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Ne avevo sentito parlare bene, come di un piccolo miracolo, considerato che un tema come quello trattato messo in mano a un italiano poteva diventare - nell'ordine - banale, stupido o lacrimevole.
Scialla è la storia di Luca (Filippo Scicchitano), un ragazzo romano di 16 anni, che vive da solo con la madre e frequenta la scuola con scarsi risultati, e di Bruno (Fabrizio Bentivoglio), che ha smesso di insegnare inseguendo il sogno di scrivere, ma ha finito per pubblicare solo biografie di personaggi famosi e per vivere da solo nella sua grande casa.
Quando la madre di Luca parte per un periodo di lavoro all'estero, Luca viene affidato a Bruno che scopre solo allora di esserne il padre. E questo rapporto padre-figlio troverà faticosamente una strada nella ricerca di un'identità che in qualche modo accomuna Luca, che si sta affacciando alla vita e lo fa nel modo un po' sbruffone, ma simpatico, degli adolescenti, e Bruno, che ha rinunciato a dare un senso all'esistenza e perso qualunque motivazione.
Bruno, con il suo buffo accento padovano, è un personaggio un po' dolente. Uno sconfitto, un perdente a priori, perché ha rinunciato ad affrontare la vita. Luca sprizza vitalità ed energia da tutti i pori; è un vulcano, una valanga che travolge tutto quello che incontra con quell'impulsività tipica dell'adolescenza che porta a sperimentare senza pienamente riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni.
Filippo Scicchitano è molto credibile come sedicenne romano sempre in vena di scherzi e di battute e sempre pronto alla rissa. E in fondo è credibile come sedicenne in generale tutte le volte che la mattina bisogna sparare le cannonate per tirarlo giù dal letto, quando va in giro per la casa con indosso solo i boxer attillati, mentre gira per i corridoi della scuola con le cuffie nelle orecchie e la musica a tutto volume. E fa tenerezza quando sotto l'aria da duro dimostra una tenerezza ancora da cucciolo.
Luca e Bruno si incontreranno in un punto apparentemente inesistente e certamente invisibile agli occhi degli altri, quello in cui un padre e un figlio agli antipodi riescono in qualche modo a riconoscersi.
Durante la visione del film si ride molto e il cuore sta "scialla" perché guardiamo una bella storia. Certo, il buonismo è dietro l'angolo e tutto è molto politically correct e un po' semplificato, però i sentimenti sono veri e lo sguardo si fa inevitabilmente compiacente di fronte a questa generazione e a questa età della vita che è bella perché contiene tutto quello che potrà essere e terribile perché ancora non è nulla.
Grazie a Francesco Bruni per avercene parlato con tale sincerità.
Voto: 3,5/5
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