Marilena è una donna simpatica, abbastanza carina, studentessa modello e corteggiata quanto basta per farle ritenere una valida opzione respirare benzene pur di cambiare lo smalto almeno una volta alla settimana. Insomma, è una tipina interessante. Marilena ha una famiglia che lei definisce "comune": padre commercialista e attore mancato del varietà, madre "casalinga a malincuore" e sorella emigrata all'estero per cercar fortuna (così dice). Tra i suoi amici annovera un deejay, un avvocato, un parrucchiere, una psicologa, una suora, un informatico che non sa usare power point e un disoccupato. A domeniche alterne va in Chiesa, ma solo perché il prete le sta simpatico e sembra Richard Gere. Marilena è molto ambiziosa, sin dall'infanzia. Pensate che ancora ricorda con rammarico e delusione l'unica volta che alle elementari sbagliò l'analisi grammaticale della frase "Sono una brava bambina ma a volte disobbedisco alla mamma", cadendo su quel "ma" maledetto e compromettendo - di conseguenza - la sua brillante carriera da brava bambina. Che poi lei al massimo disobbediva al papà, e comunque di nascosto, in modo che lui non se ne accorgesse.
Nel corso dell'adolescenza ha provato a esplorare i suoi talenti artistico-musicali producendo un padre incazzato per sei anni di lezioni di violino pagate per riuscire a suonare solo un facile preludio di J. S. Bach e "My heart will go on". Per tale ragione, si è buttata sul classico e ha deciso che da quel momento in poi il suo hobby preferito sarebbe stato la lettura e il suo talento la capacità di leggere Anna Karenina senza dimenticare almeno la metà dei nomi dei personaggi. Che questo poi corrispondesse al vero non è importante, fatto sta che ella si scoprì affascinata dalle donne eroine/suicide d'amore della storia e della letteratura: la sopra citata Anna, Madame Bovary, Virginia Wolf, Ofelia, Cleopatra. Una strana sensazione di familiarità la legava a loro. Sensazione che tenne sotto pelle come quel vestito che ci piace tanto anche se è obiettivamente immettibile e che teniamo nell'armadio per anni, che tanto l'occasione giusta prima o poi capita.
Come tutte le femmine di questo pianeta, Marilena ha sofferto d'amore. Ha avuto diversi amanti, qualche figura incerta al limite con l'amicizia morbosa e tre fidanzati: un pazzo geloso, un egocentrico maniaco della performance e Marcello. E' l'unico tra i fidanzati che in questa storia ha un nome perché è colui che ha permesso a Marilena di incontrare Sarah.
Marilena ha incontrato Marcello al banco del pesce del supermercato, in un momento di salutismo estremo e di carenza di omega tre. Aveva grandi occhi verdi Marcello, e un accento del nord. Si guardarono brevemente e Marilena non poté fare a meno di parlargli. Finirono insieme la spesa e nei minuti successivi, tra le corsie del supermercato, aveva saputo molte cose di quel giovane: era appena tornato da un giro in barca in solitaria intorno al mondo, era vegano e faceva il fotografo di paesaggi. Era fatta! Roba che era sicuramente stato invitato alle inaugurazioni di tutti i locali del Pigneto. Il loro primo appuntamento fu a un raduno di hare krishna: durante il momento del tè Marcello le raccontò dei suoi viaggi in Sud America, dei suoi loschi affari di narcotrafficante, delle sue mille conquiste, della droga, dell'alcol, delle malattie e dell'inquietudine che da sempre lo pervadeva. Marilena aveva una paura tremenda di lui ma ne era tremendamente attratta. E cominciò a seguire Marcello ovunque, nei posti oscuri della città e della vita. Quando facevano l'amore le sembrava di avere cinque amanti diversi: uno era lì con lei, uno era altrove, uno la odiava arrabbiato, uno la trattava con tenerezza, uno si annoiava a morte. Forse erano sei ripensandoci: uno stava con tutte le altre donne del mondo. Nonostante questo, non riusciva a dirgli di no, cooptata in un mondo diverso dal suo ma che le corrispondeva perfettamente, desiderosa di cambiare le sue abitudini e di scoprire parti di città nuove e incolte. E così fece: andò con lui in Bolivia, in Africa, a Londra, a San Francisco, andò ai rave, alle partite di basket, fumò oppio a Baghdad e fece persino un viaggio sciamanico. Fece tutto questo solo ascoltando il rapido fluire delle sue parole che si posava su di lei come fosse una mensola che non può essere pulita e che può raccogliere quindi tutta la sozzura e la muffa di un luogo. Impolverata. Così si sentiva. Piena di cose sporche addosso, confusa, inadeguata, immobilizzata. Era Marcello che la rendeva così. Le metteva addosso i suoi rifiuti e lei li raccoglieva, grazie alla sua atavica capacità di sopportare le pene degli altri e al suo più infimo sentimento di sentire questo come il suo solo destino.
Fu a quel punto che iniziò a incontrare Sarah, di notte, al buio: la vedeva morta in un fiume, bruciata viva, magra quasi da scomparire, disperata e arrabbiata. La sentiva urlare di dolore nelle parti buie della sua mente: urlava perché non voleva essere abbandonata da Marcello che un giorno, sotto un salice piangente, aveva detto a Marilena che mai l'avrebbe amata e mai l'avrebbe lasciata, che mai le avrebbe dato se stesso ma che sempre avrebbe preso tutto da lei, fino a lasciarla sfinita sull'uscio della porta della sua casa del mare. Sarah l'aveva fatta ammalare, una cosa alla pelle o qualcosa del genere. Fatto sta che Marilena, oltre ad ammalarsi, ha cominciato a dimagrire e a ubriacarsi tutte le sere per lenire il dolore che tutto, la malattia, Marcello, se stessa, le provocavano. Fu così che Sarah prese il sopravvento, divenne forte e la costrinse a cambiare abiti, casa, le fece comprare persino una bici. Pensate che l'amico informatico non la riconobbe quando la vide una sera al ristorante macrobiotico.
Così Marilena decise di farsi curare l'anima: andò da una bella dottoressa dai capelli ramati che le disse che Marcello l'aveva presa all'amo, come un pescatore che sa esattamente dove prendere il suo pesce preferito; l'amo però l'aveva posizionato lei, portava il suo cognome. Marilena riprese il controllo, lasciò la dottoressa, Marcello e anche Sarah. Ma Marcello, sorprendendola, ribaltò nuovamente la situazione e le disse che invece ora l'amava, e la lasciò senza parole ... e senza pensieri. Si toccarono per la prima volta, Marilena e Marcello, durante qualche attimo di perfezione, in una pace antica e profonda, una sera di metà autunno, in una vecchia soffitta. Ma Sarah tornò e riprese a tormentare Marilena non lasciandola mai in pace la notte; il giorno poi, le cancellava i messaggi di Marcello o le faceva cadere dalle mani il cellulare quando lui la chiamava. Marilena odiava Sarah, odiava gli incubi che le provocava, odiava i pensieri di tristezza che le instillava nella mente. Fece di tutto per azzittirla: comprò tisane, prese lezioni di pilates e andò persino da un guaritore. Ma nulla, Sarah la ossessionava e le proponeva scenari di vita catastrofici. Nel frattempo, Marilena era sempre più legata a Marcello e non poteva fare a meno di sostenerlo nei suoi giorni bui e tempestosi e nei suoi repentini cambiamenti d'umore e d'amore. E Sarah le tolse le scarpe e le scucì i vestiti, per essere stata irrispettosa nei confronti di se stessa, le strappò a morsi i muscoli e le spezzò le ossa fino a distruggere il sangue e la linfa vitale per averla trascurata. Fu a quel punto che Marilena toccò l'inferno e sentì tutti i mali del mondo su di lei. Poteva vederli negli altri, li leggeva come scritti in sovraimpressione sulle fronti crucciate dei passanti, dei vicini di bus e, a volte, anche degli sconosciuti nei bistrot del centro. Ha sentito la morte attraversarle l'anima e squarciarle gli occhi. E capì di non aver ascoltato Sarah che le diceva che Marcello era il suo eterno ritorno, era l'uomo che in tutte le sue vite l'aveva portata a sovvertire le sue regole ma anche a perdere se stessa, talvolta sino a morire. E di nuovo l'aveva fatto, per lui era morta.
Poi un giorno, sfinita dalle continue incursioni di Sarah attraverso atti mancati e false partenze, Marilena decise di conoscere la sua nemica. Venne a sapere molte cose di lei e l'apprezzò per il suo intuito e per la sua tenacia, per la sua forza e per la sua capacità di vedere il futuro attraverso i sogni. Scoprì che sapeva cucinare e che adorava il Merlot. La invitò a cena, al cinema e a un reading di poesie di Guido Catalano. Una volta fecero anche un giro in bici (orami l'aveva comprata, tanto valeva usarla) e il vento cambiò. Marilena capì che Sarah era l'altro pezzo della sua anima e che con il suo movimento lei si muoveva, con il suo pensiero lei agiva, con il suo bisogno lei le puntava la sveglia e la costringeva a guardare la realtà. Ha provato ad esserle amica; ha provato a capire quella parte bisognosa e triste che con un cappio stretto la teneva legata a tutti i Marcello della sua vita e di chissà quali altre esistenze. E proprio grazie a Sarah, adesso Marcello non è più l'Abelardo di Marilena, ma è l'uomo del banco del pesce, quello dagli occhi verde foglia con tanta polvere sul cuore.
Come avrete capito, io vi ho parlato di Marilena la quale però voleva raccontarmi di Sarah; io però a voi ho raccontato di Marilena e poco di Sarah quando è solo di Sarah che avrei dovuto parlare. Avrete capito che io mi sono comportata come Marilena e ho tralasciato Sarah anche quando è di lei che avrei dovuto parlare perché questo racconto si chiama Sarah, mio nemico, mia sorella. Avrete capito che Marilena è un po' una Marilena qualunque, potrebbe essere mia sorella se ne avessi una o la tua, caro lettore, potrebbe essere anche tuo cugino o quel tizio con le dita nel naso. Insomma, Marilena è una di noi. Siamo io, voi e l'umanità intera. Siamo tutti noi quando non ci curiamo dell'ombra e lasciamo che pezzi interi della nostra vita vengano scritti da altri, magari da Sareh arrabbiate (concedetemi la pluralizzazione di questo nome), da Sareh che si sono arrese o che si sentono abbandonate, persino schiave in certe notti di luna piena. Non so perché io abbia chiamato "Sarah" l'ombra di Marilena, sarà per l'acca finale, sarà perché è un nome breve che può seguirti ovunque, sarà perché così si chiamava la mia amichetta del cuore all'asilo, amica che io ho finito per odiare perché ad entrambe piaceva Stefano piccolo (piccolo perché in classe ce n'erano due di Stefano, di età differente). Io gli scrivevo lettere d'amore a questo Stefano piccolo e Sarah gli faceva disegni bellissimi. Non ho mai capito perché buttasse via solo le mie letterine. Pensavo fosse perché facevano schifo, o perché questa Sarah gli piaceva di più o perché io, diversamente da lei, non avevo fiocchi sul vestitino, avevo i capelli corti, lo zainetto sfigato rosa di Snoopy e mangiavo carote e finocchi a merenda (ma questa è un'altra storia). Solo più tardi ho pensato che stando noi tutti all'asilo forse lui non sapeva leggere. Come ho fatto a non capirlo prima? Per anni sono cresciuta con l'ombra di questa Sarah nel cuore arrivando a detestare tutte le donne col caschetto e lo smalto fuxia e non ho mai capito che Stefano piccolo non sapeva leggere! Avete capito? Aveva 4 anni e non sapeva leggere! E invece io, come sempre, avevo scritto troppo e troppo presto e ho fatto diventare Sarah la mia ombra d'insicurezza. Che Marilena che sono stata!
Per questo cari lettori, riabilitate la vostra ombra e fatevela amica, vi conviene!
E io vi prometto che la prossima sarà una storia allegra!