Proponiamo questo articolo del Corriere della Sera a firma di Aldo Grasso.
Non si può scrivere una frase del tipo, «Nel racconto televisivo gli articoli sono le luci dello studio, gli aggettivi sono i filmati, i verbi sono i movimenti di scena, le frasi sono le inquadrature, la punteggiatura sono gli ospiti. In un tempo limitato deve entrare tutto: la volontà di raccontare uno spaccato significativo di esistenza e l’onestà di raccontarla come un punto di vista, non come verità assoluta». Quello che il programma ha dimostrato è che se sei un professionista come Roberto Benigni puoi permetterti di affrontare temi impegnativi anche in modo scherzoso, irridente, ma sempre efficace. E fare tuo il programma, imprimergli il sigillo beffardo del paradosso. Se sei Saviano ti devi accontentare di un compitino, con il rischio di imbozzolarsi nel personaggio e nell’autocompiacimento.
Intendiamoci, «Vieni via con me» (Raitre, lunedì, ore 21,05) è un programma ben sopra la media delle pochezze che la Rai propone, e Saviano ha tutte le ragioni del mondo a portare avanti la sua battaglia. Ma proprio la posta in gioco della sua missione gli imporrebbe di crescere. Il duetto finale con Fabio Fazio era tutto incentrato su un dubbio: restare o andare via dall’Italia? Nessuno ha la risposta, ma credo che girare il mondo, guardarsi attorno, guardare un’altra tv, rapportarsi con un universo meno provinciale del nostro gli farebbe un gran bene. E comunque questi sono consigli non richiesti, cioè superflui.
Aldo Grasso