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Saw VI

Da Sky9085
Saw VI

Saw 6

La serie di film iniziata con Saw – L’enigmista e dedicata a una figura molto particolare di serial killer si è rivelata nel tempo come una delle franchise horror di maggiore successo e, al ritmo di un episodio all’anno, è rapidamente arrivata al sesto episodio senza più la brillantezza iniziale, ma ancora conqualche carta da giocare. <!-- google_ad_client = "pub-1400981854206536"; /* 336x280, creato 22/06/10 */ google_ad_slot = "1492473189"; google_ad_width = 336; google_ad_height = 280; //--> google_protectAndRun("ads_core.google_render_ad", google_handleError, google_render_ad);L’inizio di Saw VI è tipico della serie. Due persone – un uomo e una donna – sono bloccate in una trappola di Jigsaw, l’omicida seriale che ama sottoporre le sue vittime a quelli che definisce “giochi”: i due sono degli usurai e quindi c’è il consueto paravento etico sia per la loro prigionia sia per il tipo di trappola in cui sono caduti. Come nel Mercante di Venezia shakespeariano, infatti, Jigsaw vuole una libbra della loro carne. Solo uno però potrà salvarsi: quello che offrirà più carne. L’uomo è grasso e si taglia delle fette di giro vita, mentre la donna, magra, opta per un avambraccio. Chi vincerà? E soprattutto qualcuno vincerà veramente?

La struttura dei film della serie è ormai ancorata a un inizio che vede sempre una o più vittime fronteggiare una morte potenzialmente terribile. Come nei film di James Bond, si parte quindi da una sequenza forte per poi riprendere con una narrazione più tradizionale. In questo caso, la storia riparte da dove l’avevamo lasciata nel capitolo quinto, con il tormentato detective Mark Hoffman a osservare il cadavere stritolato del suo collega Peter Strahm, colpevole d’aver capito che lui era complice di Jigsaw.

William Easton (Peter Outerbridge) è il capo di un’impresa di assicurazioni. Cerca sempre, anche attraverso un suo team di esperti, di trovare delle scappatoie per non coprire assicurativamente quelli che non sono in buona salute, anche se magari hanno pagato anni e anni di assicurazione. Un caso è quello di Harold Abbott (George Newbern), al quale Easton ha contestato una polizza più che decennale perché non aveva resa nota un’operazione di trent’anni prima per la rimozione di una ciste dalla bocca (il che non ha ovviamente niente a che fare con la malattia di cuore che ha adesso). Così facendo, gli obietta inutilmente il disperato Abbott, lo condanna a morte perché nessuno più lo coprirà assicurativamente e non potrà curarsi.

Hoffman ha intanto una sorpresa: la detective Perez non era morta nel film precedente, ma, sopravvissuta alle ferite, era stata nascosta dal capo delle operazioni Dan Erickson sino a che non fosse stato sicuro di chi era la talpa che agiva per conto di Jigsaw. Perez ed Erickson pensano adesso che sia Strahm, perciò Erickson vuole che Hoffman lavori con Perez per trovarlo. Hoffman deve quindi fingere di investigare e nello stesso tempo proseguire il lavoro di Jigsaw, che ha lasciato qualcosa di non concluso: in particolare, William Easton.

Precursore del cinema della crudeltà, il primo Saw aveva qualità narrative e figurative notevoli: ha creato uno stile e l’ha fatto senza cedere nulla sul piano dell’ingegnosità del racconto. I seguiti hanno progressivamente perso di incisività, pur contribuendo a creare una complessa architettura che – diversamente dalla norma dei seguiti degli horror di successo, usualmente mere copie carbone – evidenzia la volontà di far procedere la storia in modo articolato e il più possibile originale, anche attraverso una continuity capace di fidelizzare lo spettatore. Personaggi nuovi vengono introdotti ad ogni episodio, mentre altri ritornano, anche inaspettatamente, proprio come in una sorta di soap-opera deviata e perversa. Diversi brani del film precedente vengono mostrati per ricordare quanto già successo in quello che ormai è un tortuoso sentiero narrativo pieno di intrecci e rimandi contorti.

L’episodio numero cinque aveva cominciato a mostrare la corda. Questo è leggermente più teso e ha al centro una questione più significativa. La circostanza infatti che stavolta la storia abbia a che fare con il welfare e la malsana lotteria delle assicurazioni private in America testimonia di un’ammirevole attenzione all’attualità. Gli executives che hanno in pugno salute e destino dei loro clienti sono pronti a sbranarsi tra loro per sopravvivere in una sanguinosa metafora della corsa al successo e al denaro tipicamente americana, ma ormai largamente esportata.

Jigsaw è forse l’unica notevole figura horror seriale creata dal cinema negli anni zero. Il personaggio è sicuramente interessante, ma probabilmente è stato utilizzato oltre i suoi limiti intrinseci: morente per diversi film e morto per i successivi, solo con una notevole sospensione dell’incredulità è possibile accettarlo tuttora come onnipresente nel cuore dell’azione. Tobin Bell è, tra gli attori specializzati nell’horror, quello che ha da sempre recitato più sotto le righe, creando un’icona fragile e allo stesso tempo potente, un giustiziere senza pietà, ma con un bizzarro senso del fair play. Le sue trappole sono sempre ingegnosamente crudeli e la suspense creata dal loro dipanarsi tra la sofferenza delle vittime e i loro disperati tentativi di salvarsi è spesso consistente, anche in questo episodio.

Nel cast, a parte i soliti noti, spicca la prova di Peter Outerbridge, già protagonista del curioso Kissed, che aveva per oggetto la necrofilia. La regia stavolta è di Kevin Greutert, già montatore nei film precedenti. La sua visione è in perfetta continuità con quella dei registi precedenti, anche nell’estetica da capannone abbandonato, da deserto postindustriale, sempre vincente per dare il senso di una desolazione totale e senza fine. Che ne pensate voi? Ora di darci un “taglio”?


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