“Califfo , principe dei credenti, imam, shaykh, nostro signore” ecco alcuni dei titoli con cui per la prima volta dopo anni di clandestinità si è presentato Ibrahim Abu Bakr al Baghdadi, leader del neonato Stato islamico, formazione di estremisti sunniti che in circa un anno hanno posto sotto il loro controllo ampie zone della Siria orientale e dell’Iraq nord-occidentale.
L’inedita apparizione coincide con la notizia, riportata dai media panarabi, dell’entrata in circolazione dei primi passaporti del suddetto “Stato islamico”, rilasciati dagli uffici anagrafici dei qaidisti.
Durante la sua predica, avvenuta in una grande moschea di Mosul e durata poco più di un quarto d’ora, il “Califfo Ibrahim” ha innanzitutto elogiato il sacro mese del Ramadan, iniziato a fine giugno e che si concluderà a fine luglio. Si è quindi rivolto ai fedeli con queste parole: “Dopo anni di jihad e perseveranza è stato annunciato il califfato ed è stato scelto un nuovo imam”, ha detto l’uomo dall’alto di un pulpito in pietra decorato di sculture. Ha poi esaltato i mujahidin, i combattenti per la jihad, invitandoli a compiere il loro “sforzo sulla via di Dio”, perché “l’annuncio del califfato è un dovere di tutti i musulmani”. L’imam ha infine inveito contro i miscredenti, esaltando le “vittorie dei musulmani” a “Occidente e Oriente”
L’apparizione di Baghdadi, vestito di nero, con un copricapo che ricorda uno di quelli indossati da Osama in alcuni video, è una precisa stategia di comunicazione. Da una parte, smentisce le comunicazioni che lo vedrebbero ferito durante un’azione di guerra, dall’altra, con il suo arabo fluente, le sue dotte citazioni alla dottrina, il suo mostrarsi umile e pio, nonostante l’ormai famoso rolex che fa capolino dalla manica, vuole legittimare la pretesa che tutti ne accettino l’autorità. In una parola, legittimare la figura del nuovo califfo che sta agitando la comunità islamica.
Nonostante la potenza di questa dimostrazione simbolica ( bisogna risalire a un proclama del Mullah Omar del 1996 per trovare qualcosa di simile), le reazioni tanto attese non ci sono state. Non solo non vi è stata la corsa al riconoscimento che l’Isis agognava, ma le poche reazioni che vi sono state, sono state negative. Al-Qaradawi ha condannato senza mezzi termini, mentre le frammentate organizzazioni dell’Islam politico hanno taciuto oppure hanno diffidato chi ha provato a sollecitarne una risposta o a millantare una possibile adesione, dalla Tunisia ai Paesi del Golfo. Anche le pretese genealogiche di Abu Bakr di discendere dal Profeta sono state respinte al mittente. Neppure gli stessi jihadisti paiono toccati dalle accorate parole del “Califfo”, anzi, qualcuno ha ipotizzato che tutto sia una recita, ispirata dal vero creatore del califfato.