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scambio di libri e una certa taccagneria dei milanesi

Creato il 07 marzo 2011 da Aa
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scambio di libri e una certa taccagneria dei milanesi

Banchetto-tipo

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scambio di libri e una certa taccagneria dei milanesi

Lo scrittore-padre Gianni Biondillo

scambio di libri e una certa taccagneria dei milanesi

Lo scrittore Matteo B. Bianchi

Tra le 17 e le 21 di ieri, al Piccolo Teatro di via Rovello a Milano, c'è stata Bookswap, una manifestazione di scambio di libri nel chiostro del teatro: chiunque poteva portare da due a dieci libri e scambiarli con altri libri in pari numero. Nello spazio un po' angusto c'era un discreto numero di persone, ma i milanesi non sono stati molto generosi: i titoli erano piuttosto modesti, del tenore che si può vedere nell'ottava foto dall'alto, con un Moby Dick in lingua orginale a fare da eccezione. Perciò, nonostante il fermento leggermente provinciale che informava gli umori della sala, dal punto di vista della qualità dei volumi scambiati resta ancora molto da fare: pareva proprio che gli intervenuti avessero colto l'occasione per disfarsi di ciofeche polverose e liberare così gli scaffali. Una iniziativa comunque meritoria, cui è mancato il propellente giusto. Ma tant'è, come mi diceva Matteo B. Bianchi (del quale, per inciso, segnalo il blog sull'"Unità": una delle cose che mi piacciono di Matteo è l'assoluta mancanza di pomposità, il costante understatement, e quel minimo di malinconia che rivela il suo volto, nelle pose fotografiche spesso inclinato, come fosse a lato e non al centro delle cose), è naturale che la gente tenga per sé i libri più cari e apprezzati: lui, in effetti, aveva portato solo doppioni. Per quello che riguarda chi scrive, dopo l'iniziale delusione ci sono state due belle sorprese: lo sfrenato entusiasmo che mi ha colta quando di fronte a me si è parato Paul Burrell, Al servizio della mia regina: un libro scritto dal maggiordomo di Lady Diana che per chi, come me, possiede la biografia della principessa del Galles scritta da Andrew Morton e anche la videocassetta con la storia di Diana Mountbatten-Windsor dal matrimonio ai funerali, rappresenta una delle più alte vette libresche a cui si possa aspirare; e poi, un po' isolate su un banchetto, perfettamente refilate, così da parere fatte apposta e non staccate dal loro volume di pertinenza, sei pagine, dalla 51 alla 56, del libro di Piero Chiara Il piatto piange, contenenti, tra l'altro, la descrizione di Mamma Rosa: "La Mamma Rosa, o Mamarosa come si diceva a Luino in una parola sola, era una milanesona che dopo la prima guerra si era stabilita a Luino, dalla città dove aveva passato la sua gioventù e fatto la sua pratica. Se fosse stata anche lei del mestiere nessuno poteva dirlo; certa era tenutaria nata e si capiva dal comportamento sicuro, sfrontato e a volte violento. Ma era buona di cuore, generosa e materna al punto di essere chiamata con quel nome affettuoso, ancora vivo nella memoria dei luinesi, che se non fossero state chiuse le case continuerebbero a dire 'andiamo a Mamarosa'; benché da tanti anni la donna, il cui solo nome era già una promessa di piacere, è morta e dimenticata".
Devo confessare una cosa: senza dire niente a nessuno, e con la massima naturalezza, chi scrive quelle pagine le ha rubate, sarà grave?

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