L’articolo che segue, a firma di Giulia Gentile, è stato pubblicato sul quotidiano L’Unità ieri, 25 luglio, a pagina 2 dell’edizione dell’Emilia Romagna. Riprende alcuni punti contenuti all’interno di Schegge contro la democrazia, scritto con Riccardo Lenzi e in uscita mercoledì prossimo per i tipi di Socialmente Editore. A proposito di dopodomani e del volume, due segnalazioni: il 28 luglio, a mezzogiorno, presso la sede dello Spi-Cgil Emilia Romagna (coeditore insieme allo Spi-Cgil territoriale di Bologna, via Marconi 69) ci sarà la conferenza stampa di presentazione mentre se ne tornerà a riparlare il 31, alle 21, presso la libreria Ambasciatori con Carlo Lucarelli. Qui il pdf (128KB) con il dettaglio dei due appuntamenti.
Istantanea da un giorno qualunque, ad una manciata di ore dalla strage di Bologna. Da un paio di settimane, i terroristi neri Valerio Fioravanti e Francesca Mambro – poi condannati in via definitiva insieme a Luigi Ciavardini come esecutori materiali dell’attentato alla stazione di Bologna – sono ospiti in Sicilia del dirigente del gruppo di estrema destra Terza posizione, Francesco ‘Ciccio’ Mangiameli, che poi uccideranno a settembre dello stesso anno tentando di far sparire il cadavere nel lago romano di Tor de’ Cenci. Per i giudici è a casa di Mangiameli, eliminato per essere diventato un testimone pericoloso della strage, che la coppia dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar) incontra un tale Gaspare Cannizzo.
Chi è, lo spiega la relazione redatta nel 1989 dall’Alto commissario antimafia sull’omicidio del presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella. Un documento che, insieme ad una mole infinita di faldoni, finisce seguendo i rapporti siciliani del generale Amos Spiazzi (incriminato e prosciolto per il ‘golpe Borghese’ del 1970) negli atti del processo per la strage di piazza della Loggia in corso davanti alla Corte d’Assise di Brescia. «Si tratta del direttore responsabile del periodico palermitano ‘Le vie della tradizione’, rivista esoterica in cui scrivono non pochi massoni». Lui stesso iscritto all’ordine «martinista, al quale era affiliato anche Mangiameli».
Niente male per chi, come i terroristi Fioravanti e Mambro, ormai fuori dal carcere, ha sempre rivendicato orgogliosamente la lontananza dai poteri occulti dello Stato e lo spontaneismo armato dei Nar. Anche per cercare – peraltro senza riuscirci – di neutralizzare l’onta di essere stati protetti dai depistaggi messi in atto da uomini dei servizi segreti collegati proprio a quel tipo di poteri. È questo uno dei più inquietanti episodi rimessi in fila, uno accanto all’altro, da Antonella Beccaria e Riccardo Lenzi in «Schegge contro la democrazia».
Il saggio ridisegna i sinistri contorni della stagione della strategia della tensione in Italia, soprattutto attraverso carte e testimonianze riemerse dall’oblio al processo sulla bomba di piazza della Loggia a Brescia, il 28 maggio 1974. Un drammatico periodo per la storia del nostro Paese, che tre mesi dopo avrebbe vissuto la strage dell’Italicus (4 agosto 1974, 12 morti e 48 feriti), e dieci anni a seguire quella del Rapido 904 (23 dicembre 1984, 17 morti e 267 feriti) nella stessa tratta ferroviaria vicino San Benedetto val di Sambro, sull’Appennino bolognese.
In mezzo, c’è il più devastante attentato del dopoguerra contro la popolazione civile: 23 chili di esplosivo sistemati in una valigia abbandonata nella gremitissima sala d’aspetto della stazione di Bologna, sabato 2 agosto 1980. «I nuovi atti raccolti a Brescia dimostrano che, in quegli anni, si assistette al rilancio della strategia della tensione di tipo stragista per mettere a punto il ‘piano di rinascita’ tratteggiato dalla Loggia P2 di Licio Gelli», chiarisce Beccaria. E le carte ridefiniscono anche il quadro sui Nar come gruppo sedicente spontaneista.
Il rapporto del gruppo con alcuni affiliati alla massoneria, per l’autrice, si intreccia ai legami con mafia e delinquenza organizzata. Del resto ad esempio, si legge a pagina 81, Mangiameli e l’amico di estrema destra Alberto Volo, il «30 agosto 1980 si rifugiano nella casa vicino Perugia di Salvatore Davì, sottoposto a sorveglianza speciale in quanto sospettato di appartenenza ad associazione mafiosa». E pure in ambiente massonico, «tra gli affiliati alle logge del Centro attività massoniche esoteriche accettate (Camea), in Sicilia negli anni 80 figuravano numerosi individui ritenuti esponenti di Cosa nostra». Da non sottovalutare poi i legami di Nar e Ordine nuovo, gruppo neofascista fondato nel ‘56 da Rauti e di cui facevano parte la metà degli imputati per la strage di Brescia, con la banda criminale di Renato Vallanzasca. «L’ordinovista Giovanni Ferrorelli ha riferito ai giudici di Brescia di un patto di collaborazione, nel ‘77, fra Vallanzasca e Ordine nuovo». E da allora «Maurizio Addis, delegato alla gestione dei rapporti fra i due gruppi, «lo troviamo come supporto di Fioravanti per le principali iniziative dell’80»
Box – Un nuovo libro ripercorre i retroscena della strage
L’incontro tra Fioravanti Mambro e il massone siciliano è uno degli episodi rimessi in fila, uno accanto all’altro, da Antonella Beccaria e Riccardo Lenzi in “Schegge contro la democrazia” (Socialmente, 12 euro, prefazione del magistrato Claudio Nunziata): saggio sulle «ragioni di una strage nei più recenti atti giudiziari» che verrà presentato mercoledì prossimo dagli autori. Gli atti provengono dal processo per la strage di piazza della Loggia.