
I resti dell'Homo Naledi, una specie finora sconosciuta
(Foto: Corsera)
L'Homo Naledi era alto circa 1,50 metri e pesava circa 45 chilogrammi. Di lui rimangono, al momento, circa 1.550 resti di ossa. Il nome di Homo Naledi è derivato da quello della Dinaledi Chamber nella grotta Rising Star, dove, tra novembre 2013 e marzo 2014, sono stati scoperti i resti. In lingua Sotho, utilizzata nella zona, "naledi" significa stella.
I ricercatori ritengono che vi siano ancora altri resti di questa specie da recuperare nella grotta presso Maropeng, non lontano da Johannesburg, in un'area inserita nel Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco proprio per l'importante presenza di tracce dei nostri progenitori.

Ricostruzione del volto dell'Homo Naledi
(Foto: Corsera)
La profondità del pozzo e la sua difficile accessibilità fanno pensare che i resti umani ivi collocati, vi siano stati deposti intenzionalmente. Se così fosse e se la datazione ne accerterebbe l'antichità, sarebbe un dato straordinario, dal momento che la pratica dell'inumazione era conosciuta solo tra i Neanderthal e l'Homo Sapiens, specie recenti.
L'Homo Naledi aveva statura e massa corporea simili a specie più piccole. Le ridotte dimensioni del cranio lo fanno somigliare a specie più antiche, come gli Australopitechi. La dentatura, la forma del polso e della mano, i piedi e gli arti inferiori somigliano a specie moderne. Al contrario di spalle, tronco, pelvi e femore che presentano caratteristiche arcaiche. Le dita dell'Homo Naledi erano curve, il che sta ad indicare una particolare abilità nell'arrampicarsi. Piedi e lunghe gambe ne facevano una specie adatta a lunghi spostamenti.
