“Scaffolding” è un termine, introdotto dallo psicologo statunitense Jerome Bruner negli anni ‘70, che significa letteralmente impalcatura. Si tratta di quelle strategie volte a sostenere il bambino (ma non solo) quando deve portare a termine un compito che non è in grado di svolgere da solo. È un concetto pensato per l’apprendimento scolastico dei bambini, ma possiamo estenderlo a tutte le età e moltissimi ambiti della vita quotidiana.
Lo scaffolding vale per i compiti scolastici, come la risoluzione di un problema aritmetico, quanto per i basilari compiti quotidiani, come il mantenimento dell’igiene personale. Vale durante l’acquisizione di un’abilità (camminare, andare in bicicletta o guidare col foglio rosa) e nel portare a termine compiti “esistenziali”, quali avere e perseguire un proprio progetto di vita. Lo scaffolding è indispensabile.
Senza alcuna pretesa di completezza, riporto i passaggi che mi sembrano più importanti:
Ufficio reclutamento soluzione compiti-Scaffolding “We Want You”.
Se il nostro giovane non sarà “interessato”, non otterremo nulla. Un passaggio fondamentale nella risoluzione di un problema è il “volerlo fare”. La prima fase su cui concentrare l’impalcatura di sostegno sarà, quindi, un accordo tra maestro e bambino in cui si condividerà l’obiettivo comune nel modo più chiaro possibile: se non si rema nella stessa direzione, gli sforzi di entrambi saranno vani.
Scaffolding: prendere la mira e tenere gli occhi puntati sul bersaglio.
Ok, ora lo abbiamo reclutato, siamo anche sicuri che il compito sia alla sua altezza, né troppo difficile da non poterci riuscire né troppo facile da non aver bisogno dello scaffolding (in poche parole all’interno della zona di sviluppo prossimale), ma ancora non basta. Le sue energie non vanno disperse, la motivazione va tenuta vispa, la sua attenzione va orientata al compito nella misura in cui noi e lui riteniamo più opportuna: le distrazioni sono utili se considerate un riposo dal perseguimento dell’obiettivo, dopodiché non mollare la presa.
Parola d’ordine dello Scaffolding: semplificare!
Se è vero che bambini e adolescenti a volte semplificano fino al midollo cose che per gli adulti sarebbero complicatissime, è anche vero che spesso tendono a complicare quelle semplici. Questo perché hanno relativamente poca esperienza nella risoluzione di problemi e non conoscono ancora tutte le scorciatoie per giungere alla meta con minore dispendio di energie. Lo scaffolding andrà a scremare tra i dati della situazione, aiutando il bambino a tenere solo quelli utili al raggiungimento dell’obiettivo. Se il nostro compito è quello di aiutare a rendere il problema il più semplice possibile, prima di tutto dovremmo imparare a farlo noi stessi (leggi alla voce: stop alle seghe mentali).
Scaffolding: diventare “faro” e fare luce sulle soluzioni possibili.
Essere faro, per prima cosa, non vuol dire “trainare” un ragazzo verso la nostra soluzione. Scaffolding non vuol dire stare davanti lasciando che egli ci segua e scegliendo la strada per lui, ma stargli dietro e illuminare i suoi passi, casomai guardargli le spalle, permettendo che sia lui a decidere se seguire la strada più comoda o quella più tortuosa, quella più battuta o quella sconosciuta.
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">"Scaffolding: un’Impalcatura a Sostegno di chi sta Crescendo. è stato scritto da Andrea Ciraolo.