Tra i tanti candidati alle Regionali 2014 in Sardegna abbiamo scelto di intervistare Gabriella Orrù, candidata nel collegio di Cagliari per la lista Rifondazione, Comunisti Italiani, Sinistra Sarda. Orrù è esponente di La Sinistra ed è stata scelta dalla nostra redazione perchè è donna, giovane, madre, volto nuovo della politica regionale e sopratutto per il suo noto impegno. Gabriella Orrù infatti è consigliere comunale di Sarroch.
E’ questa una delle campagne elettorali più brevi e difficili della storia dell’autonomia. Cosa ti ha spinto a candidarti?
La Politica ha smesso da tempo di essere svolta al servizio del cittadino o di coloro che intende rappresentare e diventata sempre più una attività che persegue interessi individuali o di gruppi particolari, ciò ha portato un progressivo scollamento dalla società, la mia candidatura nasce dalla volontà di riavvicinarsi ai cittadini, con onestà intellettuale e competenza. In un momento di grande incertezza, offro il mio impegno concreto, per riappropriarci del nostro futuro, ripartendo dalla nostra risorsa più grande, le persone attorno a noi.
Di te sappiamo che sei da sempre impegnata nella politica. Oltre la militanza in partiti di Sinistra quale è il tuo percorso attuale ?
Sono impegnata in politica da tempo con timidezza ho iniziato il mio impegno alla giovane età di 20 anni, quando sono diventata segretaria di circolo a Sarroch, e successivamente ho partecipato all’attività di partito. Non sempre in accordo con le scelte fatte, per questo, spesso mi sono presa delle pause di riflessione, durante le quali ho approfondito i miei studi in Scienze dell’Amministrazione e con un Master sulla Progettazione Europea. Troppo spesso, i fondi regionali non sono stati spesi per incapacità di progettazione. Attualmente grazie alla fiducia riposta in me dai cittadini, sono Consigliere Comunale a Sarroch. Una esperienza importante, in un momento politico difficile che fa rilevare ampi tassi di disoccupazione e inoccupazione anche in un territorio come il nostro.
Sarroch: cosa pensi possa essere fatto dalla regione per un migliore sviluppo del territorio?
La Regione ha da tempo abbandonato il nostro territorio, non ritenendo utile fare nuovi investimenti in un territorio considerato ricco. Occorre invertire questo processo, il nostro sistema industriale attraversa un momento difficile senza precedenti nella sua storia, sono cambiati gli interlocutori e ancora di più rappresenta un affaire sovranazionale in cui spesso ci si sente inadeguati. Mancano le infrastrutture, non c’è un adeguato piano energetico regionale, (e a dire il vero c’è da riflettere anche su quello nazionale) è totalmente assente un idea di diversificare la produzione nel territorio, assistiamo impotenti da anni alla progressiva dismissione in realtà quali Porto Torres e Ottana ad esempio, e l’errore più grande che ritengo si sia commesso, è stato quello di non intervenire prima.
Il cambiamento va, sognato, gestito e accompagnato, altrimenti questi sono i risultati. La nostra regione detiene una spesa record per le politiche passive del lavoro, Cig e quant’altro, il sostegno nel momento della disoccupazione è necessario e auspicabile sempre, ma se non si cambia il passo sulla idea di sviluppo, rischiamo di non essere più in grado di sostenerne il peso, ne economico, ne sociale.
Tu donna, madre di famiglia, ancora giovane cosa ritieni sia necessario per risolvere l’attuale situazione della Sardegna?
Intanto maggiore concretezza, credo che sia una caratteristica che noi donne abbiamo per sopravvivere, dobbiamo pensare e fare mille cose ogni giorno, mentre questa nostra politica, discute per 20 anni sul Galsi, e poi non realizza nulla, impiega 15 anni per incominciare a lavorare alla nuova 195, la 131, ha lavori infiniti, non c’è mai certezza sulle opere pubbliche, adesso si è vincolato il territorio con il PSFF, chissà se mai saranno investite tutte le risorse necessarie per realizzare le opere di messa in sicurezza dei territori, la nota vicenda di Capoterra insegna. Abbiamo bisogno di più concretezza, nelle idee, nella progettazione e nella costruzione del sistema Sardegna.
Lavoro, sviluppo e istruzione qualche idea per una Sardegna del cambiamento?
I tre temi sono legati fra loro, se diamo uno sguardo “ ai dati forniti dalle pubblicazioni del MIUR relative a “La scuola in cifre” degli anni 2007-2008-2009-2010, i quaderni dell’associazione TRELLE, il rapporto comparativo Education at Glance del 2009, i rapporti della fondazione Agnelli del 2010-2011, i risultati dell’indagine internazionale Ocse-Pisa 2012, presentati, a cura dell’INVALSI, a Roma il 3 dicembre 2013, consentono di trarre informazioni utili sui livelli di apprendimento dei quindicenni della Sardegna e di compararli con quelli delle altre regioni, dati da cui si dimostra che l’istruzione, vista come servizio al cittadino, è indubbiamente in un momento di crisi strutturale. Siamo di fronte a bassi livelli di apprendimento sono in Sardegna accompagnati dal più alto tasso di dispersione scolastica in Italia, tale da risultare una vera e propria emergenza sociale, conseguenza di antiche e mai risolte difficoltà socio economiche, dell’impoverimento culturale, della mancanza di opportunità e indicazioni educative, della carenze di edifici, impianti, attrezzature, laboratori, degli effetti del costante decremento della popolazione scolastica che mette a rischio e in sofferenza numerose scuole del primo e secondo ciclo. Cosa occorre fare di fronte a questa crisi del sistema scolastico, innanzitutto, garantire il diritto allo studio così come previsto costituzionalmente dall’art. 34, attivare politiche serie contro la dispersione scolastica tenendo conto delle peculiarità dei vari territori e riaprendo il confronto con essi. Lavoro, non c’è lavoro senza un idea di sviluppo, e viceversa, spesso ho sentito parlare di Sardegna turistica, poi se vai a vedere gli investimenti nel settore sono irrisori; e poi di quale turismo si parla? Turismo di massa o di elitè, a seconda della idee si attuano programmi diversi. Non c’è sviluppo senza un idea di energia in Sardegna, di trasporti; occorre ripensare la continuità territoriale, assolutamente fallimentare quella attuata. La legge sulla Continuità è una Legge dello Stato e fu giustamente finanziata dallo Stato dentro una Politica di Coesione nazionale!
Aver rinunciato a questi Finanziamenti in cambio di un trasferimento di poteri esclusivi che non è mai avvenuto, perché ancora oggi il Decreto attuativo lo fa il Ministro e non l’Assessore! È stato un errore clamoroso che bisogna correggere! E qui un punto dolente, non si applicano mai o quasi le valutazioni alle politiche pubbliche, che ritengo assolutamente necessarie. Non tutto quel che si è fatto è da buttare, ma occorre apportare le correzioni necessarie per rendere efficienti quelle politiche. Occorrono tempi certi per l’approvazione dei bilanci e soprattutto tempi certi di erogazione delle somme dovute agli enti locali, non si può programmare nulla in assenza di queste due condizioni e soprattutto dell’annullamento del patto di stabilità così come imposto oggi anche ai comuni virtuosi, spesso le risorse sono ferme, i progetti pronti e non si possono realizzare a causa del patto di stabilità. Serve più industria, ripensiamo magari al settore manifatturiero, pensiamo a settori sostenibili, anche in agricoltura basta questa schizofrenia, un anno contributi per togliere le vigne, l’anno successivo contributi a chi investe sull’enoturismo. Non si può approfondire tutto quindi direi tre parole, Green economy, e qui vedrei bene anche tutto il settore della raccolta differenziata e soprattutto del riciclo dei rifiuti, dove tutti investono, mentre noi chiudiamo cartiera, vetreria, euroallumina etc, turismo attivo, più trasformazione dei prodotti agricoli, e simili.
Investire sulla conoscenza come motore di sviluppo. Riconoscere peculiarità e il valore del territorio, come elemento di crescita e non come visto come limite. E poi una per tutte, basta ai piani straordinari per il lavoro, ne occorre uno, ordinario e serio, che guardi al periodo di lungo termine, capace di superare le difficoltà strutturali che ci portiamo dietro, investire più sul settore dei servizi. Più donne al lavoro, più benessere nella società.
Perchè votare Pigliaru e perchè preferite te?
Perchè votare Pigliaru, perchè sono convinta che non trascurerà il settore culturale e della conoscenza, ma anzi ne farà un fattore di sviluppo per questa nostra isola. Perchè votare me? Principalmente per due motivi, onestà e competenza, due valori importanti a disposizione del cittadino.