Nella
penultima puntata di Gomorra, la
serie televisiva andata in onda tra maggio e giugno su Sky Atlantic, don Pietro Savastano, al 41 bis da anni, è ridotto ad
una larva umana: un volto totalmente inespressivo, un grave stato di
decadimento psicofisico, un severo deficit cognitivo con patente azzeramento
delle facoltà emotive, non riconosce i familiari, non parla, cammina solo se
sostenuto dalle guardie carcerarie, insomma, è solo l’ombra esangue dello
spietato boss che ha costruito un immenso impero economico grazie ad ogni
genere di attività criminale.
Cosa sopravvive della bestia sanguinaria in quell’omone
catatonico? Nulla, si direbbe, e dunque, quando arriva la revoca del 41 bis,
nell’ultima puntata, il telespettatore può ritenere ingiusto il provvedimento? Solo
se gli manca la cultura dello stato di diritto, che tutti sanno cosa sia, ma non
sarà superflua una ripassatina: «La superiorità
giuridica dello stato di diritto consiste in questo: nel fatto di essere
indipendente da chi lo combatte così nella elaborazione delle leggi come
nell’esecuzione delle pene. Di conseguenza l’amministrazione della giustizia
non si fa influenzare da chi rappresenta la negazione assoluta dei principi che
ispirano il sistema democratico, non ne adotta i metodi e non ne assume – mai –
la ferocia. Se Provenzano venisse sottratto a una carcerazione incompatibile
con il suo stato di salute, ciò costituirebbe una vittoria dello stato di diritto
e il vecchio boss sarebbe restituito alla sua attuale e più autentica dimensione:
quella di un “simbolo del male” ormai completamente vuoto e ridotto a un consunto
simulacro del passato». Così
Luigi Manconi (Il Foglio, 2.12.2014),
e basta mettere Savastano al posto di
Provenzano per ritornare alla trama
della serie televisiva: arriva la revoca del 41 bis e questo consente al clan
di far evadere il boss, che in un battibaleno ripiglia il colorito dei bei
tempi andati, promessa di una seconda serie, la prossima stagione.
Meno male
che solo nelle fiction le perizie mediche possono essere fatte a cazzo di cane
e che in Gomorra non c’è un Luigi
Manconi al quale rinfacciare i morti delle prossime dodici puntate, fra i quali non è escluso possa esservi lo stesso Savastano.
Magazine Società
Nella
penultima puntata di Gomorra, la
serie televisiva andata in onda tra maggio e giugno su Sky Atlantic, don Pietro Savastano, al 41 bis da anni, è ridotto ad
una larva umana: un volto totalmente inespressivo, un grave stato di
decadimento psicofisico, un severo deficit cognitivo con patente azzeramento
delle facoltà emotive, non riconosce i familiari, non parla, cammina solo se
sostenuto dalle guardie carcerarie, insomma, è solo l’ombra esangue dello
spietato boss che ha costruito un immenso impero economico grazie ad ogni
genere di attività criminale.
Cosa sopravvive della bestia sanguinaria in quell’omone
catatonico? Nulla, si direbbe, e dunque, quando arriva la revoca del 41 bis,
nell’ultima puntata, il telespettatore può ritenere ingiusto il provvedimento? Solo
se gli manca la cultura dello stato di diritto, che tutti sanno cosa sia, ma non
sarà superflua una ripassatina: «La superiorità
giuridica dello stato di diritto consiste in questo: nel fatto di essere
indipendente da chi lo combatte così nella elaborazione delle leggi come
nell’esecuzione delle pene. Di conseguenza l’amministrazione della giustizia
non si fa influenzare da chi rappresenta la negazione assoluta dei principi che
ispirano il sistema democratico, non ne adotta i metodi e non ne assume – mai –
la ferocia. Se Provenzano venisse sottratto a una carcerazione incompatibile
con il suo stato di salute, ciò costituirebbe una vittoria dello stato di diritto
e il vecchio boss sarebbe restituito alla sua attuale e più autentica dimensione:
quella di un “simbolo del male” ormai completamente vuoto e ridotto a un consunto
simulacro del passato». Così
Luigi Manconi (Il Foglio, 2.12.2014),
e basta mettere Savastano al posto di
Provenzano per ritornare alla trama
della serie televisiva: arriva la revoca del 41 bis e questo consente al clan
di far evadere il boss, che in un battibaleno ripiglia il colorito dei bei
tempi andati, promessa di una seconda serie, la prossima stagione.
Meno male
che solo nelle fiction le perizie mediche possono essere fatte a cazzo di cane
e che in Gomorra non c’è un Luigi
Manconi al quale rinfacciare i morti delle prossime dodici puntate, fra i quali non è escluso possa esservi lo stesso Savastano.
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