Comunque io mi chiamo Roberto, molto piacere. Mi chiamo Roberto come il novanta per cento del genere umano di nazionalità italiana di sesso maschile della mia generazione. Intorno alla metà degli anni 60 Roberto doveva essere uno dei quei nomi di moda o magari c’era qualche personaggio in vista che si chiamava così e tutti i genitori pensavano che dargli lo stesso nome potesse essere di buon auspicio. Vi risulta? C’è qualche studio nell’Internet sulla antroponomastica di massa? Sta di fatto che dalle mie parti c’è stato un periodo quando ero ragazzo e frequentavo i miei coetanei in cui chiamavi Roby e si giravano in venti in un colpo solo. Un amico mio omonimo e il sottoscritto c’eravamo addirittura inventati un programma radiofonico in cui tutti si chiamavano Roberto. I due presentatori, lui e io, gli inviati a raccogliere finti servizi sul territorio, ancora io e lui. Ci sembrava una buona idea da proporre come format a qualche emittente locale. Ci siamo persino incontrati una volta per mettere a punto la puntata pilota con tanto di mixer e registratore. Ma lui aveva un po’ di erba e alla fine abbiamo desistito perché non la smettevamo più di ridere e ci toccava rifare sempre tutto da capo. Fino ad ammettere che l’idea non era granché, meglio archiviarla tra gli ennemila progetti lasciati a metà, anzi meno della metà.
Poi per fortuna la moda di chiamare Roberto è passata, chissà quanti altri trend di questo tipo sono nati, hanno raggiunto il top e quindi tramontati nella severa quanto giusta indifferenza generale. Ma, come tanti altri, vedete che anche i miei genitori si sono fatti omologare dal mainstream e dal momento che cercavano un nome che iniziasse per erre e che completasse la trilogia con le mie sorelle maggiori battezzate con la stessa iniziale hanno pensato a Roberto. Non immaginate quante volte mi sono reputato salvo per miracolo, pensate se avessero scelto Romualdo o Rodomonte o Rastrello. Scherzo eh, che visto come tira il momento vedo già frotte di commentatori che si chiamano così offesi solo perché il loro nome non rientra nei miei gusti. Sì, lo so che rastrello non è un nome proprio ma mi faceva ridere.
Ecco, il nome che è una cosa che volente o nolente ti porti dietro tutta la vita e oltre, perché come se non bastasse arriva il momento in cui te lo scrivono a indicare che in quell’urna è stato raccolto quel poco che è rimasto di te. Ma il vostro nome, se ci fate caso, alla fine quando lo usate? Ok, nei documenti ufficiali, a volte ma non sempre per compilare i form, nella firma, per farvi riconoscere quando occorre. Per il resto ci firmiamo con l’iniziale puntata, come R., oppure con un diminutivo. Io ho scelto Rob, lo uso in calce alle email e non chiedetemi il motivo che non so spiegarlo. Sul lavoro nessuno mi chiama Roberto perché è un nome lungo, credo, o forse perché non mi somiglia e così tutti usano Bob, o Bobby, o addirittura Zio Bob che non so come sia venuto fuori. A scuola sempre per cognome che però non vi dico, mica voglio mettere a rischio la mia privacy on line che già ho rivelato il mio vero nome. Ma perché ci si chiude dietro a nick, poi. Perché si sceglie l’anonimato? Chi crediamo di incuriosire con il mistero di una sequenza alfanumerica come la mia, o con nomignoli evocativi per farci sentire nelle discendenze di qualcos’altro?
In casa mi chiamano papà, papo, per non parlare di tutti i teneri modi di rivolgersi tra partner che ci si potrebbe scrivere un dizionario. Anzi, quando mia moglie pronuncia per intero il mio nome mi suona strano ma non è come nei film che bisogna stare all’erta perché si è agitata per qualcosa. No, lo fa per gioco, per sentire come suona il mio nome con tutte quelle erre, un nome di sicura provenienza germanica. In quel caso mi sento un estraneo, non so se capita anche a voi se avete nomi formati da più sillabe. Devo fermarmi a pensare se davvero si sta rivolgendo a me, a furia di sigle e nick forse è un nome che non mi appartiene più. O forse è solo che nell’era degli indirizzi IP il nome è superato. Comunque io mi chiamo Roberto, molto piacere.