Non è stato facile raccontare quattro giorni di viaggio intenso in cui si sono alternati microcosmi lontani anni luce l'uno dall'altro.
La Sardegna è un'isola che riserva incredibili sorprese, forti emozioni e stati d'animo a volte complessi, che virano implacabili verso un senso di disagio, di sofferenza.
Oltre il sole, la struggente bellezza, il cibo indimenticabile, è la timidezza gentile delle persone, i paesaggi brulli e severi, i racconti di vite vissute con fatica e dolore, il desiderio di riscatto ed il successo acchiappato con ferrea volontà. Questo è quanto mi rimane di un primo e breve approccio ad un luogo che ho capito di non conoscere assolutamente.
L'ultima parte di questo viaggio, cominciato in un sud dalle temperature estive, si è spostata nel centro nord, esattamente a Nuoro (Nugoro in sardo), una città situata su un altopiano granitico nel cuore della Barbagia.
Il centro storico è molto piccolo e non lo abbiamo potuto visitare con dovizia di tempo.
Tutta la nostra attenzione è stata catturata da un ristorante-concept store assolutamente splendido, il Montiblu, nato dall'irrefrenabile entusiasmo di Battistino Menneas che, con la moglie, ha dato vita ad un luogo di incantevole gusto e atmosfera.
Il Montiblu è ristorante tradizionale, sala da te, laboratorio creativo, boutique dove trovare capi della collezione di Marras ed oggetti di arredamento originali, irresistibili per un gruppo di assatanate foodblogger. L'eleganza rilassata dell'ambiente è tale per cui avremmo potuto trascorrere l'intera giornata là dentro senza mai stancarci di scoprire cose nuove.
Il pomeriggio invece è stato trascorso in una casa privata a Orgosolo, dove la Sig.ra Franca e la figlia Giuseppina ci hanno mostrato cosa possono produrre mani instancabili ed esperte.
Con gli occhi attenti ed il respiro trattenuto, ho osservato un velo di pasta lievitata trasformarsi in un cuscino di pane. Tutto questo con una velocità di cui non ci si può capacitare.
Il pane Carasau si può fare anche in casa (volendo), ma non garantisco il risultato.
Si tratta di una miscela di farina di semola (2 parti) più una parte di semola rimacinata a cui viene aggiunta una minima quantità di lievito di birra, acqua (50% della farina usata), sale.
L'impasto va lavorato a lungo e richiede riposo, quindi trasformato in panetti che vengono stesi prima a a mano e poi attraverso una macchina che ricava sottilissime sfoglie.
Il passaggio in forno è velocissimo. Le sfoglie di farina si gonfiano creando un pallone che poi viene diviso a metà lungo il punto di sutura ed ogni foglio sottile ottenuto, ripassato in forno a tostare.
In questi luoghi praticamente ogni famiglia si fa il pane in casa e non posso negare che appena sfornato, così croccante, crei dipendenza.
Terminare questo incredibile pomeriggio lungo le strade di Orgosolo, mi ha fortemente emozionato.
Oggettivamente questo paese non è bello. Non ha monumenti, mirabili palazzi, piazze eleganti.
E' un luogo sperduto, in cui non passi se non devi andarci per qualche ragione.
Una ragione in effetti c'è, e sono gli incredibili murales che decorano gran parte delle case del centro.
Dipinti realizzati da artisti internazionali e dagli studenti dell'istituto d'arte della città.
Molti di questi di una bellezza selvaggia ed inquietante.
Battistino, nativo di Orgosolo, ci ha guidato lungo le strade buie del centro.
Nel dicembre prenatalizio, la cittadina è deserta e priva di illuminazione. I lampioni che costeggiano le vie, spenti.
"Non sono spenti" - ride Battistino. "E' che hanno cominciato a sparare alle luci. Lo fanno tutti gli anni fino a Capodanno!"
Riflettendo sull'occupazione preferita dei cittadini in questo periodo, mi rendo conto che le uniche luci sulla strada, sono quelle che provengono dai bar. Ce ne sono tanti. Pieni di uomini.
In strada nessuno.
Cerco di scattare una foto ad un murales particolarmente bello, ma è talmente buio che non mi accorgo delle presenze entrate nell'inquadratura.
Soltanto dopo, mentre cerco di capire se l'immagine è nitida, le vedo.
Due fantasmi. Due donne. Due presenze nere e silenziose che si muovono velocemente lontane da noi.
Di tutti gli scatti raccolti in questo viaggio, quello che vedete qui sopra è quello a cui sono più affezionata.
Non è perfetto. Ho dovuto schiarire molto l'immagine presa praticamente al buio.
E' sgranata, imprecisa, eppure quando guardo queste due donne coperte di nero dalla testa ai piedi, mi si stringe il cuore e provo un profondo senso di rispetto.
Lasciata Orgosolo, città fantasma, abbiamo aperto un dialogo con gli angeli.
Canne al Vento è il ristorante di Genoveffa, donna energica e volitiva, che lavora nella ristorazione ormai da 44 anni, prendendo le redini del ristorante dopo la morte del marito.
Genoveffa è conosciuta per realizzare le Sebadas più buone della zona, e forse anche dell'isola, ed è grazie alla sua ospitalità che abbiamo potuto osservare la nascita di due capolavori della cucina isolana.
Su Fillindeu.
I fili di Dio. Che ci crediate o no, vi sono mani che riescono a trasformare la pasta in fili così sottili da assomigliare a fili di lino. Tessuti senza l'aiuto di un fuso, ma solo con l'arte e l'amore per le proprie tradizioni.
Raffaella Marongiu ci ha mostrato come nasce la pasta Nuorese più amata. Su Filindeu è la pasta dedicata a S. Francesco e viene preparata proprio in occasione della festa del Santo.
La leggenda vuole che rifiutare un piatto di questa bontà possa essere foriero di sfortuna, come successe alla sposa che in occasione della festa, non volle assaggiare il brodo benedetto e lo derise, finendo poi in fondo ad un dirupo con il suo cavallo.
Figuriamoci se noi ci permetteremmo mai di rifiutare questa cosa incredibile. Anzi, che ci crediate o meno, anche io mi sono cimentata e ci sono riuscita (non bene come la nostra maestra, ma datemi almeno l'illusione)
Per le foto sopra ringrazio di cuore Alessandra Gennaro e Aurora Cortopassi
Il segreto di questa incredibile pasta è custodito in pochissime cucine nuoresi ed è una tradizione che andrà spegnendosi. Io spero che le giovani donne della zona possano appassionarsi e trasmettere ai propri figli un tesoro che non deve andare perduto.Anche il nostro gentilissimo ospite, Roberto Sau, responsabile della Camera di Commercio di Nuoro, ha dimostrato doti inaspettate di tiratore di Filindeu.
La pasta tirata, viene poi appoggiata su stuoie di Asfodelo e fatta seccare. Durante l'essiccazione, gli strati di pasta si inarcano e si rompono a pezzi irregolari che poi vengono tuffati nel brodo bollente e serviti con formaggio fresco filante.
I fedeli devoti a S. Francesco, dopo un pellegrinaggio di chilometri, arrivano al Santuario e mangiano finalmente la minestra di Filindeu. In ringraziamento, non offrono denaro ma spesso beni materiali di qualsiasi tipo, anche animali.
La scrittrice Grazia Deledda, descrive i Filindeu nel suo romanzo Canne al Vento.
Un pranzo da re che si rispetti, deve concludersi con un dolce.
Le Sebadas di Genoveffa difficilmente lasceranno la mia memoria.
Per chi visita la Sardegna, non è difficile assaggiare questi dolci di pasta sfoglia (a base di strutto), ripieni di formaggio fuso e fritti in olio profondo.
Il formaggio, Caso Furriau, viene sciolto a lungo fino a che non diventa una pasta filante e malleabile. All'impasto viene aggiunta scorza di limone grattuggiata che conferisce freschezza ed un aroma meraviglioso.
Il formaggio, steso come vedete in foto, viene coppato in cerchi, i quali verranno poi sistemati tra due sfoglie di pasta tirata sottile, ottenendo una sorta di ravioli.
Il tutto fritto e servito caldissimo irrorato di miele sardo ovviamente.
Se siete riusciti a leggere questo post fino in fondo, vuol dire che un po' malati di Sardegna lo siete anche voi.
Vi auguro di avere occasione un giorno di visitare questi posti.