto, beh, è un elemento interessante. Il tutto in un quartiere macabro in cui le donne devono imparare a giocarsela e gli uomini portano i pantaloni ma solo in tintoria…Per me questo è importante e mi ha spinto a mantenere un archivio su questa devozione e il discorse che offre alla gente che è a rischio, la classe popolare più vulnerabile in un paese in crisi.
F. L.: Beh, sì. Siccome poi le crisi qui sono permanenti…
A. H.: Infatti è per questo che a noi non ci spaventano con l’inferno perché il Messico e Tepito son stati sempre un inferno quindi non ci preoccupa più il discorso ufficiale, già lo conosciamo.
F. L.: Quali credi che siano le tendenze, le prospettive, le possibilità che lo muovono ora e per il futuro?
F. L.: Parlando di identità e tradizioni messicane, che relazione c’è tra il famoso culto del giorno dei morti, il due novembre, e quello della Santa Muerte?
A. H.: Noi sappiamo che vita e morte sono buone comari. Dal punto di vista delle istituzioni, però, la chiesa e la politica hanno sempre cercato di combattere la devozione indigena ai morti. L’altare del giorno dei morti con tutti i suoi colori, il folklore e le decorazioni è una devozione domata, addomesticata dalla politica e la chiesa che adesso si preoccupano perché il culto rinasce dalla strada e dal basso.
F. L.: E invece qui a Tepito?
A. H.: Qui ognuno è libero di vestirla, sistemarla e portarla come più gli piace coi colori che simboleggiano la forza, la passione, la ricchezza e questa è la loro libertà.
F. L.: Le accuse rivolte alla Santa e i suoi custodi è che si tratta di una truffa e di una maniera di fare soldi sulle spalle del popolaccio. A Tepito non è così o sì?
A. H.: Beh, se non son cattolici sono evangelici ma comunque con la Bibbia o altri testi si mette in atto una dominazione e uno si sottomette, è l’imperialismo della parola. Ma poi, per esempio, è più cabrona, è peggiore l’avanzata del Movimento pentecostale nello Yucatan che la devozione alla Santa Muerte. Cioè se si parla di affari…ne fanno tutti, la religione è un gran affare ma non sarà più monopolizzato solo dalle chiese.
Infine nella storia del Messico la morte è sempre stata presente come elemento primordiale e addirittura si regalano ai bambini dei dolci a forma di teschio, tutta la famiglia mangia figure della morte fatte di zucchero e ci sono dei tipi di pane chiamati “pan de muertos” e quindi perché non permettere culti a questa figura quando invece ne esistono molte altre che sono realmente più perniciose per la cultura messicana.
…Grazie Alfonso, alla prossima! da www.carmillaonline.com
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Video intervista con Alfonso Hernàndez e video del culto a Tepito:
Intervista PRIMA PARTE SECONDA PARTE TERZA PARTE
Il Culto MARIACHIS ALTARE LA CALLE DONI
Un’ipotesi azzardata ma bella sulle origini italiane del culto:
LamericaLatina.net QUIAltri link del tipo…QUI
Foto giorno dei morti con la Santa e non solo:
Ma Anche a Questo Link
La Santa Muerte su Carmilla:
La morte al tuo fianco 1. http://www.carmillaonline.com/archives/2009/01/002894.html
La morte al tuo fianco 2. http://www.carmillaonline.com/archives/2009/01/002910.html