8 NOVEMBRE – Nessun allarmismo. Il quattro a due subito dalla Lazio lunedì scorso a Roma ha semplicemente confermato una linea di pensiero alquanto diffusa, ma spesso dimenticata. Guai a chi, tronfio per i buoni risultati ottenuti, abbassa la guardia, anche solo per un momento. Momento, che a dir la verità, è stato lungo ben 26 minuti, esattamente quelli in cui il Cagliari del gioco “ingabbiante” e veloce degli uomini di Pioli non ha capito praticamente niente.
Dopo il caparbio pareggio contro la Sampdoria, la strabordante vittoria al Castellani di Empoli, e l’improbo uno a uno casalingo contro il Milan, forse negli ultimi giorni si è parlato un po’ troppo. Esagerati i commenti, certamente alimentati da una rinnovata passione per i rossoblù, di una frangia della tifoseria che già vedeva nel gioco di Zeman (nella cui panchina qualcuno intravedeva le prime crepe… ) la massima espressione calcistica raggiunta dalla squadra, ormai, a parere di molti, pronta a imboccare una strada di immancabili successi. Niente di più sbagliato. La partita dell’Olimpico ha visto un Cagliari sicuramente più passivo e troppo “buono” rispetto alle giornate precedenti, di fronte a quella che invece è stata una compagine lucida e ordinata, capace di confezionare in pochi minuti 3 gol con Mauri e Klose. Certo, chi ha avuto modo di seguire il match non può non aver notato come i sardi – tra l’altro, privi del preziosissimo Avelar sulla sinistra – nel secondo tempo siano vistosamente cresciuti, lavorando bene sull’organizzazione di gioco e le accelerazioni, con una mentalità più aggressiva che ha fatto pregustare una rimonta da sogno. Ma queste “partenze ritardate”, si sa, sono spesso effimere dato che l’eccessiva pressione psicologica può essere controproducente. Se poi si gioca in inferiorità numerica, la frittata è fatta. Peccato infatti per quell’espulsione, sciocca ed esagerata allo stesso tempo, di Ibarbo (fallo di reazione su Lulic) che ha praticamente dato un colpo mortale agli undici isolani, prima che quello di grazia glielo desse Ederson all’ultimo minuto. Forse, dopo l’autorete di Braafheid avremmo visto una partita diversa, e la rete di Joao Pedro a sei minuti dalla fine avrebbe potuto essere qualcosa di più di una semplice zampata finale di una squadra in uno stato di comprensibile stanchezza e deconcentrazione. Nessuna critica, solo basi su cui lavorare e ripartire più forti di prima.
Signori, lo sappiamo. Il campionato di Serie A è questo, lungo, tortuoso, strano e imprevedibile. Ed è bene giocare ogni singola partita per novanta minuti e raccogliere ogni domenica quanto di più utile si possa trovare, evitando di perdere la testa o abbandonarsi a dannose illusioni.
Domenica prossima si riparte, al S.Elia arriva l’ottimo Genoa degli ex Matri e Pinilla, ma i problemi di formazione non mancano. All’assenza dello squalificato Crisetig potrebbe supplire l’ottimo Donsah o l’esperto Dessena, mentre nel tridente di attacco non è impensabile vedere Farias a destra oppure il rinato Joao Pedro. Più improbabile è la presenza di Longo come punta centrale dal primo minuto ( con Sau conseguentemente spostato sulla destra).
Per gli amanti del amarcord, gli ultimi quattro anni vedono il Cagliari nei match casalinghi sempre vittorioso sui genoani, i quali non vincono in Sardegna dall’undici aprile del 2010. Quale occasione migliore per riaccendere i motori?
Gianmarco Cossu
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