Ma padrone in italiano indica colui che ha il possesso e/o la disponibilità di un bene. Andate a dire a Renzi e Poletti, che non sono padroni del’aziendina di famiglia o della prima, seconda, terza casa e vedrete quale reazione ci sarà. Andate a dire John Elkann che non è padrone della Fca e vedrete, mica è uno sficato. Dite al padrone di casa che non lo pagate perché in fondo lui è solo imprenditore di casa e vedrete come la piglia. Se invece qualcuno vi licenzia, magari perché siete sindacalizzati o perché non gliel’avete data o perché gli state sulle scatole sarebbe scortese, inopportuno dire che è un padrone e non invece un imprenditore.
Per la verità questa stessa parola nemmeno esisteva nel linguaggio comune fino a una quarantina di anni fa: c’era l’industriale, il commerciante, il fruttivendolo, il grossista, il mediatore, il meccanico, ma poi c’è stata la spinta ad utilizzare un lemma molto più vago e ambiguo ( *vedi nota alla fine del post) nella quale potessero riconoscersi anche mestieri modesti e che in qualche modo era garante delle magnifiche sorti del neo capitalismo vincente. Un dottor sottile potrebbe obiettare che l’imprenditore è un gestore di attività, cosa che di per sé non implica alcuna proprietà: ma non è così, tanto che contemporaneamente alle fortune dell’imprenditore, cavallo di battaglia del berlusconismo, si è affermata la parola manager dedicata proprio a chi svolge un’attività imprenditoriale senza essere padrone. E di solito l’attività, i posti in consiglio di amministrazione e quant’altro vengono ereditati assieme ai beni materiali, monetari e agli strumenti di produzione.
Dunque i padroni esistono eccome e col tempo sono diventati anche più padroni di prima, sono divenuti proprietari di un lavoro sempre meno tutelato da regole pubbliche. E’ talmente evidente che si deve assolutamente eliminare e sostituire la parola che indica questa realtà, confondere le acque, negare ai futuri schiavi la loro condizione. E’ il neo liberismo bellezza e non puoi fermare la stampa che lo glorifica.
*Il termine imprenditore deriva dal francese entrepreneur, inventato a metà ottocento da un banchiere irlandese, Richard Cantillon, un cui saggio pubblicato postumo, risale alla metà del ‘700. Il termine variamente tradotto nelle varie lingue è rimasto per due secoli relegato al linguaggio specialistico, con rare apparizioni pubbliche finché non è venuto buono per modificare la percezione di realtà. E non a caso visto che il temine definiva “colui che acquista risorse a costi certi per trasformarle e rivenderle a prezzi incerti”. Il che include nella categoria anche mendicanti, ladri, truffatori e quant’altro. Cosa diversa evidentemente dal comprare a costi certi per produrre e rivendere con un profitto teoricamente incerto, ma che anticipa e prelude a tutta l’attuale mistica mercatista. Tuttavia la definizione presentava un vantaggio agli occhi della nascente economia classica fondata da Adam Smith: quello di separare i ceti borghesi da lavoratori e contadini che purtroppo erano dotati soltanto della loro stessa vita e delle loro capacità, cose che al massimo potevamo rivendere per un salario incerto. Perciò ” non rischiavano” e non erano dotati di quell’aura salvifica che è giustificazione per ogni diseguaglianza. .