Sarebbe il caso di imparare a rispondere

Creato il 21 febbraio 2013 da Rightrugby
La questione, ora che sappiamo che il capitano azzurro Sergio Parisse non sarà della partita a causa della squalifica di 40 giorni per insulti all'arbitro ("Fuck off, ref", ha riportato sul referto l'arbitro francese Cardona in merito al fatto ormai famigerato accaduto durante Stade Francais - Bordeaux) - la questione, dicevamo, non dovremmo nemmeno più porcela. Eppure qualche giorno fa Shaun Edwards, l'assistant coach del Galles che sabato sarà all'Olimpico, aveva mosso le prime pedine: "Non è una sorpresa per me che sia stato cacciato per aver parlato con l'arbitro. Se si riguarda il match dell'anno scorso si sente chiaramente che a un certo punto minaccia uno dei nostri giocatori. Quindi non è una sorpresa". Dunque Parisse fa sentire la sua voce in campo, ma nella guerra della pressione (mica psicologica, qui è pressione pura, perché il rugby non è sport di contatto, ma di scontro) Edwards lo fa pesare: preoccupante sarebbe il contrario, vale a dire assistere ad un capitano che se ne sta quieto, ricordando l'imbarazzante Mike Tindall per l'Inghilterra alla RWC2011, quando spediva Nick Easter a parlare con l'arbitro al suo posto, rifugiandosi dietro alla scusa di avere un taglio sul labbro a dargli fastidio. Pressione, spacciata anche per galanteria: "Ovviamente parliamo di un giocatore stimato ovunque al mondo. E' molto creativo, soprattutto partendo dalla mischia, ha qualità in touche e sa fare gli offload".
Era già accaduto, due anni fa, quando il Galles che poi sarebbe arrivato quarto ai Mondiali, protagonista di un'epica semifinale contro la Francia e in seguito avrebbe fatto suo il Six Nations con tanto di Grand Slam, arrivò al Flaminio con un gruppo ancora tutto da collaudare: c'erano Sam Warburton e Justin Tipuric, Rhys Priestland muoveva i primi passi all'apertura, ma era tutto in fieri. Alla vigilia del match, lo staff tecnico gallese spostò la pressione tutta su Parisse, evidentemente considerato key player della nazionale tanto di Nick Mallett quanto di Jacques Brunel
Ci sta, si è visto di peggio - tipo i cronisti irlandesi che stendono articoli e articoli su Wayne Barnes alla viglia di Clermont - Leinster di Heineken Cup o le lamentele di Graham Henry con i vertici arbitrali ovali dopo quella mischia neozelandese rinchiusa in un angolo a San Siro. Però, sic rebus stantibus e non essendo verginelle, tanto vale rispondere, garbatamente, perché "if you can't take a punch, you should play table tennis".
Ad esempio, ci sarebbe Mike Phillips, che ancor prima di approdare in terra francese interpretava al meglio la parte del mediano di mischia merdeuse: l'arbitro fischia un fallo per i suoi, lui si avventa sull'uomo con la palla che tarda a liberarla e riesce ad essere fastidioso allo stesso livello di Peter Stringer, do you remember? Oppure James Hook, altro che sul campo forse non minaccerà chi ha di fronte, ma così sportivo e galantuomo non è (al punto da beccarsi una tramvata da Mirco Bergamasco al Millennium Stadium nel 2010). Mentre Tipuric ha dimostrato di non limitare l'uso dei tacchetti in ruck (chiedere a Jonathan Sexton). Non è per mettere in discussione le persone - è un gioco, dopo tutto -, ma è per rispondere alle prime bordate lanciate da Edwards e di fronte alle quali (in questo caso come in molti altri) l'attitudine di casa nostra - commentatori compresi - è di prendere e riportare le mere dichiarazioni, senza alzare il sopracciglio o almeno dandone l'impressione. E' scontro, non contatto, per di più in vista di una gara che prima del torneo si era accreditata come la più quotabile per gli Azzurri. Pressione, mettere pressione. 
Ps: lo dice Ringo, che per i dragoni ha un debole mai celato.

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