Sarà la malinconia che mi ha sempre messo addosso settembre, oppure la crisi mondiale e questo mondo che ci sta sfuggendo di mano, più che altro perché non è mai stato nostro e adesso, come si dice, si è rotto le scatole di stare lì a farcelo credere… Non lo so, forse è tutto questo caldo che abbiamo patito quest’estate, oppure che ho passato una settimana a Cesenatico dopo che sono stata alcuni giorni all’isola d’Elba (mannaggia, lo sapevo che dovevo fare al contrario!) o che tutto quell’entusiasmo che percepivo attorno nel mese di luglio adesso sembra spento, raffreddato, tutto dissolto nel nulla. A settembre capita sempre di riaprire gli occhi a quella parte della realtà che ha i piedi ben piantati per terra… mentre vorrei che l’energia dell’estate durasse per sempre, quella forza spesso irrazionale che fa da spinta propulsiva per tutto il resto dell’anno… e invece, purtroppo, ritorno qua a San Miniato, la guardo, la osservo con i miei occhi pieni di affetto e la trovo sempre più brutta.
Ecco, l’ho detto, ho detto che mi sembri brutta, cara mia!
Certo, ma che ti aspettavi? Eppure su, lo sai anche te che è così: mica potevi credere, potevi davvero pensare che, soltanto perché qualcuno si sta interessando a te, alla tua faccia antica (e ti ho voluto bene, perché dài, più che antica adesso mi sembri proprio vecchia!), solo per questo non mi dire che ti sei convinta di essere bella?
Bella eri, sei stata, sì, quando nessuno ti apprezzava, quando era naturale che tu fossi così, perché così eri sempre stata. Ma adesso che stai rimanendo sola, adesso che sei un’anziana signora senza lifting, stravaccata sul crinale di una morbida collina, mi dispiace cara la mia città, ma devo dirtelo in faccia, devo dirtelo senza peli sulla lingua, nonostante i 6×3 che ti abbiamo dedicato, nonostante le mostre, le lotte per ridarti la tua scuola, nonostante il teatro, nonostante chi ti ama davvero con il cuore, nonostante tutto penso che tu sia davvero brutta, e sciocca e che tu sia ciò che di più lontano può esserci dall’accoglienza. Ti odio, perché anche se ti amo, non mi ami, perciò è giusto che tu rimanga sola, a gongolarti fra quei quattro ninnoli le cui foto fanno il giro del mondo da settant’anni senza nemmeno raccontarti davvero, per quello che sei, per quello che potresti essere.
Chi viene a trovarti che cosa trova? Chi trova? D’agosto non c’era un negozio aperto, un posto dove sedersi lungo il percorso dei tuoi tanto decantati monumenti, non un posto all’ombra, un refrigerio per turisti e pellegrini, nemmeno un souvenir, di quelli forse considerati kitch da molti adesso, ma se ancora in milioni si portano volentieri a casa la torre di Parigi, perché dovrebbero sputare sopra alla statuina della Rocca?
Te lo dico io perché: perché c’hai la puzza sotto al naso e sei orgogliosa, troppo orgogliosa… e anche stupida!
Non ti offendere, ti prego, se ti chiamo stupida. Lo so che non è completamente colpa tua, è che ti sei trovata in mezzo, lo so come vanno certe cose: arrivano quei due o tre vestiti bene, quelli che gli garba parlare e gonfiare il petto, quelli convinti che tu sia grande solo grazie a quel tubero puzzolente, tanto buono e tanto caro, e il gioco è fatto: viene fuori che ti rappresentano come una terra magica dove si trovano ninfe come quella biondina appena dissotterrata chissà dove, che offre a tutti un tartufo finto come fosse la propria virtù, e il gioco è fatto. Mi immagino che il prossimo novembre alla Mostra del Tartufo Bianco vedremo soltanto vecchi marpioni e tipi perversi, tutti attratti da questo manifesto messo su senza la benché minima idea di come si faccia comunicazione, grafica e fotocomposizione.
Ma diglielo a quelli, cara città mia, che di magico te, non c’hai proprio niente. E che non importava andare a cercare la magia per renderti interessante agli occhi di chi non ti conosce. Tu sei reale, sei quello che si vede, ciò che si odora, le colline che muovono il tuo orizzonte che pare tocchino il cielo, la terra che scricchiola sotto ai piedi, le scarpe che rimbombano sotto agli archi, la rocca che si vede da lontano, sempre, le campane delle dieci che fanno tornare chi si è perso, le rondini sotto i tetti, le mille chiese, le solite facce che non ti abbandonano, quelli vestiti male soprattutto, perché a chi sa di essere ricco dentro non interessa mostrarlo a tutti quanti!
Cara San Miniato, vorrei solo che tutti quelli che adesso stanno parlando di quella tua piazza, pensassero in grande, pensassero in largo, pensassero col cuore, oltre che con la testa e che non fosse soltanto un balletto di architetti in bellamostra. Perché tu sei unica e prima dell’apparenza, bisogna pensare alla sostanza e purtroppo per te, di sostanza ce n’è rimasta poca. Se non torna la gente, chi l’ammirerà, chi ne godrà di quella piazza meravigliosa che stanno progettando adesso? Se non diamo servizi ai turisti, se non accogliamo le persone come le accoglieremmo a casa nostra, se non facciamo tornare i ragazzi dando loro luoghi dove stare, dove crescere, dove esprimere le loro personalità, invece di lavarci le coscienze per la nostra assenza e regalargli il Nintendo per spappolare i loro neuroni positivi e accrescere la loro voglia di violenza…
San Miniato ti odio e mi fai schifo… e se quest’estate non mi avesse fatto un grande regalo, forse, smetterei anche di parlare di te. Ma ti voglio raccontare una cosa, e poi basta, poi smetto di scrivere per oggi:
Ero a Cesenatico, un paese dove è tutto finto, il mare è finto, la spiaggia è finta, le serie di negozi sono fatte con il copia-incolla e vendono troiai che puoi trovare in qualsiasi altra parte del mondo e ti assicuro che in qualsiasi altro posto non li acquisterei perché ti danno l’idea precisa di cosa significhi consumismo (consumare energie, forza lavoro sottopagata per produrre spazzatura e inquinare il mondo!). Ero lì e dalla mattina alla sera ero già depressa e pensavo a chi me l’avesse fatto fare. E mentre pensavo all’unica risposta possibile – la crisi! – mi sono imbattuta in una ragazzina di quattordici anni: era lì in albergo, o al mare, o in piscina, o in qualsiasi altro luogo che disegnava. Mi sono incantata più volte a guardarla, perché mi ricordava me stessa alla sua età. Poi l’ho conosciuta e l’entusiasmo che sprigionava io l’ho conosciuto soltanto adesso, a quasi quarant’anni. Ho pensato che lei fosse speciale, che non ci fossero ragazzi della sua età come lei. E invece, poco dopo, lei li ha attratti tutti, gli altri ragazzini dell’albergo, tutti insieme, tutti i giorni, tutti a disegnare, a parlare, a fare giochi stupidi tipo guardarsi in faccia e cercare di non scoppiare a ridere. Alla fine ho giocato anch’io, perché non potevo perdermi un’occasione così.
Altro che Nintendo! I ragazzi hanno bisogno di luoghi per stare insieme, per esprimersi e crescere nel migliore dei modi!
Cara San Miniato, ti prego, datti da fare, apri tutte le tue porte, mostra le tue stanze, i tuoi tesori e credi in te molto più di quanto facciano gli altri. Potrai rivivere, se la ragione e la giovinezza verranno ricondotte a te.
Nel frattempo ti abbraccio, cara stupida vecchia città.
Irene
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