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Scanzi al Labidee: “Che storia siete venuti a raccontare?”

Creato il 17 maggio 2013 da Gemusic

Esiste una bellezza incastonata nel ricordo di un incontro. E’ la bellezza di un venerdì sera, più di cinquanta ragazzi e un ospite d’eccezione: Giacomo Scanzi, direttore del Giornale di Brescia. Un incontro informale, che si fa chiacchierata e dialogo, in un saliscendi di domande, ricordi, esperienze vissute. A organizzarlo è il Laboratorio delle Idee, gruppo di universitari che si interroga sulla vita con personalità del mondo della cultura, dell’economia, della politica, eccetera. Siamo già al quarto appuntamento dopo la serata con Adriano Paroli, Marco Zambelli e l’evento presso la concessionaria Renault Manelli.

Chi siete? Che storia siete venuti a raccontare?

Chi siete? Che storia siete venuti a raccontare?

Stavolta si parla di giornalismo e di comunicazione, di social network e di carta. Ma si parla soprattutto di sogni, di scelte e di libertà in un disegno di mistero e stupore. Parla col cuore, Scanzi, e fruga negli occhi di ciascuno: “Chi siete? Che storia siete venuti a raccontare? Qual è il vostro punto di vista? Ponetevi domande impertinenti. Scommettete la vita per qualcosa”. Le sue parole si posano sui giovani presenti: sono lo sguardo di un adulto che crede follemente nei suoi ragazzi. “Voi siete straordinari perché avete voglia di stare insieme, interrogarvi sulla realtà e di costruire. Siete straordinari perché avete voglia di vivere”. E cosa c’è di più bello di una bellezza così?

“La vita – continua – è un’esperienza culturale, è un incontro infinito”. E ci svela: “E’ stato l’incontro con il mio docente di Storia Contemporanea a dare una svolta alla mia vita e a farmi approdare al mondo del giornalismo. Non perdete di vista i vostri maestri: credetemi, insegnare è il mestiere più bello che ci sia”. Lui, docente presso l’Università Cattolica, ne sa qualcosa. Così, in un sorriso ci confida il suo ricordo più caro: “Tornate dalle vacanze pasquali, due ragazze mi hanno detto: Professore, abbiamo letto il suo libro preferito, La porta stretta di Gide, e siamo partite. Per mio conto, loro avevano già superato l’esame. Perché insegnare significa suscitare il desiderio di partire”. A vent’anni puoi farlo, devi farlo. A vent’anni hai un cuore assetato di presente e di futuro. E hai un tuo grande sogno. Per conquistarlo? “Credici, con grande umiltà. Rischia. Ma soprattutto devono brillarti gli occhi mentre lo racconti”.

C’è un’atmosfera famigliare, mescolata a un sapore di amicizia e condivisione: Scanzi non è al tavolo dei relatori e non è armato di nessun microfono. Siamo disposti ad anfiteatro intorno a lui, legati da un filo immaginario, quello della ricerca dei perché. Risponde alle nostre domande con altre domande. Le sue sanno bussare al cuore e indicano una risposta: “Che cosa mettete nello scrigno della vostra vita? Che cosa state custodendo? Io ho ritrovato un biglietto con le labbra di mia moglie e un fiore dei tempi dell’università”. Otto anni di fidanzamento, ventisette di matrimonio: una vita insieme “perché è bellissimo stare insieme e non è vero che l’amore finisce quando non si ha più nulla da dirsi. Il matrimonio non è una conferenza o un dibattito culturale”.

Le sue parole si fermano, prendono vita, disegnano fatti e aneddoti.  Con facilità scatenano l’allegria di una risata. Sono solo parole? No, è vita che palpita. E l’incanto di un venerdì sera diverso, senza nessun Campari, è una bellissima notizia da raccontare.


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