La Sardegna è agli ultimi posti in Italia nell’industria della cultura. La nostra regione, al contrario del resto d’Italia, non mette a frutto il suo grande patrimonio culturale traducendolo in valore aggiunto e posti di lavoro. Al contrario del resto d’Italia la Sardegna non riesce ad esportare cultura, nè ad attrarre quell’importante segmento del turismo che durante le sue vacanze non va a cercare solo spiagge e mare ma soprattutto eventi culturali. Guarda caso la fascia turistica che tende a spendere maggiormente. Su 443.458 imprese che in Italia fanno parte del cosiddetto Sistema produttivo culturale (che rappresenta il 7,3% delle imprese complessivamente registrate in Italia) solo 10.349 sono sarde e rappresentano una percentuale ancora minima, il 2,3%, di tutte le imprese isolane. Se in Italia la cultura rende 74,9 miliardi di euro, pari al 5,4% della ricchezza nazionale e dà da vivere a un milione e 300mila persone (il 5,8% del totale degli occupati italiani), nella nostra regione queste percentuali sono molto più basse: nel 2013 nell’isola il valore aggiunto del sistema cultura è stato di soli 1.061,9 milioni di euro, pari all’1,4% della ricchezza totale prodotta dal settore in Italia e al 3,7% del totale del valore aggiunto prodotto in Sardegna dalle aziende private. Quanto all’occupazione, nell’isola il settore della cultura dà attualmente lavoro a 26.500 addetti, pari al 1,9% del totale nazionale degli occupati del settore cultura e al 4,4% del totale degli occupati sardi. Eppure le occasioni e le risorse per rendere la cultura un’occasione di sviluppo sono tante. Basterebbe saper progettare, saper guardare oltre. Basterebbe avere l’umiltà di guardare quel che fanno gli altri. Perchè la cultura, che una classe dirigente miope tende sistematicamente a tagliare, è vista dagli esperti “il miglior combustibile” per la ripresa economica. Con la cultura l’Italia si è risollevata dalla guerra e con la cultura l’estetica, l’architettura, la buona comunicazione sta cercando di risollevarsi anche da questa crisi. Mentre la Sardegna a quanto pare sta a guardare.
I numeri del Sistema produttivo culturale in Sardegna sono contenuti nell’interessante “Fondazione Symbola-Unioncamere, Io sono Cultura – Rapporto 2014”, report realizzato dalla Unioncamere e dalla Fondazione Symbola in collaborazione con la Regione Marche. Lo studio, dal suggestivo titolo “Io sono la Cultura L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, inquadra la cultura in senso stretto (industrie culturali propriamente dette, industrie creative – attività produttive ad alto valore creativo ma ulteriori rispetto alla creazione culturale in quanto tale – patrimonio storico artistico, performing arts e arti visive) all’interno di un sistema che contempla tutte le attività imprenditoriali ad essa connesse. In pratica, se esteso all’indotto, il Sistema produttivo culturale secondo lo studio ha un moltiplicatore pari a 1,67: per un euro di valore aggiunto prodotto da una delle aziende del settore se ne attivano, mediamente, sul resto dell’economia, altri 1,67. In termini monetari ciò equivale a dire che gli 80 miliardi di euro prodotti nel 2013 dall’intero sistema produttivo culturale (il 7,4 dell’industria culturale in senso stretto comprensivi dell’attività di enti no profit e pubblica amministrazione), riescono ad attivare 134 miliardi di euro, arrivando così a costituire una filiera culturale di 214 miliardi di euro. In questo modo, se si considera l’intera filiera comprensiva anche del resto dell’economia attivata, dal 5,7% si arriva al 15,3% del valore aggiunto nazionale.
Cultura e occupazione in Sardegna
L’export della cultura sarda
L’Italia è attualmente al terzo posto in Europa per la produzione dell’industria creativa e culturale nonostante l’assenza di politiche nazionali che favoriscano lo sviluppo di questo settore. Secondo lo studio dell’Unioncamere la recessione – dovuta principalmente al crollo della domanda interna – non ha scalfito la fiorente esportazione legata alla cultura. In tutti i settori, dal cinema – come dimostra l’Oscar a La Grande Bellezza – ai videogames. Durante la crisi l’export della cultura italiana è cresciuto del 35%: era di 30,7 miliardi nel 2009 ed è arrivato a 41,6 nel 2013, pari al 10,7% di tutte le vendite oltre confine delle nostre imprese. Nell’ultimo anno il sistema produttivo culturale ha registrato in Italia un valore di esportazioni addirittura superiore a quello della filiera metallurgia (45,4 milioni di euro) e poco inferiore a quello del chimico-farmaceutico (59 milioni). Il rapporto tra le esportazioni culturali e il valore aggiunto dell’intera economia ha registrato in Italia una percentuale del 3 per cento. Ma anche in questo caso la Sardegna si distingue per una scarsissima predisposizione ad esportare la propria cultura. Tra le regioni italiane la nostra si classifica infatti agli ultimi posti con una percentuale dello 0,2%. Peggio, nel 2013, ha fatto solo la Calabria (0,1). La Sardegna è poi fanalino di coda nella cosiddetta “specializzazione culturale delle esportazioni” con una incidenza minima, 1,1%, dell’export culturale sul totale delle esportazioni regionali (la media italiana è del 10.7%). Lombardia e Veneto sono, invece, le regioni che, in termini assoluti, esportano maggiormente cultura. In particolare, nel 2013, il Veneto ha venduto beni del sistema produttivo culturale pari a 9,5 miliardi di euro e la Lombardia per 9,2 miliardi di euro.
Turismo culturale: Sardegna fanalino di coda
L’Italia è il primo paese dell’eurozona per pernottamenti di turisti extra Ue (con 54 milioni di notti) ed è la meta preferita dei paesi ai quali è legato il futuro del turismo mondiale: la Cina, il Brasile, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia, gli Usa e il Canada. A livello territoriale, il Centro e il Nord- Ovest italiano sono le aree con una maggiore quota di spesa turistica attivata dalle industrie culturali, con un valore che oltrepassa i quaranta punti percentuali (rispettivamente 43,0% e 41%); nel Nord-Est, invece, la quota si assesta intorno ai trentacinque punti percentuali (35,2%), mentre risulta ancora inferiore nel Mezzogiorno (29,7%).
E la nostra regione? Anche in questo caso la Sardegna annaspa. Nel 2013 la nostra regione, con le sue imprese, è riuscita ad attivare una spesa turistica 579 milioni di euro (il 2,2% della spesa turistica culturale nazionale), pari al 22,7 % dell’intera spesa turistica sarda. Una miseria se si pensa al miliardo e 796 milioni attivati dal Piemonte che sulla cultura ha attivato il 47,2% della intera spesa turistica).
I singoli territori dell’isola
Quanto all’analisi dei singoli territori, lo studio “Fondazione Symbola-Unioncamere, Io sono Cultura – Rapporto 2014” fotografa una situazione interessante. Innanzitutto quasi tutte le province sarde si classificano agli ultimi posti in quanto il valore aggiunto del Sistema Produttivo Culturale non riesce ad incidere sull’economia sarda. Una incidenza maggiore si riscontra nel Medio Campidano e Oristano, rispettivamente al 26° e 27° posto con una percentuale del 5,5%: una percentuale addirittura superiore alla media delle province italiane che si attesta sul 5,4%. Molto staccate Nuoro e l’Ogliastra (al 64° e al 67° posto con il 4,2%), Carbonia-Iglesias (79° posto con il 3,9%) e Cagliari (82° con il 3,8%). Fanalini di coda Sassari e Olbia-Tempio (2,7%) in cui evidentemente si punta ancora esclusivamente sul valore aggiunto prodotto dall’economica balneare.
Nella classifica per incidenza dell’occupazione del Sistema Produttivo Culturale sul totale economia la provincia sarda con più occupati nel settore della cultura è Oristano, al 39° posto con una percentuale del 5,4% (la media italiana è del 5,8). Segue l’Ogliastra al 47° posto con il 5,1%, Nuoro al 60° con il 4,9%, il Medio Campidano al 67° con il 4,7%, Cagliari al 70° posto con il 4,6%, Carbonia-Iglesias all’88° posto con il 4,1%. Agli ultimi posti ancora Olbia-Tempio e Sassari (3,9 e 3,6%) segno che queste due province continuano ad avere molta difficoltà ad investire in cultura e a tradurre le opportunità in posti di lavoro.
Quanto infine all’incidenza delle imprese del Sistema Produttivo Culturale sul totale economia, la prima delle province sarde è Cagliari, al 16° posto con una percentuale dell’8,1% (la media italiana è del 7,3%). Segue, l’Ogliastra al 70° posto con il 5,9%, Sassari è al 72° posto con 5,8%, Nuoro al 90° posto con il 5,3%, Carbonia-Iglesias al 91° posto con il 5,2%. Olbia-Tempio è al 97° posto con il 5,0%, Oristano al 98° posto con una percentuale del 5,0% mentre il Medio Campidano è l’ultima provincia italiana in assoluto con una incidenza del 4,4%.
«Il settore della cultura, come conferma il report dell’Unioncamere - dichiarano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della CNA – rappresenta una enorme opportunità di sviluppo per il futuro della Sardegna, considerando anche le risorse che i fondi europei dedicano allo sviluppo imprenditoriale della produzione culturale. Un mondo sempre più interdipendente, segnato da una globalizzazione senza freni, da un consumismo massificato che tutto appiattisce e omologa, prodotti, gusti, dimensione culturale, offre alla Sardegna una straordinaria opportunità se sapremo valorizzare i tratti distintivi che ci caratterizzano, integrando lo straordinario patrimonio dei saperi e delle produzioni di qualità con un’offerta turistico-culturale che può diventare uno degli asset strategici su cui costruire il rilancio della nostra economia».