Il tutto a causa delle varie campagne pubblicitarie portate avanti dai privati per attrarre nuovi possibili clienti (in questo caso malati di SM).
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In merito, ferma restando l’autonoma scelta del malato (vera parte debole in questa triste situazione), credo sia utile formulare qualche osservazione di base su un argomento peraltro in continua evoluzione ma che rischia di condizionare pesantemente il magro bilancio delle famiglie dei malati, già così provate da una malattia terribile come la sclerosi multipla.
In Italia, paese dello scopritore della CCSVI, attualmente gli interventi di angioplastica tramite il SSN sono regolati dalle circolari del Ministero della Salute del 27.10.2010 e del 04.03.2011 e dal parere del Consiglio Superiore di Sanità del 25.2.2011.
Quest’ultimo parere del CSS ha creato non pochi problemi alle strutture pubbliche, a causa della diversa interpretazione da parte delle singole Regioni, tanto che ad oggi vi sono Regioni dove l’intervento di angioplastica è consentito anche per i malati di sclerosi multipla e altre dove è stato di fatto proibito, come nel caso della Regione Friuli Venezia Giulia, il cui Presidente Renzo Tondo continua a bloccare gli interventi nonostante una petizione sottoscritta da quasi 11.000 cittadini ed approvata all’unanimità dal Consiglio Regionale nel marzo scorso.
Questa situazione di confusione ha indubbiamente favorito l’attività dei centri privati che, dopo aver fiutato l’affare derivante dall’ambigua posizione ministeriale, arrivano a chiedere ai malati e alle loro famiglie fino a 6-7.000 euro per un intervento che, secondo un radiologo interventista ospedaliero, costa al Servizio Sanitario Nazionale da a 300-450 ad un massimo 1.100-1.300 euro.
Questa è l’Italia…
La situazione economica può poi peggiorare in caso di “restenosi” che, secondo gli studi di Zamboni (mai smentiti da nessuno), possono arrivare fino al 50% dei casi trattati nelle vene giugulari e dunque con altri costi.
Nei mesi scorsi lo stesso prof. Zamboni, durante un’intervista concessa al programma Report di Rai 3, aveva espresso il proprio parere verso l’attività di alcuni privati dichiarando che “non è un sistema che io avrei cercato, io sto cercando che questa cosa abbia una validazione scientifica e che possa essere disponibile a tutti senza che bisogna che si debba diciamo per forza pagare” e ancora “mi rode che nessuno di questi soldi venga reinvestito nella ricerca che ha generato questo“.
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Zamboni purtroppo aveva decisamente ragione, andando a leggere la banca dati medica internazionale “PubMed” non ho trovato alcuna pubblicazione italiana (tranne un’unica eccezione) da parte dei privati che stanno effettuando gli interventi a pagamento per la CCSVI, spesso con ampie e interessanti casistiche.
Queste pubblicazioni avrebbe senz’altro contribuito alla validazione della scoperta di Zamboni ed al pieno riconoscimento della CCSVI come patologia trattabile dal SSN, ma questo non è ancora successo nonostante la pubblicità e a volte le promesse in merito dei centri privati.
Chissà perché…