Nelle ultime settimane il dibattito sull’utilità dell’angioplastica per la CCSVI nei pazienti con sclerosi multipla (c.d. “Metodo Zamboni) si è acuito sopratutto al seguito della recente pubblicazione di uno studio canadese sulla rivista Canadian Journal of Neurological Sciences da parte di un team dell’Università di Calgary ”Complicazioni nei pazienti con sclerosi multipla dopo interventi all’estero per la CCSVI (Calgary, Alberta)” che ha analizzato cinque casi di pazienti trattati all’estero che hanno avuto varie complicazione durante il follow-up post-operatorio.
Nelle conclusioni di questo studio gli autori scrivono: ”mentre continua il dibattito sulla CCSVI e sulla sua relazione con la sclerosi multpla, sono diventate più chiare le complicazioni ed i rischi associati all’angioplastica ed allo stenting venoso nelle vene giugulari e azygos.Visto il numero crescente di pazienti affetti da sclerosi multipla che sono alla ricerca degli interventi, questi cinque casi rappresentano l’inizio di un’ondata di complicazioni per le quali non esistono linee guida di cura standardizzate. La nostra esperienza e quella dei nostri colleghi saranno utilizzate per sviluppare linee guida e strategie per monitorare e gestire questi pazienti, il cui numero aumenta.”
E’ abbastanza chiaro l’intento degli autori di creare allarmismo attorno a questi interventi basandosi solo su cinque casi tra l’altro non ben documentati e dimenticandosi di dire che il prof. Zamboni ha invece sempre sconsigliato l’utilizzo degli stent nelle vene giugulari proprio per evitare possibili complicazioni.
Stupisce inoltre che i medici canadesi non abbiano effettuato alcuna analisi sui risultati derivanti dai trattamenti di angioplastica onde valutare eventuali miglioramenti ottenuti dai pazienti.
Visto che nella ricerca scientifica contano solo i numeri con le relative pubblicazioni e non le testimonianze aneddotiche va ricordato che solo nell’ultimo anno sono usciti tre nuovi corposi studi sulla sicurezza dell’angioplastica nei pazienti con sclerosi multipla.
Nel dicembre 2010 un team polacco guidato dal Dr. Marian Simka ha pubblicato sulla rivista “Phlebology” lo studio intitolato “trattamento endovascolare dell’insufficienza venosa cronica cerebro spinale: la procedura è sicura?” dove sono stati analizzati ben 584 pazienti trattati. Al termine dello studio gli autori hanno concluso che “le procedure sembra essere sicura e ben tollerata dai pazienti.”
Successivamente nel marzo 2011 il team americano guidato dal Dr. Kenneth Mandato (Albany, NY) ha pubblicato sulla rivista “Journal of Vascular and Interventional Radiology” lo studio intitolato “sicurezza del trattamento ambulatoriale endovascolare delle vene giugulari interne e azygos per l’insufficienza venosa cronica cerebro spinale (CCSVI) nella sclerosi multipla: un’analisi retrospettiva”. Al termine dello studio, che ha riguardato 231 pazienti, gli autori hanno concluso che “il trattamento endovascolare della CCSVI nei pazienti con sclerosi multipla è una procedura sicura se eseguita su base ambulatoriale.”
Nel giugno 2011 è stato pubblicato un terzo studio sulla rivista “Journal of Endovascular Therapy” dal team bulgaro del Dr. Ivo Petrov intitolato ”Profilo di sicurezza del trattamento endovascolare per insufficienza venosa cronica cerebro spinale nei pazienti con sclerosi multipla”. In questo caso gli autori dello studio hanno analizzato 461 pazienti concludendo che “la terapia endovascolare sembra essere un metodo sicuro ed affidabile per il trattamento della CCSVI.”
Stranamente questi tre ultimi studi che hanno analizzato complessivamente oltre un migliaio di pazienti non hanno avuto grande risalto sulla stampa al contrario dell’ultima pubblicazione canadese che riguardava solo cinque pazienti.
Il dibattito scientifico comunque continua su un tema molto controverso che forse cambierà radicalmente le conoscenze degli specialisti sulla sclerosi multipla.
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