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Posseggo solo una trentina dei 163 volumetti della collana Cultura dell’anima che la casa editrice Rocco Carabba di Lanciano pubblicò a partire dal 1909 affidandone la cura a Giovanni Papini, ma fra quelli non mi manca Polemiche religiose, di cui qui sopra è riprodotta la chiusa della prefazione, che attacca in questo modo: «Non sembrerà, spero, atto buffo d’orgoglio pubblicare un volume mio in una collezione da me diretta. Dopo nove anni che scelgo le opere altrui mi sono accorto di avere scritto anch’io qualcosa che può entrare senza difficoltà nella Cultura dell’anima» È da un articolo apparso ieri sul domenicale de Il Sole-24 Ore (Cesare De Michelis, Il canone mobile di Papini – pag. 28), nel quale si dà notizia della ristampa della collana, che apprendo quel che ignoravo: a rompere il sodalizio tra Carabba e Papini fu la ristampa di Polemiche religiose che il primo volle contro la volontà del secondo, che intanto si era convertito al cattolicesimo. Un vero e proprio atto di ripulsa (ripudio, in questo caso, mi pare suoni debole) per ciò che aveva scritto appena qualche anno prima. Avrebbe potuto consentire la ristampa approfittandone per spiegare in una nuova prefazione le ragioni della sua conversione, cosa che peraltro fino ad allora non aveva mai fatto, né fece dopo, se non per vaghi accenni: quale migliore occasione per dar ragione del nuovo Papini rispetto al vecchio? «Ho cambiato idea – avrebbe potuto dire – su ciò di cui scrivevo nelle pagine che qui consegno alla ristampa, e per i seguenti motivi...»: sarebbe bastato pure un «m’è apparsa la Madonna», si sarebbe ritagliato silhouette più decorosa. Non scelse a questo modo, sicché per sempre rimarrà mistero in quale categoria di cattolici avrebbe preferito esser sistemato. Ne elencava sette (pagg. 107-112): pinzocheri, per modo di dire, machiavellici, affaristi, modernisti, misticizzanti, belve. Premettendo che «cattolici puri e perfetti» non esistono («Esistono i cattolici? Dicon di sì. Io dico no»).
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