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Sclerosi Multipla: metodo Zamboni, nuovi test

Creato il 25 ottobre 2013 da Yellowflate @yellowflate

baveraIl Sole 24 Ore – Sanità 22-28/10/2013
Metodo Zamboni, nuovi test
Dopo la querelle di Copenaghen nuove prospettive per la scoperta dello studioso ferrarese
Se ne occuperanno le agenzie spaziali Ue e italiana nel progetto KosmoMed

La Medicina è una Scienza e, come tutte le Scienze, non è mai perfetta. Anche l’anatomia umana dovrebbe essere sempre perfetta ma purtroppo, come il mondo e la vita quotidiana che ci circonda dimostrano, esistono anche “le anomalie”.

Alcune di queste anomalie sono determinate da cause più conosciute  di altre e come tali lo sono anche le loro cure. In altre patologie, invece, cercare altri nuovi possibili rimedi significa “remare contro”, cantare fuori dal coro, scontrarsi con delle realtà che potrebbero essere “scomode”.

In mezzo agli scontri scientifici, sta un altro Mondo che è quello dei pazienti e delle loro famiglie che ambiscono a una vita migliore, più “normale”. La Scienza dovrebbe muoversi in questa direzione, non dovrebbe vincere chi grida più forte, bensì chi cura di più.

La Sclerosi Multipla (SM) colpisce circa 65.000 persone in Italia, qualche milione in tutto il mondo ed i numeri stanno aumentando di anno in anno anche per le migliorate capacità diagnostiche, ma è pur sempre considerata una malattia rara. Ci sono altre malattie rare per le quali non si fa tanto clamore e allora, perché così tanta acredine proprio per la SM?

Paolo Zamboni dell’Università di Ferrara sostiene che le anomalie frequentemente presenti nei malati di SM sono riscontrabili a livello del ritorno venoso cerebrale e midollare e da qui l’ormai nota “Insufficienza Venosa Cerebrale”, meglio nota con l’acronimo di CCSVI. Negli ultimi tre anni si è scatenata una vera querelle tra i sostenitori ed i contrari a questa “Teoria Zamboni”. L’ultimo capitolo si è consumato recentemente in Danimarca come riportato più avanti. La mia esperienza personale come specialista in chirurgia vascolare e diagnostico vascolare da oltre 30 anni, è stata pubblicata su Acta Phlebologica già un anno fa, riportando lo studio ecoDoppler su 823 Pazienti affetti da SM. Qui è stata riscontrata la presenza di anomalie del ritorno venoso cerebrale e midollare nel 90% dei casi, casualmente combaciando poi con le flebografie, contro un 5% di anomalie in 60 pazienti sani di controllo. La mia attenzione attuale è rivolta al gruppo di controllo dei pazienti trattati, solitamente mediante angioplastica delle anomalie venose, con una raccolta dati che è suddivisa in base alla gravità della malattia ed al tempo trascorso dalla procedura (3-30 mesi),  nonché sulla regressione della sintomatologia riferita dai pazienti riguardo a svariati disturbi ed ai loro cambiamenti. I pazienti sono molto collaboranti, consapevoli del fatto che i dati sono raccolti con finalità statistica in totale assenza di conflitti d’interesse.

Il Congresso Europeo sul trattamento e cura della Sclerosi Multipla (ECTRIMS) è un appuntamento fisso che si svolge a Copenaghen e che puntualmente riapre, ogni anno, la querelle sulla scoperta scientifica fatta dal professore Paolo Zamboni, che sostiene una correlazione tra la CCSVI e alcune importanti patologie neurologiche, tra cui la sclerosi multipla. L’Insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI), scoperta da Zamboni, rappresenterebbe, secondo lo scienziato di Ferrara, la concausa di diverse patologie neurologiche tra cui la sclerosi multipla. Quest’anno la notizia uscita dall’ECTRIMS, e sbandierata dalla stampa, è  stata quella della bocciatura dell’ormai conosciuto  “metodo Zamboni”,  da parte di ben 4 studi, 3 canadesi ed uno italiano, che hanno dichiarato l’assenza di legame tra la malattia, e l’insufficienza cerebrospinale venosa.  Altra notizia però, è quella degli altri 14 studi che invece hanno dimostrato la significativa correlazione della presenza di SM quando viene rilevata la CCSVI. Questa notizia, chissà perché  non è stata data! Evidentemente è sempre una questione di chi grida più forte e ha i mezzi per farlo. Per chi non è malato oppure, per coloro che pur se medici  non hanno fra i loro  interessi primari lo studio del ritorno venoso cerebrale, tutto questo può sembrare una semplice guerra di numeri, oppure un tirare la coperta da una parte piuttosto che dall’altra, certo è che questo accade lasciando nella confusione i malati, e nella delusione chi crede nella ricerca e continua a farla inseguendo il sogno di guarigione, di molti.

I fatti però parlano più delle parole, e i fatti dicono che le diagnosi con ecoDoppler,  che peraltro richiede un livello di preparazione ed esperienza particolare, sono oggetto delle 4 bocciature riportate dal Corsera.  Mentre, quando l’approccio diagnostico è fatto mediante flebografia con catetere, mediamente l’Insufficienza venosa cronica cerebrospinale  si riscontra in almeno  il 90% dei casi di sclerosi multipla. Tale dato è comprovato da 12 studi internazionali eseguiti in 8 diversi Paesi. Si ha per questo  l’impressione che la controversia sulla CCSVI sia divenuto una sorta di  luogo comune,  servito solo  al bisogno per  oscurare, seppur  maldestramente, i continui contributi che emergono dalla letteratura. E la conferma di questo sembra darcela proprio quanto è accaduto in questi giorni a Copenaghen, quando è stata lanciata alla stampa la bocciatura del metodo Zamboni. In realtà, la maggior parte degli studi confermano la prevalenza dell’ insufficienza venosa cronica cerebro spinale nella sclerosi multipla, e sono disponibili ben tre meta analisi sull’ argomento: Laupacis, Cmaj 2011; Tsivgoulis Ther Adv Neur Dis 2013; Brittany Vasc Endovasc Surg 2013. Queste meta-analisi avvalorano la significativa prevalenza di CCSVI nella SM. Solo 6,  su 19 degli studi comparabili negano l’associazione tra CCSVI e sclerosi multipla. Ma mentre le prime due meta-analisi hanno mostrato eterogeneità tra gli studi, la terza con una analisi più restrittiva ha chiaramente dimostrato un significativo doppio rischio di presenza di SM, quando viene rilevata la CCSVI, senza alcuna eterogeneità. Ora anche l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) hanno deciso di supportare con la loro tecnologia il metodo Zamboni e lo fanno all’interno del progetto KosmoMed. Grazie a KosmoMed si validerà infatti, una nuova strumentazione che sarà in grado di indagare la CCSVI in maniera specifica. Tale validazione avrà anche il supporto di una serie di studi che la nostra astronauta, Samantha Cristofaretti,  porterà avanti nello Spazio.

La discussione continua, i malati sperano, la malattia non aspetta. La logica vorrebbe che le forze si unissero con l’unico scopo di migliorare la tanto auspicata Quality Of Life, la qualità della vita e di curare sempre più efficacemente. Non vince chi grida più forte, anche perché i malati di sclerosi multipla spesso hanno il fiato corto.

Pietro Maria Bavera

Specialista Chirurgo Vascolare


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