I genitori italiani sono i più apprensivi del mondo. Quando il pargolo rotola nello sterrato del parco – perché non possiede ancora la certezza del passo o perché sulla sua strada si è frapposto un ostacolo imprevisto, un sasso, per esempio, che fuoriesce dalla superficie della terra – il genitore si precipita allarmato producendosi in squittii sempre più acuti, finché l’infante non lo fissa con l’aria stonata che sembra dire: “Ehi, si può sapere che ti prende?”. Il genitore angosciato si accerta che la caduta non abbia causato guai abbastanza seri, per esempio, da ricorrere alle cure di un pronto soccorso. E una volta accertatosi che la diagnosi è benigna, a quel punto, se la prende direttamente col responsabile dell’incidente: il sasso. Ed eccolo che con sguardo feroce si rivolge al sasso, invitando il figlio a fare lo stesso: “Fai brutto e cattivo al sasso”. E il figliol prodigo, guardandosi intorno per accertarsi che nel frattempo nessuno lo veda, punisce il sasso colpendolo con la manina terrificante e ostile: “Sasso brutto e cattivo!”. Una volta che il rito della catarsi si è compiuto, il genitore italiano si sente meglio. Ha appena compiuto la sua praemeditatio futurorum malorum, ha assolto al suo primo compito naturale di genitore (che è, appunto, preoccuparsi per ogni cosa che accade al figlio) e ha fatto bella figura con gli altri genitori del parco, che adesso lo guardano tutti con aria compiaciuta. A quel punto può anche rimettersi a leggere il giornale, dove c’è un succulento articolo dal titolo: “Bambino di 3 anni, picchiato e torturato. Arrestati mamma e convivente”.