E’ stato pubblicato sulla rivista medica “Vascular Medicine” uno studio intitolato “Correzione endovascolare di anomalie cerebrovenose nella sclerosi multipla: una revisione retrospettiva di un gruppo di casi non controllati“.
Secondo alcuni ricecatori americani, coordinati dal chirurgo vascolare prof. Michael D. Dake della prestigiosa Università di Stanford (California), l’intervento endovascolare per l’ostruzione del drenaggio venoso della testa e del collo è un trattamento utilizzato per disturbi come la sindrome della vena cava superiore. Sono stati osservati alcuni pazienti con sclerosi multipla che hanno anomalie delle vene che drenano la testa ed il collo. È possibile che alcuni sintomi associati alla sclerosi multipla possano essere secondari ad un flusso venoso disturbato. In un gruppo clinico non controllato di 40 pazienti, a cui era stata diagnosticata in precedenza la sclerosi multipla, sono state osservate anomalie del drenaggio venoso della testa e del collo, tra cui stenosi venose delle vene giugulari interne. In 38 dei 40 pazienti sono stati inseriti stent venosi con il ripristino delle dimensioni luminali e l’abrogazione del gradiente di pressione venosa. Il miglioramento angiografico ed emodinamico è stato associato ad un miglioramento della sintomatologia, più in particolare dei sintomi cognitivi e costituzionali, che possono essere correlati al flusso cerebrovenoso. Le complicanze più gravi includevano la morte di un soggetto e l’embolizzazione di uno stent che richiedeva un intervento chirurgico a cuore aperto in un altro.
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Al termine dello studio, secondo gli autori, l’intervento endovascolare in questo gruppo per correggere una stenosi venosa associata alla sclerosi multipla è stato associato ad un miglioramento dei sintomi probabilmente correlati all’emodinamica dei disturbi venosi. Tuttavia, dati i gravi eventi avversi in questo piccolo gruppo, è necessario uno studio clinico randomizzato per confermare questi risultati e per determinare se la procedura ha qualche effetto sulla progressione della sclerosi multipla, o effetti avversi indesiderati a lungo termine.
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Questo studio, proveniente da un gruppo di ricerca prestigioso, conferma le pime osservazioni sulla possibile correlazione tra l’insufficienza venosa cronica cerebro spinale (CCSVI), scoperta nel 2007 dal prof. Paolo Zamboni (Direttore del Centro Malattie Vascolari dell’Università di Ferrara) e la sclerosi multipla (SM), patologia gravemente invalidante che colpisce oltre 61.000 italiani, con esordio prevalente tra i 20 e i 40 annie per la quale non esistono al momento cure definitive.
Anche i dubbi espressi da Zamboni sulla sicurezza degli stent per questo tipo di vene trovano conferma a causa di un paio di eventi avversi che si sono verificati nel gruppo studiato dai ricercatori di Stanford.
Infine, appare necessario e non più differibile l’avvio dello studio multicentrico “Brave Dreams” promosso e finanziato dalla Regione Emilia Romagna e a cui nel gennaio scorso l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (Fisam-Aism) aveva clamorosamente negato il finanziamento più volte promesso.
Del tutto fuori luogo anche la recente interogazione dell’on. Chiara Moroni che, riferendosi a questo studio, aveva parlato di “sperimentazioni che non hanno alcuna evidenza scientifica”.
Fonte: http://vmj.sagepub.com/content/early/2012/04/10/1358863X12440125.short