Magazine Cultura
L’INTERVISTA
Come e dove nascono i Sarastro Blake? Sarastro Blake nascono a Como, alla fine del 2011, quando Paolo Pigni, sta componendo e registrando il terzo album dei Mogador, tuttavia gli altri due componenti del gruppo gli comunicano la decisione di voler proseguire l’attività senza di lui. Poco dopo è lo stesso Richard Allen dei Mogador a suggerire a Paolo di fare un album solo prodotto da Luca; Paolo, dopo un breve periodo di lavoro sulle composizioni chiede a Luca se vuole produrre il disco e così parte la nuova avventura Mi pare di capire che la struttura porta tante sia una cosa a due, con l’intervento di altri musicisti in funzione dell’obiettivo: come funziona il vostro “collettivo”? Sì, la struttura basilare siamo io e Luca, avendo di fatto suddiviso fra di noi la stesura, arrangiamento ed esecuzione del disco, senza dimenticare l’apporto prezioso di Mirko Soncini alla batteria su tutti i pezzi, e le voci di Serena Bossi, Marco Carenzio e Richard ai cori; da evidenziare che Serena ha cantato da solista un brano. The last but but not least, il buon Filippo Pedretti al violino. Questi musicisti hanno costituito la base del progetto a cui si sono aggiunti via via i super ospiti, il cui contributo comunque non si è limitato ad un cameo, ma ad una vera propria condivisione del brano, con l’obbiettivo di fornire la loro creatività per il brano ... come se fossero membri appunto di una band, ed ognuno di loro non si è limitato ad una mera esecuzione su partiture pre indicate e precise, vedasi ad esempio Nick Magnus che ha suonato ed arrangiato tutte le parti di tastiere del brano The Lady of Shallott; in effetti il "collettivo" tecnicamente prende spunto e modalità dall’Alan Parsons Project, se posso permettermi di prenderli ad esempio, come tipologia di progetto musicale! Proviamo a dare una definizione della vostra musica, che esca dagli schemi? Definire la musica senza cadere nelle etichette è sempre arduo. Diciamo che la filosofia che la sottointende prende spunto dall'idea del c.d. progressive degli anni 60/70, i cui musicisti scrivevano senza limiti di genere e talvolta (vedi Genesis) con lo scopo di creare per lo più canzoni, più o meno lunghe o corte non importa, ma sempre "canzoni", e con lo "spirito" e l'ambizione creativa di "contaminare" le varie influenze artistiche di chi li aveva preceduti, o che invece talvolta era contemporaneo a loro medesimi. Poi in quello che oggi definiamo prog vi era un marasma di gruppi, dai Moody Blues ai Gentle Giant; nel nostro caso c'è indubbiamente una preponderanza della melodia e della armonia. Il nuovo album, New Progmantics, vede la partecipazione di musicisti molto conosciuti: come è nata la collaborazione? La collaborazione con questi illustri ospiti è nata, come dire, in "sordina" e poi è cresciuta via via con la progressione del disco; inizialmente ho contattato Nick Magnus, ovviamente perché adoro i primi dischi di Steve Hackett, ed ho sempre pensato che il pezzo The Lady of Shallott fosse intriso delle stesse tematiche romantiche, sia a livello lirico che musicale, dei primi album dei Genesis; ero terrorizzato quando mi rispose di mandargli il brano per un ascolto, ma quando mi disse entusiasticamente che, non solo la canzone gli era piaciuta, ma che addirittura si "offriva" di suonare tutte le parti di tastiera, allora ho avuto una conferma sulla bontà della composizione; in seguito il coinvolgimento degli altri ospiti è proseguito sulla stessa linea, ovvero quella di cercare di coinvolgere gli artisti in base alle loro caratteristiche ed a quelle dei vari brani; non posso dilungarmi in questa sede, ma se qualcuno è interessato può leggere il "making of" di ogni singolo brano sul sito www.sarastroblake.com. Mi racconti qualche particolare relativo alla realizzazione del disco… i temi, i significati, l’obiettivo musicale e narrativo? L'album ha come filone ispirativo alcune poesie ed un paio di dipinti di grandi artisti più o meno noti al pubblico, e qualche "lirica" del sottoscritto tratta da un libercolo di poesie pubblicato nel 2010. C'è indubbiamente un certo sapore romantico ed il tema dell'amore sacro e profano e del "femminino sacro" è ricorrente per quasi tutto il disco, non a caso abbiamo scelto come cover una reinterpretazione fotografica meravigliosa dello splendido dipinto Flaming June che è anche una canzone dell'album, e nella copertina è appunto interpretato da una famosa modella Inglese fotografata dall'attore britannico Christopher Colquohon... l'immagine è forse una riuscita sintesi della donna, angelica e demonica, "spirituale e materiale" allo stesso tempo. Come sarà pubblicizzato in fase live l’album? L'album, almeno per ora, non sarà promosso live, e non è detto che in futuro non si riesca a farlo, tuttavia visto che i vari "membri" sono impegnatissimi in altri gruppi e progetti, resta un'ipotesi remota. Personalmente mi manca molto suonare in concerto, negli ultimi anni l'ho fatto assiduamente con un altro progetto chiamato Celtic Harp Orchestra, ma sono anche molto e forse più interessato alla natura creativa e compositiva della musica, per cui mi piacerebbe tornare abbastanza presto a comporre materiale per un nuovo disco. Esiste la possibilità che la musica progressiva esca dalla nicchia e riprenda parte dello spazio che aveva nei primi anni ’70? Mah, personalmente credo che il "genere" stia rivivendo una certa notorietà negli ultimi tempi, basti vedere le reunion di glorie del passato e la ristampa dei capolavori del tempo. Purtroppo secondo me, atteso che viviamo in un epoca di grande crisi ed entropia, il rischio è che si celebri o autocelebri il passato, o che quello di nuovo che si compone si appiattisca su presunte tipicità del genere prog; oggi sento qualche nuovo gruppo, bei riffs, capacità tecniche notevoli... ma poi la canzone... dove è? E soprattutto… l’emozione, il pathos dove sono? Dove sono canzoni del livello di una Firth of Fifth o And You and I ? E poi, starò invecchiando, ma mi sembra che la tendenza sia quella di suonare sempre più veloce e con sempre più note, e rimpiango la lentezza e gli spazi ariosi dei Pink Floyd: forse non è più questione di riprendere gli spazi, ma di riprendersi il feeling, gli ideali, art for art's sake, questi slanci, questo desiderio si sono per lo più smarriti, lasciando spazio a vuoti manierismi ed a dischi "senza anima"... per non parlare dei soliti album e /o gruppi creati per vendere e basta. Cosa c’è nel futuro prossimo dei S.B.? Nel futuro prossimo di Sarastro Blake c'è il desiderio, dopo aver creato a nostro avviso un disco ispirato ed in "buona fede" per quanto ci concerne, e appunto richiamandoci ai suddetti ideali, di condividerlo con il prossimo nella speranza davvero di avere fatto un buono e onesto lavoro, che smuova qualche cuore, che crei qualche emozione positiva, che susciti qualche afflato dell'anima, questo è, credo, sempre stata l’ambizione in ogni tempo e luogo e il desiderio di ogni artista... romantico, dopodiché ai posteri l'ardua sentenza... noi moriremo vecchi o nuovi progmantics, con immutata speranza o forse utopia... l'importante è partecipare e lasciare un segno, gettare un sasso or a Message in a Bottle.
Tracklist: 01 - The Lady Of Shalott (ft. Nick Magnus & Filippo Pedretti)
02 - Clare's Song
03 - Scotland The Place (ft. Dave Lawson)
04 - Sonnet 116 (ft. Serena Bossi)
05 - Stanzas For Music (ft. Rick Wakeman & David Paton)
06 - Prelude To The Highlands
07 - My Hearth's In The Highlands (ft. Amanda Lehmann)
08 - Remember (ft. Richard Sinclair)
09 - Flaming June (ft. Billy Sherwood)
10 - Beyond
11 - Solitary Bench (Remastered Version) Line up Paolo Pigni (ex Mogador, Celtic Harp Orchestra): vocals. Acoustic guitar, bass, piano Luca Briccola (Mogador, Trewa, Celtic Harp Orchestra): guitars,keyboards, bass, flute, percussion, orchestration Mirko Soncini: drums Richard Allen (Mogador), Marco Carenzio, Serena Bossi: additional vocals with Rick Wakeman (Yes) Richard Sinclair (Caravan David Paton (Alan Parson Project, Camel Fish) David Lawson (Greenslade) Nick Magnus (Steve Hackett) Amanda Lehmann (Steve Hackett) Bill Sherwood (Yes, Toto, Circa)
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