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Sclerosi Multipla: studio CoSMo di Aism sulla CCSVI vecchio e superato?

Creato il 30 settembre 2013 da Yellowflate @yellowflate

ccsviIl 6 settembre scorso è stato pubblicato sul sito della rivista scientifica Multiple Sclerosis Journal lo studio promosso e finanziato dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (Fism-Aism) intitolato “Studio osservazionale caso-controllo della prevalenza dell’insufficienza venosa cronica cerebrospinale nella sclerosi multipla: risultati dello studio CoSMo” (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24014572 ) secondo il quale la CCSVI, scoperta nel 2007 dal prof. Paolo Zamboni (Direttore del Centro Malattie Vascolari dell’Università di Ferrara), non sarebbe associata alla sclerosi multipla, malattia gravemente invalidante che colpisce 63.000 italiani e per la quale purtroppo non si conoscono ancora né le cause né una terapia definitiva e valida per tutti, nonostante le ingenti risorse investite per la ricerca soprattutto nel ricco settore farmaceutico.

Numerosi ricercatori si sono già espressi (https://docs.google.com/file/d/0B_Ed_wxZvab3aHNCMjNqa01PVkE/edit?usp=sharing) sui gravi difetti dello studio CoSMo (costato 1,5 milioni di euro), tra cui lo stesso prof. Zamboni (http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/replicazamboni.aspx ), che già nel 2010 fu costretto a rassegnare le dimissioni dal Comitato scientifico (http://www.hilarescere.it/images/pdf/Dimissioni%20Studio%20FISM.pdf ) a causa dei numerosi vizi di questo studio, nato in pratica per dimostrare l’inesistenza della CCSVI nella SM.

Da parte nostra abbiamo scoperto un ulteriore dato assai curioso.

Nella pubblicazione dello studio CoSMo non è stato citato in alcun modo il nuovo protocollo ecografico pubblicato nel 2011 sulle riviste scientifiche International Angiology (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22233619 ) e Functional Neurology (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22364944 ) ed intitolato “Screening per l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI) mediante ecografia – Raccomandazioni per un protocollo”, dove alla luce della diversità dei dati nei primi studi pubblicati in letteratura è stata migliorata la tecnica ecografica proposta per diagnosticare correttamente la CCSVI, nuova malattia mai indagata prima da nessuno.

Secondo gli autori del protocollo l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI) è una sindrome caratterizzata da stenosi o ostruzioni delle vene giugulari interne e/o azygos con un flusso disturbato e la formazione di circoli venosi collaterali. Gli studi che utilizzano l’ecografia nei pazienti con sclerosi multipla (SM) hanno dimostrato un’elevata prevalenza della CCSVI (media 70%, range 0-100%, N = 1496), mentre nei controlli normali e nei pazienti senza SM la prevalenza era molto più bassa (media 10%, range 0-36%, N. = 635). L’ecografia utilizza una combinazione di misurazioni fisiologiche nonché di imaging anatomico ed è stata utilizzata per rilevare la CCSVI da diversi centri con risultati variabili. Un’alta prevalenza delle lesioni ostruttive che varia dal 62% al 100% è stata trovata da alcuni team nei pazienti con SM rispetto ad una minore prevalenza del 0-25% nei controlli. Tuttavia, da altri è stata riportata l’assenza di tali lesioni o una prevalenza più bassa (16-52%). Questa variabilità potrebbe essere il risultato di differenze nella tecnica, formazione, esperienza o criteri utilizzati. L’attuale mancanza di una metodologia condivisa tra gli esperti è un elemento di confondimento negli studi epidemiologici, e non consente ulteriori analisi bayesane o altro tipo di analisi. Al fine di garantire una elevata riproducibilità delle scansioni doppler con una precisione comparabile tra i centri, si propone un protocollo dettagliato con metodologia e criteri standard. Questo è necessario anche per la formazione. E’ stato dimostrato che l’inter-rater reliability (affidabilità tra valutatori o anche “accordo fra giudici”) aumenta nel post-formazione (da k = 0,47 per k = 0,80), mentre la riproducibilità intra-rater in operatori addestrati era k = 0,75. Infine, il documento di consenso propone uno standard di comunicazione delle misure doppler, e futura ricerca per rispondere nelle aree di incertezza.

Come mai i ricercatori dell’Aism non hanno utilizzato il nuovo protocollo ecografico sulla CCSVI, pubblicato quasi due anni fa su due riviste scientifiche?

Come può l’Aism considerare “definitivo” uno studio ecografico che ha utilizzato un protocollo vecchio e superato?

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum!


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