Ho conosciuto le opere di Tommaso Pincio quando frequentavo i corsi di letteratura all’università. Il mio docente fu il critico, giornalista, Gabriele Pedullà. In quel periodo insegnava a Teramo, in facoltà, il valore della letteratura resistenziale italiana.
Quegli anni, nei corsi, furono davvero intesi, nei quali andare a lezione voleva dire arricchirsi umanamente, da forti contrasti, idee rivendicate, prendendo i libri in mano, sottolineandoli, portando la propria tesi, la propria unicità di interpretazione e dirla, affermandola.
In quegli anni ho trovato gli amici dell’età adulta, persone che con me hanno condiviso, e condividono, da 10 anni, le vicissitudini importanti della vita tra risate e pianti, rotture, bambini e matrimoni.
Con quel professore, tra i tanti scambi fatti, un giorno, gli chiesi di suggerirmi stimoli letterari, e mi fu consigliato Tommaso Pincio, un autore che non avevo mai sentito nominare.
Un’amore dell’altro mondo, fu il primo testo, poi scelsi La ragazza che non era lei, oggi, Panorama.
Quest’ultimo arriva nel 2015, e per me è stata una svolta terapeutica.
Nei tre libri citati, c’è un filo conduttore che lega i personaggi principali. Una inerzia, una incapacità di muoversi, di rimanere intrappolati tra l’incazzato e l’inespresso, andati sempre di pari passo con cio’ che stavo io vivendo realmente nella mia vita. Non si tratta di una inettitudine alla Cesare Pavese, ma piuttosto una cosa indescrivibile animata da un profondo sentimento, alienante, ma talmente potente, da rimanerne intrappolati. I suoi personaggi sono bloccati da qualcosa di viscerale, di più profondo, dai quali è sempre difficile scovarne la vera natura.
A volte vorrei contattare Pincio e chiedergli se per cortesia possa far venir fuori questa potenza, acclararla. Vorrei proprio urlargli contro: “li faccia uscire, li facci andare, li spinga fuori a vivere!” . Poi mi fermo. Metto faccine buffe seguendo i suoi movimenti di status su facebook, rido, perché alla fine è giusto così.
Sabato Panorama ha vinto il Sinbad, Premio Internazionale degli editori indipendenti.
Sono stata molto felice. Mi ha molto emozionato la dichiarazione di Nicola Lagioa, come anche la reazione buffa della stessa Teresa Ciabatti. Ancor di più, mi hanno colpito le parole espresse dallo stesso autore nei ringraziamenti che ha postato ieri sera, sul suo social personale. Quello che traspare dal suo essere è una forza di grande coerenza.
Io non so se sia così, ma voglio crederlo, perché mi rassicura e illumina ogni volta che entro in contatto con le sue parole.
“Un letto rifatto appena dopo il risveglio è il loro ambiente ideale. Lasciandolo in disordine, cuscini e lenzuola perdono l’umidità accumulata nella notte, gli acari si disidratano e muoiono. I contatti di Ottavio Tondi con Ligeia Tissot non andarono oltre la corrispondenza digitale, i messaggi più o meno lunghi scambiati su Panorama, in quei quattro anni, acari a parte. Fu una corrispondenza a tal punto intensa e ricca di reciproche rivelazioni che l’aggettivo “intimo” riferito al loro rapporto non suona fuori luogo, malgrado nei toni che entrambi usavano non si scorgono mai, se non per brevi periodi e in maniera comunque ambigua, gli accenti di una vera intimità. D’altra parte, considerate le tante cose che lei gli diceva di sé e le tante foto che lei gli spediva assieme ai messaggi e la miriade di oggetti che lei lasciava sul letto sfatto e che lui inventariava con metodo ossessivo, Tondi riteneva di conoscere quella ragazza meglio di chiunque altro o comunque abbastanza bene da indurlo a dare per verosimile questa sua fantasia: che sarebbe bastato un nonnulla, un incontro o poco più, perché il loro rapporto virtuale sfociasse in ciò che biblicamente si intende con intimità. Tondi restò a lungo persuaso che questo nonnulla fosse una possibilità nell’ordine delle cose, uno sviluppo pressoché inevitabile della loro corrispondenza, una logica conclusione che solo il caso, anzi no, lui stesso aveva impedito.
Da dove traesse un simile convincimento è un mistero. Nella realtà, Tondi non impedì alcunché. A parte un paio di battute e un vago accenno a una sua venuta a Roma, Ligeia non gli propose mai di incontrarsi né manifestò concretamente un simile desiderio. Lui non fu da meno. Non propose nulla, non manifestò niente. Il solo effettivo ostacolo che si frappose all’eventualità di un appuntamento fu la totale mancanza di iniziativa, peraltro espressione tipica dell’inazione propria di tutti quegli individui marginali che, come lui, amavano leggere, ma che in lui acquistava un risalto emblematico, essendo lui non un lettore qualunque, ma l’epitome, l’incarnazione di una passione già rara in passato e oggi del tutto scomparsa.
Se di molte persone, al semplice guardarle in faccia, si può dire che finiranno male, qualcosa di non molto diverso era possibile dedurre dallo speciale talento di Tondi nel non incidere sulle cose, per restare assente, inerte in ogni circostanza, a meno che non ci fosse in ballo la lettura di un libro. Da una persona così era folle aspettarsi sviluppi diversi da una deriva irrefrenata degli eventi.”
Queste parole sono parte di uno stralcio pubblicato su Minima&Moralia, dal quale ho tratto alcuni passaggi, ma su questo link c’è altro.
Tommaso Pincio, Panorama, NN Editore, 2015
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