Sclerosi Multipla: a Buffalo continua la ricerca su PREMIse e angioplastiche
Un nostro attento lettore ci ha segnalato qualcosa di veramente interessante in merito alle scoperte scientifiche fatte nel campo della Sclerosi Multipla. Qualche giorno fa vi abbiamo parlato dell’importante ricerca e pubblicazione dei dati risultanti dallo studio condotto dall’Università di Buffalo insieme a quella di Ferrara su una quindicina di pazienti con sclerosi multipla. Adesso sempre dall’Università di Buffalo arriva un nuovo progetto di ricerca per cui si cercano persino i partecipanti, a svolgere lo studio sarà il Dipartimento di Neurologia e Neurochirurgia di Buffalo. Il programma di ricerca dal nome PREMiSe, Prospective Randomized Endovascular Therapy in Multiple Sclerosis, deve valutare la reale efficacia dell’ angioplastica intravascolare per il trattamento del restringimento delle vene nei pazienti con sclerosi multipla.Servono almeno altri 8 pazienti, sino ad ora ci sono 22 persone che hanno scelto di prestarsi alla ricerca.
L’appello lo leggiamo sul Corriere Canadese ed è lanciato dal dottor Robert Zivadinov, direttore del Buffalo Neuroimaging Analysis Center, nello Stato di New York, nonché associate professor di Neurology all’Università di Buffalo. Il Bnac è un istituto leader mondiale nella ricerca sull’atrofia cerebrale nella sclerosi multipla e nelle malattie neurodegenerative. Il suo obiettivo, determinare la sensitività e la specificità della Ccsvi, l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale per la diagnosi della sclerosi multipla usando strumenti diagnostici d’avanguardia e quindi stabilire il livello di prevalenza della Ccsvi nei pazienti con sclerosi multipla insieme alle sue correlazioni cliniche e genetiche. così dichiara il ricercatore: «Stiamo cercando attivamente altri otto pazienti per il PREMiSe, un “placebo control trial” che determinerà se l’intervento endovascolare con l’angioplastica per riaprire le vene bloccate è in grado di migliorare i sintomi o la progressione della malattia. Si tratta di uno studio randomizzato in doppio cieco», ha spiegato Zivadinov.
I volontari, saranno sottoposti a una venografia con catetere seguita dalla procedura di angioplastica con palloncino. I test medici includeranno ultrasound Doppler, MRI (risonanza magnetica) con venografia, esami neurologici e fisici, angiogramma della testa e del collo, perfusione cerebrale e un mese di post-trattamento. Questi test saranno ripetuti 3, 6 e 12 mesi dopo la procedura. Uno degli aspetti importanti di questo studio, spiega Zivadinov, è che solo il 50 per cento dei partecipanti si sottoporrà al trattamento di liberazione. L’altro 50 per cento riceverà la stessa procedura ma senza l’inserimento del palloncino, in questo caso si valuterà l’effetto placebo. Ai pazienti non verrà detto quale tipo di trattamento riceveranno. «È importante che i partecipanti capiscano che non sarà loro comunicato il tipo di procedura per la Ccsvi a cui sono stati sottoposti fino a sei mesi dopo la chiusura dell’arruolamento e della randomizzazione
La ricerca in Canada va avanti, soprattutto dopo la decisione di Ottawa di finanziare i clinic trial. Per quanto riguarda l’Italia invece ancora nessuna novità. In questi giorni verranno resi noti altri importanti risultati del campo clinico inerente alla ricerca del Ccsvi.Secondo il dottor Zivadinov ” Il Ccsvi dovrebbe essere eseguito solo in sperimentazioni che rispettino gli standard etici eticamente. Se qualcuno opera un paziente su compenso dicendo che sta conducendo un trial clinico quando non ha un gruppo di controllo, dal nostro punto di vista è sbagliato. Le sperimentazioni sono assolutamente gratuite. I pazienti non devono pagare nulla e ci sono gruppi di controllo per determinare se il trattamento sia efficace oppure no. Non credo che in base ai dati di cui siamo in possesso oggi possiamo dire con certezza se questo trattamento sia efficace. Certo, ci sono pazienti che hanno registrato notevoli benefici, altri meno. Dobbiamo prima dimostrare che questa procedura può aiutare i pazienti ma senza prima fare le sperimentazioni questo non sarà mai possibile. Il trattamento dovrebbe essere gratuito – continua il direttore del Bnac – Prima che le compagnie assicurazioni rimborsino il costo al paziente, deve essere dimostrato che questo trattamento è sicuro ed è per questo che abbiamo bisogno di più trial, come quello che è stato appena pubblicato o il PREMiSe. I risultati dello studio EVT sono incoraggianti. Non avremmo potuto iniziare PREMiSe se non avessimo avuto dati positivi. Ora sarà il “placebo control trial” a dimostrarlo. Bisognerà determinare se il trattamento è in grado di cambiare la malattia, in altre parole se si verificano meno recidive, meno disabilità, meno progressione della malattia».
Il professore nella sua lunga intervista al Corriere Canadese dichiara «l’angioplastica dilatativa non è un trattamento perfetto e non è pronto per essere usato su larga scala perché il rischio di stenosi è alto». «Fino a quando non avremo procedure e strumenti che tengano permanentemente aperte le vene – prosegue – penso che non sia saggio agire ora su larga scala. Inoltre, alcuni pazienti si sono rivolti al nostro centro per chiedere aiuto dopo che durante la procedura è stato loro inserito lo stent (una struttura metallica cilindrica a maglie che una volta inserita viene fatta espandere allargando così la vena, ndr) con complicanze molto serie. Sconsiglio assolutamente di usare lo stent».
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