Never waste a good crisis” used to be the catchphrase of the Obama team in the runup to the presidential election.
Così iniziava l’articolo di John Naughton sul Guardian il 6 dicembre (lo trovate sull’ultimo numero di internazionale). L’articolo spiegava l’atteggiamento delle democrazie occidentali alle rivelazioni di Wikileaks, le loro pressioni sui vari Amazon, facebook, paypal.
Lungo l’articolo Naughton lanciava anche la seguente riflessione:
The attack of WikiLeaks also ought to be a wake-up call for anyone who has rosy fantasies about whose side cloud computing providers are on. These are firms like Google, Flickr, Facebook, Myspace and Amazon which host your blog or store your data on their servers somewhere on the internet, or which enable you to rent “virtual” computers – again located somewhere on the net. The terms and conditions under which they provide both “free” and paid-for services will always give them grounds for dropping your content if they deem it in their interests to do so. The moral is that you should not put your faith in cloud computing – one day it will rain on your parade.
Il fatto in breve è che Wikileaks ha sbugiardato quanto chi governa ci aveva sempre detto fino a quel momento, e più di tutto è questo che ha dato fastidio, più dei fatti rivelati o confermati. Si, molte cose implicitamente si sapevano, ma i dispacci hanno avuto il merito di fugare ogni dubbio e di mostrare poi la realtà nero su bianco. Naughton portava l’esempio lampante del discorso della Clinton sul valore di Internet, sulla sua libertà, sull’importanza che tutti potessero averne un accesso libero e che le informazioni su di esso divulgate potessero servire a far prendere coscienza al cittadino e di conseguenza a responsabilizzare i governi. Discorso che nemmeno troppo velatamente voleva puntare il dito verso l’azione repressiva cinese sul web. Ancora più paradossale se pensiamo a quanto riportato in questi giorni da El Paìs su un dispaccio rivelato da Wikileaks che sottolineava la preoccupazione dell’ambasciata americana riguardo la volontà del governo italiano, tramite il decreto Romani, di porre super restrizioni a internet. Insomma, alla luce vengono fuori i controsensi più lampanti. Gli Stati Uniti si lamentano si degli altri, ma poi mettono in atto pressioni e manovre che altro non sono che tentativi di censura.
Di seguito una sintesi del discorso della Clinton
qui il discorso integrale e qui la trascrizione dello stesso discorso