Ci sono stati tanti Oscar_Luigi_Scalfaro nella storia e nella cronaca della nostra Repubblica: il giovane magistrato chiamato ad applicare, con sofferenza, la legge penale che prevedeva ancora la pena capitale, il non ancora trentenne membro dell'assemblea costituente, il cattolico integrale censore dei costumi, il democristiano di destra vicino a Mario Scelba, il ministro dell'Interno nei governi Craxi, il presidente della Repubblica eletto all'indomani della strage Falcone, il capo dello Stato che con il suo "non ci sto!" allontana da sé l'accusa di aver intascato tangenti, e ancora il presidente del traghettamento tra la prima e la seconda Repubblica e della nomina in quel delicato frangente - e per la prima volta - di un presidente del Consiglio non parlamentare (Ciampi) in un governo senza maggioranza precostituita (il cosiddetto "governo del presidente"), ma, soprattutto, secondo me, il presidente che, agli albori del berlusconismo, tiene dritta la barra della repubblica parlamentare, non cedendo alle richieste di elezioni anticipate e nominando il governo Dini nel 1995. Se non ci fosse stata quella scelta, difficilmente, o con più difficoltà, si sarebbero potuti muovere i suoi successori - Ciampi e Napolitano - nel fronteggiare Berlusconi presidente del consiglio, fino all'accorta regia di quest'ultimo degli eventi culminati nello scorso novembre con le dimissioni del Cavaliere.
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