La madre me l'ha messa tra le braccia, senza conoscermi. Sono sbucato in casa sua da un buco sul muro, l'ennesima granata piovuta dal cielo. Farci l'abitudine è impossibile. Maledetti, ci colpiscono la notte per mietere più vittime. Come se la soluzione fosse quella. Sara è muta, quel silenzio mi blocca, il pianto della madre impietrisce, ma non posso lasciarle così. So di avere fiato corto per questa gara ma inizio a correre lo stesso. Mi piego intorno a quel tesoro, sarò il suo scudo, con il busto, con la schiena, a tutti i costi, Sara, vedrà domani la luce del sole.
Fuori piove polvere, acciaio, schegge di ogni cosa. Il buio non aiuta a correre, a farci strada, il fardello pesa, ma la forza di volontà deve arrivare più lontano, oltre quella maledetta collina. Paradossalmente, in quel buio, l'unica cosa da non seguire sono quelle scie sottili luminose che accendono la notte come la strobo in un locale, traccianti, infami maledetti, sussurrano che sta arrivando qualcosa alle tue spalle o, in questo caso, da ogni direzione.
Sara non piange, non ride, respira forte, la sento sul petto e mi aiuta a non sentirmi distante dalla salvezza. La madre ci segue, dietro. Urla. Come tutti intorno.
Una granata fa un buco infinito a venti metri da noi, i proiettili sembrano scandire il ritmo di una canzone, l'inferno in mp3, senza nessun bisogno di cuffiette.
Troviamo uno spazio, sembra sicuro, stiamo per entrarci dentro, un nuovo tracciante ci passa vicino, ci manca, anche quello che porta con se, ma non perdona la madre. Presa, vola cinque metri lontano da noi. Adesso Sara ha solo me.
La guardo. Mi manca il respiro. Sento una botta sulla spalla.
"....Svegliati, che viene il tizio della caldaia, altrimenti non ti puoi fare la doccia..."
"...'giorno...."
(a mente)
Sara?....Sara....Bel nome...."
Dreamed by: Diego
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