By Redazione on 25 novembre 2013
«Le parole di chiunque scriva oggi, devono fare i conti con un tempo in cui la scrittura – giornalistica e letteraria – godeva di una credibilità per noi invidiabile»
Così scrive Saviano su L’antitaliano, la sua pagina settimanale su L’Espresso.
Come altri, anche lui avverte la perdita di significato delle parole. Di più: «non c’è più la responsabilità della parola», nel senso che la transitorietà della comunicazione ha ridotto al minimo la responsabilità della comunicazione.
Nella gran bazar dell’euforia di una comunicazione che non costa nulla(Facebook, Twitter e tutti gli altri), scrivere è troppo spesso solo, o poco più, di un atto di presenza. «Negli spazi assai limitati di quotidiani e riviste – dice Saviano – trovava posto quello che veniva percepito come necessario e pressoché immutabile. Oggi, invece, l’informazione è continuamente aggiornata e tutto perde il carattere dell’essenzialità, tutto può essere sostituito, contraddetto, smentito dopo poco»
Invece, «scrivere significa assumersi responsabilità. Scrivere è responsabilità. Ormai questo lo sperimenta anche chi non scrive per professione. Prima di scrivere un post su Facebook, ad esempio, che si tratti di un commento a un avvenimento politico o più banalmente all’ultima partita di calcio, si riflette (solo ndr) quel tanto che basta per comprendere se il nostro commento sia davvero necessario. (…)
Talvolta chi scrive per professione sembra dimenticare quanto fondamentale sia comprendere perché si sta scrivendo. E a chi è rivolta la scrittura. (…)
Le mie parole, le parole di chiunque scriva oggi, devono fare i conti con un tempo in cui la scrittura – giornalistica e letteraria – godeva di una credibilità per noi invidiabile. I “canali di approvvigionamento” erano esigui, e quella esiguità rendeva tutto più autorevole.
Recensione a c. di Giorgio Ruffino & staff FirstMaster magazine
Leggi tutto su “Se scompaiono i fatti e le notizie“, Roberto Saviano, L’Espresso, 18/11/13.