Magazine Cultura
All’interno della rassegna “Just Like a Woman”, una serata è stata dedicata alla musica di Sarah Jane Morris, e io ero presente.
A distanza di poche ore dalla performance di Dionne Warwick, il Priamar di Savona ritorna ad essere il contesto ideale ( e affascinante) per un’esibizione di qualità.
Conoscevo poco l’inglese Morris e mi sono quindi lasciato guidare dall’istinto e dalla voglia di avvicinarmi a un’artista di valore universalmente riconosciuto.
Non mi sono pentito … anzi!
Due sono le cose che mi hanno colpito immediatamente, un pubblico quantitativamente parlando non adeguato all’evento, e un palco minimalista .
Sul primo aspetto, affrontato più volte, non mi soffermerò più di tanto, evidenziando solo che gli amanti della musica (perché nella mia città ce ne sono !) avranno magari fatto bene a scegliere proposte musicali alternative, ma se il ballottaggio era tra concerto e muscolata del sabato, beh, hanno perso un grande occasione di partecipare a un concerto unico.
Altro aspetto a cui accennavo, il palco.
La line up di Sarah prevedeva due chitarristi acustici (Kevin Armstrong e Tony Remy), in parte intercambiali nei ruoli (anche se Remy è apparso più votato alle parti soliste), un bassista acustico(Henry Thomas) e un batterista di cui non ricordo il nome, drummer molto soft, spesso dedito all'utilizzo delle spazzole sul rullante.
Nessuna amplificazione imponente quindi, e proposta, nelle previsioni, di tipo intimistico.
Lei entra candidamente vestita, con un ampio e allo stesso tempo delicato sorriso sulle labbra.
Anche gli occhi sorridenti si distinguono chiaramente, nonostante il buio, a testimonianza di uno stato d’animo particolare che in qualche modo emergerà tra un brano e l’altro.
La rossa Sarah proporrà nel corso della serata alcune cover, miscelate a suoi brani, alcuni compresi nell’ ultimo album del 2009, Where it hurts.
Si va da “The Blower’s Daughter", di Damien Rice, alla famosa “Dont’ leave me this way”, cantata in passato in coppia con Jimmy Sommerville, passando per la versione reggae di “ Piece of my Hearth”, con tanto di “Me and Mrs Jones”, proposta nel bis.
Una voce incredibile, capace di “modulare” varie tonalità dimostrando grande ecletticità, e un repertorio che spazia dal blues al reggae, dal soul al jazz, col contributo di grandi musicisti che ci hanno ricordato che non è la tipologia dello strumento utilizzato che determina il genere musicale, ma è l’anima del musicista che, se emerge, fa la differenza.
Ma l’immagine di Sarah Jane Morris che è arrivata all’audience, forte, intensa, è soprattutto quella di una donna serena, in uno stato di “good shape” interiore che solitamente spinge a dare spontaneamente il meglio di se, qualunque mestiere si faccia, in qualunque contesto ci si muova.
Dalle sue parole si apprende di una sua nuova vita, della fine di un antico legame affettivo durato venticinque anni, e di un nuovo “falling in love”.
Tutto traspare e tutto si trasferisce nella musica, fondendosi con la bellezza del luogo in cui spettatori e artisti si incontrano. E anche Sara resterà colpita da questo luogo magico, proclamandolo pubblicamente.
Un concerto di gran classe. Stop.
http://www.sarahjanemorris.co.uk/
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