Per quelle insane politiche, ora l’Italia rischia perdite per miliardi di euro su contratti derivati stipulati negli anni ’90 per favorire l’ingresso nella zona Euro. E’ questo il sunto di un rapporto confidenziale del Tesoro che getta più luce sulle tattiche finanziarie che hanno consentito all’Italia di entrare nell’Euro – barando – nel 1999.
In un rapporto di 29 pagine del Tesoro, ottenuto dal Financial Times, i dettagli delle operazioni effettuate sul debito italiano e l’esposizione nel primo semestre del 2012, tra cui la ristrutturazione di otto contratti derivati con banche estere per un valore nozionale complessivo di 31,7 miliardi di euro.
Mentre la relazione tralascia dettagli cruciali e sembra volutamente non dare un quadro completo delle potenziali perdite, gli esperti che lo hanno esaminatom ritengono che la ristrutturazione abbia permesso al Tesoro a corto di liquidi di dilazionare i pagamenti verso le banche estere per un periodo più lungo, ma, in alcuni casi, a condizioni più svantaggiose per l’Italia. Tutto per ‘truccare’ i conti ed entrare nell’euro. Con la complicità degli altri paesi: ben lieti di imprigionarci volontariamente nella prigione della moneta unica.
L’Italia aveva un deficit di bilancio del 7,7 per cento nel 1995. Nel 1998, l’anno cruciale per l’approvazione della sua adesione all’euro, questo era stato artificialmente ridotto al 2,7 per cento, di gran lunga il maggior calo tra i 11 Euro. Nello stesso periodo, le entrate fiscali e la spesa pubblica erano entrambe state stabili. L’improvviso calo era figlio di un trucco contabile grazie all’utilizzo di derivati: contratti stipulati con banche che hanno consentito ai governi di centrosinistra di abbellire per fini politici i conti, rimandando i pagamenti, e, ovviamente, rendendoli molto più pesanti e svantaggiosi.
La relazione è stata presentata, come previsto, all’inizio di quest’anno alla Corte dei Conti. Secondo un alto funzionario del governo, che ha preferito restare anonimo, i funzionari della Corte erano preoccupati dai numeri e hanno richiesto alla Guardia di Finanza di intervenire.
Nel mese di aprile la polizia della Guardia di Finanza ha visitato gli uffici di Maria Cannata, capo della agenzia di gestione del debito del Tesoro, per chiedere maggiori informazioni sulla relazione redatta dall’agenzia, compresi i dettagli sui contratti derivati originali, l’alto funzionario.
Solo una manciata di funzionari italiani, passati e presenti, sono a conoscenza del quadro completo, secondo i banchieri e le fonti governative.
Mario Draghi, ora a capo della Banca centrale europea, era direttore generale del Tesoro italiano, al momento della stipula di questi contratti derivati, in collaborazione con Vincenzo La Via, allora capo del dipartimento del debito, e la sig.ra Cannata. Era quindi un alto funzionario coinvolto nella gestione del debito e del deficit contabile . La Via ha lasciato il Tesoro nel 2000, è stato poi re-insediato come suo direttore generale nel maggio 2012, con l’appoggio, guarda il caso, di Draghi.
Un portavoce della BCE ha rifiutato di commentare il ruolo di Draghi nell’approvazione dei contratti derivati nel 1998-99 prima di entrare in Goldman Sachs nel 2002. Assunzione che sembra un premio per i lauti guadagni garantiti alla banca d’affari, quando era direttore generale del Tesoro.
Il rapporto non specifica le potenziali perdite che l’Italia deve affrontare sui contratti ristrutturati. Ma tre esperti indipendenti consultati dal FT calcolano le perdite sulla base di prezzi di mercato del 20 giugno e hanno concluso che il Tesoro sta affrontando una perdita potenziale di circa 8 miliardi di euro, una cifra sorprendentemente alta basata su un valore nozionale di 31.7 miliardi di euro. Una manna per le banche con le quali il Pci-Pds-Ds-Pd con la collaborazione di Draghi stipulò i contratti derivati.
In sostanza: per presentare un deficit più basso di quello reale, in combutta con i poteri eurofanatici rappresentati da Draghi, i governi di centrosinistra – nel 1999 c’era D’Alema – stipularono contratti derivati capestro con alcune banche estere tra cui, certamente Morgan Stanely e, probabilmente, Goldman Sachs. Questi derivati permisero l’ingresso nell’euro – ricorderete le scene di giubilo dell’Ulivo – salutato dai media come una vittoria del ‘rigore’ economico di quei governi. Non fu rigore, fu truffa.
E ora, quella truffa chiede il conto. Che dovremo pagare noi.
L’allora presidente della Repubblica non poteva non sapere. Ciampi, Prodi, D’Alema, Visco, Marini, Veltroni e Draghi siano messi sotto processo.
Voxnews