Vado al cinema con mio figlio, accanto a me si siede un uomo, sullo schermo c’è la pubblicità che precede il film, c’è il trailer di un film comico in uscita a Natale, l’uomo inizia a ridere alla prima battuta, continua a ridere anche nei trailer successivi, e nelle pubblicità dei ristoranti-griglieria-pizzeria, e in quelle delle gioiellerie, e in quelle dei centri estetici, poi incomincia il film vero e proprio, e l’uomo non la smette di ridere per ogni scemenza, la sua è una risata nevrotica, liberatoria, irritante, alla fine del film l’uomo si alza, ha l’aria immusonita, l’aspetto di un rigido fautore della compostezza.
Un consigliere comunale di Fratelli d’Italia, dopo aver letto il giornale, ha scritto su Facebook una cosa su Cécile Kyenge: “Raccolta firme per bruciarla viva in piazza dopo averla impalata su per il culo! Non sono razzista, sono italiano”. M’è venuta in mente una frase di Giorgio Gaber: “Gli italiani sono poco aggiornati e un po’ confusi, perché non leggono i giornali. Figuriamoci se li leggessero”.
Un paio di mesi fa ho letto Il cerchio di Dave Eggers (Mondadori, traduzione di Vincenzo Mantovani), una potente profezia che ha per centro la vita nella più importante azienda al mondo nella gestione di informazioni web. C’è un passaggio in cui si legge: “La maggior parte della gente darebbe tutto ciò che sa, darebbe tutte le persone che conosce… darebbe qualunque cosa pur di sapere che è stata vista e riconosciuta, e che potrebbe persino essere ricordata. Sappiamo tutti che moriremo. Sappiamo tutti che il mondo è troppo grande perché si possa essere significativi. Così, non abbiamo altro che la speranza di essere visti o sentiti, anche solo per un momento”. A me, per esempio, l’altro ieri è arrivato un buono sconto per comprare una maglia attillata dell’Uomo Ragno.