Le nuove regole coinvolgeranno anche i cittadini europei e comprenderanno verifiche più accurate. Anche per loro previste file e attese negli aeroporti
Di Arianna Pescini
«Sono necessari controlli sistematici e coordinati alle frontiere esterne, anche sugli individui che godono della libertà di movimento». La discussione è stata lunga, a Bruxelles. Ma i ministri della Giustizia e degli Interni europei, che si sono riuniti il 20 novembre per affrontare l’emergenza terrorismo, hanno concordato sulla necessità di aumentare i controlli e rivedere il famoso e controverso trattato di Schengen. In attesa del prossimo confronto, il 4 dicembre. La paura di altri attacchi da parte dell’Isis, che come conferma il capo dell’Europol, Rob Wainright, sono «probabili, abbiamo a che fare con un’organizzazione con ampie risorse e attiva nelle nostre strade», modificherà (inevitabilmente?) la nostra idea di libertà di circolazione, all’interno e all’esterno dell’Unione Europea.
Le decisioni I punti fermi emersi dall’incontro riguardano il rigido controllo delle frontiere, sia in entrata che in uscita, previsto anche per i cittadini comunitari, che si erano ormai abituati ad evitare molte file a dogane ed aeroporti grazie alla libertà di circolazione. Secondo l’attuale codice Schengen, infatti, “ogni cittadino Ue di rientro è sottoposto solo ad una verifica minima, ovvero l’accertamento della validità del documento e della presenza di indizi di falsificazione o contraffazione”. Da ora in avanti, invece, la trafila non sarà così rapida e, per esempio, chi arriva da Londra (che non è nell’area Schengen) a Roma sarà oggetto di verifiche come un qualsiasi cittadino extracomunitario. Con la revisione dell’articolo 7.2 del codice, quindi, come chiesto dai ministri alla Commissione, si dovrebbe introdurre l’obbligatorietà dei controlli alle frontiere esterne anche per i viaggiatori Ue. Per limitare al massimo i disagi, comunque, gli addetti alla sicurezza potranno utilizzare appositi database e strumentazioni tecniche efficaci. I dati di ogni persona verranno immagazzinati e messi a disposizione delle polizie dei Paesi dell’Unione, mentre dal marzo 2016 ogni posto di controllo sarà collegato in tempo reale con l’Europol.
Tutti i passeggeri schedati Il Consiglio dei Ministri ha chiesto inoltre di accelerare la nascita del Pnr, un registro contenente tutti i dati del passeggeri aerei: “Lo strumento dovrebbe includere anche i voli interni”, si legge nelle conclusioni della riunione, e prevedere un periodo di conservazione delle informazioni lungo almeno un anno (il Parlamento Europeo aveva proposto appena un mese), prima di rendere i dati anonimi. E ci sarà, almeno sulla carta, un giro di vite sugli ingressi di migranti e richiedenti asilo in fuga dall’Africa o dalla Siria: una “registrazione sistematica, inclusa la raccolta di impronte digitali, di tutti i migranti e rifugiati che entrano nell’area Schengen, facendo uso di tutti i database disponibili”.
Un nuovo centro antiterrorismo Ma è la mancanza di coordinamento e scambio sufficiente di informazioni che ha causato non pochi problemi (basti pensare al terrorista Abdelhamid Abaaoud, la mente degli attentati di Parigi, cittadinanza francese e passaporto belga, rientrato tranquillamente in Europa dopo aver combattuto in Siria nelle file dell’Isis). Dalle fonti europee risulta che solo 5 governi, infatti, informano regolarmente l’Europol sui dossier antiterrorismo. La paura ha spinto ora i ministri degli Interni e della Giustizia della Ue a creare, a partire da gennaio, l’Ectc, il Centro Europeo antiterrorismo, un’unità di vigilanza transfrontaliera che servirà anche a monitorare e coordinare le indagini sui “foreign fighters”, il traffico illegale di armi e i finanziamenti al terrorismo.
Fonte: Diritto di critica