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Creato il 08 novembre 2010 da Albino

Alle volte mi capita di uscire con amici della mia eta’ e di ritrovarmi a dire: cavoli, in Giappone bisognava venirci a vent’anni. Questione di feeling ma soprattutto questione di quell’altra cosa che comincia con la effe, naturalmente. Discorso lungo, facilmente intuibile. Ve lo risparmio.
Ma visto che quasi tutto il mondo e’ paese, in Australia invece si diceva: cavoli in Australia bisognava venirci a vent’anni. Questione di lavoro, di opportunita’, di soldi, ma soprattutto sempre di quella cosa comincia con la effe, naturalmente. Alle Australiane di vent’anni bisognerebbe dare il Premio Nobel per la Pace (dei sensi) e in loro onore inventarne uno per la Generosita’ (nel concedersi).
Ma tutti questi sono discorsi gia’ fatti e rifatti su queste pagine, e in svariate altre occasioni mi sono gia’ lamentato di come all’estero ci si goda la vita mentre noi italiani siamo condannati ad una controparte femminile che apre le gambe solo di fronte al Principe Azzurro.

Dove voglio arrivare? A leggere questa introduzione sembra quasi che io mi sia pentito di essere rimasto in Italia fino a 29 anni e mezzo. Infatti, prima ci stavo pensando. Ho fatto bene o no ad aspettare cosi’ tanto per andare all’estero? Non sono certo il solo emigrante che se lo chiede, e non parlo solo degli italiani.
Ma per quel che riguarda me. Era solo il 2005, appena cinque anni fa. Vivevo in Italia, a casa dei miei, non parlavo un’acca d’Inglese (e men che meno di Giapponese). La mamma mi faceva il letto, sapevo cucinare a malapena una pasta al pomodoro, non avevo mai preso in mano un ferro da stiro in vita mia. Laureato in Italia, lavoro a tempo indeterminato nel Pubblico, una carriera davanti. Fidanzata storica (di due anni – storica per me), compagnia storica, auto finita di pagare, un discreto avanzo dello stipendio a fine mese che stava facendo levitare il conto in banca. Prospettiva di mutuo in avvicinamento, settimane che si accavallavano tranquille e serene una sull’altra, a casa alle cinque e mezza del pomeriggio, 32 giorni di ferie pagati l’anno.

Non era quella la mia vita. Almeno, non quella che volevo vivere. Volevo vedere il mondo cosi’ tanto, al punto che ancora oggi quando torno in Italia guardo la gente sempre uguale, che vive sempre allo stesso modo, e dentro di me mi chiedo “ma non vi siete stancati? Non vi siete rotti di fare sempre le stesse cose, parlare sempre delle stesse cose, vivere sempre nello stesso modo, con la stessa gente, dallo stesso punto di vista?”
Naturalmente mi rispondo che no, non si sono stancati. Quello stanco ero semplicemente io: e queste sono scelte, nient’altro che scelte. Come in una vecchia canzone di Björk, “I’ve seen it all”, un bellissimo duetto sotto forma di botta e risposta:

You haven’t seen elephants, kings or Peru!
I’m happy to say I had better to do
What about China? Have you seen the Great Wall?
All walls are great, if the roof doesn’t fall

Gia’. Alcuni si sentirebbero morire nel non vedere i propri genitori o i propri amici del cuore per un anno intero. E chi se ne importa di vedere la Grande Muraglia: in fondo e’ un muro, nient’altro che un muro. Vale la pena di lasciare tutto solo per toccare con mano?

Sono scelte, ripeto. Io ho fatto la mia a ventinove anni e mezzo. Troppo tardi, secondo alcuni di quelli che cercano solo delle scuse (“sono troppo vecchio per mollare tutto”) per non dar corpo a un sogno. Troppo tardi, mi dico io stesso a volte. Sarebbe stato bello in fondo avere dieci anni in piu’ da vivere senza l’assillo di doversi mettere via dei soldi, senza il macigno della carriera. Quanto mi sarebbe piaciuto girare zaino in spalla per il Sud America? E laurearmi a Londra? Terrific.

Invece ho scelto di stare in Italia fino all’alba dei trent’anni. Non me ne pento. Sono felice degli amici che ho, e che non avrei se me ne fossi andato dieci anni prima. Sono felice di aver condiviso gran parte della mia vita con i miei genitori. Sono felice di averci provato, sono felice di aver vissuto degli anni splendidi circondato da gente splendida. Prima del 2005 mi dicevo “ci vorrebbero due vite”, una da vivere qui e una da vivere in giro per il mondo. Ma di vita ne abbiamo una sola, e non e’ mai troppo tardi per cambiare idea. L’importante e’ essere in pace con se stessi.

E questo vale anche per quelli che se ne vanno dall’Italia solo per motivi di lavoro, e che passano il resto della loro esistenza a piagnucolare ripensando a quanto e’ bella la loro casetta nel BelPaese. Meglio disoccupati nel posto dove si vuole vivere, o impiegati in un posto dove mettono le fette di ananas sulla pizza?

Ancora, sono scelte. Nient’altro che scelte.

You’ve seen it all and all you have seen
You can always review on your own little screen
The light and the dark, the big and the small
Just keep in mind – you need no more at all
You’ve seen what you were and know what you’ll be
You’ve seen it all – there is no more to see!



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