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Sclerosi Multipla: i principali studi italiani contro il metodo Zamboni

Creato il 14 marzo 2013 da Yellowflate @yellowflate

Sciopero della fame per 50 persone affette da malattie neurodegenerative, Sla, Sclerosi Multipla e distrofia muscolareCome noto l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (Fism-Aism), assieme alla Società Italiana di Neurologia (SIN), ritengono che non ci sia alcuna correlazione tra l’insufficienza venosa cronica cerebro spinale (CCSVI), scoperta nel 2007 dal prof. Paolo Zamboni (Direttore del Centro Malattie Vascolari dell’Università di Ferrara) e la sclerosi multipla (SM), malattia gravemente invalidante che colpisce 63.000 italiani, con esordio prevalente tra i 20 e i 40 anni, e per la quale purtroppo non sono ancora note né le cause né una terapia definitiva, nonostante le ingenti risorse investite per la ricerca, soprattutto nel ricco settore farmaceutico.

Queste due associazioni (private e con conflitti d’interesse), nel 2009 avevano accolto con estrema diffidenza gli studi sul ruolo vascolare nella SM pubblicati dal team di Zamboni, con un atteggiamento che molti hanno definito “ostile” verso una teoria che mette in discussione il credo “autoimmune” della SM appreso sui banchi dell’università.


Per contrastare l’ipotesi di Zamboni sono stati così imbastiti alcuni studi che avevano il malcelato scopo di dimostrare che non esiste alcuna correlazione tra le due malattie e che un eventuale intervento di angioplastica per disostruire le vene “bloccate” era inutile se non addirittura dannoso.

L’Aism nel 2010 ha promosso e finanziato uno studio profeticamente chiamato CoSMo, dal quale fu costretto a dimettersi lo stesso Zamboni a causa di importanti vizi nel protocollo e soprattutto nella formazione degli operatori.

Dopo un primo annuncio nell’ottobre 2011 (a studio ancora in corso!) secondo il quale “a oggi, sulla base di dati preliminari, la presenza di CCSVI è stata osservata globalmente in meno del 10% dei soggetti esaminati“, l’Aism nell’ottobre 2012 ha poi trionfalmente annunciato ai media i risultati finali dello studio secondo i quali “si evidenzia che il 97 % delle persone con SM non ha la CCSVI“.

Da questo studio Zamboni uscì in fase di progettazione, perché sapeva che la metodologia proposta avrebbe portato a questo risultato negativo. Secondo Zamboni il problema è che il sistema più semplice per fare diagnosi è l’ecodoppler, ma è un metodo in cui c’è una grande variabilità di risultati dipendenti dall’operatore, in cui il giudizio deriva da una sua interpretazione sui dati. Zamboni aveva proposto di far effettuare l’esame da un angiologo o un radiologo vascolare, più esperti nella materia; viceversa i neurologi hanno voluto avocare a sé la gestione e hanno fatto fare un programma di formazione per personale neurologico, ma l’esame ecodoppler è molto complesso…

Secondo Zamboni la presenza della CCSVI in pazienti con sclerosi multipla è confermata dagli scienziati dell’area cardiovascolare in una quota variabile tra il 60 e il 100 per cento dei casi. Viceversa gli studiosi con formazione neurologica, nella maggior parte dei casi, non la trovano associata ai pazienti e la ritengono presente in una quantità pari nella popolazione generale. Questa spaccatura nel mondo scientifico lascia la controversia completamente aperta.

Noi profani abbiamo fatto invece un semplice calcolo “matematico“. Secondo l’Aism i malati di sclerosi multipla italiani sarebbero 63.000 e secondo lo studio CoSMo solo il 3% di essi avrebbe la CCSVI, dunque meno di 2.000…


Solo in Italia sono già stati effettuati finora più di 10.000 interventi di angioplastica (durante l’angiografia che a differenza dell’ecodoppler non è un esame operatore-dipendente), ma come può essere???

In parallelo la Società Italiana di Neurologia (SIN) non contenta dei risultati di CoSMo e forse per dare una spallata alla teoria di Zamboni ha promosso uno “studio” per valutare l’efficacia dell’intervento di angioplastica nei malati di sclerosi multipla (ma se la CCSVI esiste solo nel 3% dei malati come mai così tanti interventi?).

Questo studio della SIN è stato pubblicato sulla propria rivista “Neurological Science” (facile no?) e nelle conclusioni finali si afferma “dato il rischio di gravi eventi avversi e la mancanza di effetti benefici oggettivi, i nostri risultati confermano che al momento il trattamento endovascolare non dovrebbe essere raccomandato per i pazienti con sclerosi multipla“.

Secondo alcuni ricercatori che abbiamo interpellato non esiste la possibilità di valutare retrospettivamente da parte dei neurologi l’efficacia di un trattamento sul quale essi non sanno nulla. Né chi l’ha fatto, né dove, né con quale criterio hanno scelto i segmenti da dilatare, né se li hanno dilatati, né se la flebografia post-procedurale dimostrava o meno la riuscita dell’intervento, né se l’ecocolordoppler fatto dopo ha mostrato o meno l’assenza della CCSVI, né se si siano verificati eventi come le trombosi che vanificano l’effetto dell’intervento.


In conclusione è uno studio populista, senza alcuna base di scientificità.

Questa vicenda purtroppo ricorda sempre di più il “Riflesso di Semmelweis“, dal nome del famoso medico ungherese dell’800 che fu duramente osteggiato dai colleghi per via della sua rivoluzionaria scoperta, che oggi viene applicata da tutti…

Fonti:

http://www.aism.it/index.aspx?codpage=2011_10_etcrims

http://www.aism.it/index.aspx?codpage=2012_10_stampa_ricerca_ccsvi_comunicato

http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/replicazamboni.aspx

http://link.springer.com/article/10.1007%2Fs10072-013-1300-5


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