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SCADA e Internet of Things: quali modelli?

Da B2corporate @b2corporate
I protocolli aperti di Internet hanno avuto un effetto dirompente ogniqualvolta sono stati applicati ai modelli di comunicazione di uno specifico settore tecnologico. L’assetto strettamente proprietario dei giganti di hardware e networking ne è stato radicalmente trasformato durante gli anni ’90. In modo simile, la serenità delle aziende di telefonia e telecomunicazioni è andata completamente perduta negli anni 2000, quando i nuovi strumenti aperti di comunicazione hanno stravolto i modelli di business tradizionali. Protagonista oggi di questo cambiamento è un settore tecnologico con una base ‘utenti’ meno conosciuta, ma molto più ampia: la connettività industriale, negli anni passati chiamata anche ‘Machine to Machine’ (M2M) ed oggi nuovo soggetto di iperboli pubblicitarie, grazie al nome dal sapore fantascientifico di ‘Internet of Things’ (IoT).
Questa nuova apertura è certamente benvenuta, ma non è priva di complessità. Anzitutto è necessario sgombrare il campo dall’idea piuttosto naïf che le ‘cose’ non fossero in precedenza connesse tra loro e che internet stia per la prima volta mettendole in comunicazione. Non è così. Molte tecnologie dedicate e proprietarie sono state utilizzate in sordina nel corso di decenni per connettere tra loro macchinari, strumenti e sensori di ogni genere. La differenza sta oggi nella standardizzazione e nella ‘apertura’ di queste connessioni.
In secondo luogo, va delimitato l’uso del termine SCADA, spesso utilizzato a sproposito – non è, e non è mai stato, uno ‘standard’. L’acronimo sta per 'Supervisory Control And Data Acquisition', come una semplice ricerca su Google può confermare. Ed il termine non definisce uno o più standard, bensì un ombrello sotto il quale si trova una miriade di categorie di applicazioni, molte delle quali appartengono ad un era non solo pre-internet, ma addirittura pre-digitale. Considerare l’Internet of Things come una semplice evoluzione di SCADA porta a sottovalutare le proporzioni delle innovazioni tecnologiche e commerciali che saranno necessarie per portare le ‘cose’ nell’era degli Open Internet Protocols.
Così com’è accaduto durante le rivoluzioni nei settori computing e telecom, la ‘convergenza’ resa possibile dalle nuove tecnologie spesso entra in rotta di collisione con altre priorità, creando il rischio che alcuni dei benefici del ‘vecchio’ vadano perduti nella corsa verso il nuovo. L’IT proprietaria è stata dismessa, ma ogni soluzione era stata accuratamente testata dal suo singolo produttore; similmente, le reti telecom proprietarie sono estremamente robuste, e le soluzioni SCADA ‘chiuse’ hanno un comportamento altamente prevedibile. Robustezza e prevedibilità non sono una conseguenza naturale della transizione a network basati su open internet protocols – richiedono uno sforzo specifico.
Ma anche le care vecchie cose hanno caratteristiche negative – sono generalmente costose e frenano l’innovazione per adattarla al passo degli interessi dominanti. I sistemi aperti, qualunque uso se ne faccia, rovesciano tutto questo con il processo di ‘consumerizzazione’ - ma nella confusione e potenziale caos che ne deriva va reintrodotto un certo grado d’ordine.
Un certo grado d’ordine può essere ottenuto in diversi modi a livello commerciale, ma dal punto di vista tecnico i temi più importanti sono scalabilità, flessibilità e robustezza – in breve, ogni nuova soluzione deve essere architettata adeguatamente. Molto si può apprendere dai cambiamenti storici del settore IT, quando la nuova ‘openness’ portò allo sviluppo di architetture adatte ad un mercato sempre più aperto ed in crescita esponenziale - client/server, request brokers, separazione di processi e presentazione, hardware abstraction ecc. Ed anche se il settore IT ha prodotto solo pochi standards veramente universali, i sistemi sviluppati durante questa transizione sono resilienti e scalabili, così come lo spostamento verso il cloud computing sta a dimostrare.
Una simile transizione sta iniziando nel mondo vario e complesso delle applicazioni SCADA. Tuttavia al momento l’interesse sembra essere focalizzato sull’infrastruttura necessaria per connettere in modo aperto ‘le cose’, piuttosto che sulle applicazioni per le quali le ‘cose’ stesse possono essere utilizzate; interesse che si manifesta nell’evoluzione della versione 6 degli IP standards, in modo  da creare un set più ampio di indirizzi, e nello sviluppo di piattaforme SIM universali, per consentire la connessione di qualunque oggetto a qualsiasi rete cellulare.
Questi sviluppi sono utilissimi, ma non bastano per trasformare le applicazioni che coinvolgono le ‘cose’. Fortunatamente il passaggio successivo è già in corso, ed affonda le sue radici in una tecnologia ben nota.
Le ‘cose’ non solo hanno bisogno di essere connesse grazie ai protocolli internet per trasmissione e internetworking (TCP & IP), ma devono anche avere a disposizione un meccanismo per dirsi qualcosa di utile. Pertanto, come l’e-mail (SMTP - simple mail transport protocol) è diventata la modalità universale con la quale le persone condividono informazioni via IP networking, così oggi l’emergente modello di comunicazione tra le ‘cose’ è basato su message brokers e ‘code’ (queuing).
Grazie a questo modello, lo scopo dell’Internet of Things non è più semplicemente stabilire connessioni, bensì utilizzare le capacità e le risorse che si trovano ai capi delle connessioni stesse. E’ cruciale sottolineare che ciò non richiede che le ‘cose’ siano standardizzate, o che utilizzino lo stesso sistema operativo, o addirittura lo stesso software. Un modello basato su messaggi è lo strumento ideale per ‘disaccoppiare’ le caratteristiche tecniche di un oggetto dalle funzionalità che espone. In questo modo, ogni oggetto specializzato può erogare le sue speciali funzioni nel modo più efficace, e le tecnologie ‘legacy’ possono liberamente partecipare a processi innovativi. E questo non è uno scenario futuribile, ma qualcosa che può essere realizzato oggi stesso. 
Inoltre, questo disaccoppiamento basato su messaggi offre la scalabilità necessaria per gestire le necessità di milioni - o miliardi - di oggetti interconnessi. Nuove architetture intelligenti, basate su ‘brokers’, saranno le fondamenta di processi aperti, scalabili e flessibili nello storico spazio della connettività industriale. Possiamo anche chiamare tutto questo Internet of Things, ma i suoi reali benefici si troveranno proprio in nuove soluzioni di supervisione, controllo e acquisizione dati – in una parola, SCADA.
Rob Bamforth, CMO, EcoSteer Ltd
Elena Pasquali, CEO, EcoSteer Ltd
Per ulteriori informazioni:
www.ecosteer.com
[email protected]

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