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Le scomparse premature dei Giganti, in musica, sono un classico di tutte le epoche. Quella di Schubert è stata la più tremenda per il linguaggio musicale e la storia della musica. Molto più di quella di Mozart, che se fosse sopravvissuto avrebbe dovuto combattere contro Ludvig Van, molto probabilmente perdendo.
Brahms il progressivo è un saggio del 1933 di Schönberg, in cui il contributo di Brahms all'evoluzione del linguaggio musicale viene paragonato 'paradossalmente' a quello di Wagner.
Ritengo che anche Franz Schubert stava dicendo la sua in proposito, nelle ultime opere.
L'Andantino in 3/8 della Sonata n.20 in La Maggiore D959, composta negli ultimi mesi di vita del compositore, è una di quelle pagine per pianoforte talmente incredibili che è difficile non tornare ad ascoltarle nel tempo. Come se ci fosse sempre qualcosa di nuovo da scoprire.
Il brano, in forma ABA, si apre con i tipici tratti di Schubert: il cosiddetto 'passo' schubertiano (l'incedere ritmico costante degli accompagnamenti) e soprattutto una struggente e al tempo stesso sublime melodia in Fa# Minore (relativo di La Maggiore).
Tutto nella norma (direi normale genialità) fino all'inizio della sezione B. Fantasia. Il linguaggio musicale classico-romantico si dissolve di colpo, la tonalità scompare e la composizione procede per accumulazione di materiale attraverso un cromatismo feroce e figure ritmiche ostinate.
La maggior parte dei critici mette in relazione questa sezione con l'imminente morte del compositore, come se l'inconscio di Schubert avesse per un'attimo preso il sopravvento mettendo in musica nientemeno che la Signora con la falce.
Ma c'è molto di più: un procedimento compositivo innovativo in grado di strappare la forma. Infatti l'episodio del B è talmente devastante che il ritorno di A passa quasi con indifferenza e il brano sembra finire subito, come se la forma fosse sproporzionata. In realtà è l'effetto (e l'affetto) del B, la sua eco strutturale, che cattura la memoria e la imprigiona fino al silenzio. La ripetizione non è più sufficiente a ricomporre il concetto stesso di forma, perché la differenza è troppo grande, eccezionale.
A ben vedere, e soprattutto a ben sentire, lo stesso compositore sembra consapevole di averla combinata, sembra approfittarsene e prenderci quasi in giro. Un giro di tipo bucolico, in Do# Maggiore (dominante di Fa# Minore).
E poi torna A, la melodia è trasfigurata, con pochi e dosati elementi motivici (terzina di semicrome) e armonici (un Si diesis dove proprio non dovrebbe essere) derivati dal B, la cui ombra ci accompagna fino al silenzio.
Come l'acqua di un lago dopo una forte tempesta, che rimane increspata da piccole perturbazioni per diverso tempo.
E infine un altro tratto classico di Schubert, una spettacolare riarmonizzazione finale del tema.
Di seguito una splendida interpretazione di Pollini (alla Jarret...). Qui la partitura completa del movimento per seguire.
Buon ascolto.
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