In Italia gira un tizio che ha ucciso Roberto Benigni, ne ha assunto le fattezze e l’anagrafe, ma che non riesce ad essere credibile nella parte che ha assunto per coprire il suo delitto. Da giullare esagitato e vernacolare, privo di vera ironia, ma pronto alla battutaccia e al gesto atellano contro il potere, abbracciatore compulsivo di Berlinguer su pellicola e su palco, è man mano scivolato verso insistenti e un po’ ridicole parti di fine dicitore dantesco, di noioso e incompetente commentatore biblico per ridursi alla fine ad abbracciare Renzi e ciò che esso rappresenta.
Il fatto è che non riesce ad imitare il vero Benigni, nonostante gli somigli come una goccia d’acqua e spesso non si capisce più se le sue siano battute o prese di posizione seriose: dopo aver detto che voterà si al Referendum, cioè che si prepara ad approvare il massacro della Costituzione che cosa si deve pensare quando subito dopo dice che il family day lo ha organizzato lui? E’ una battuta, una confessione o un lapsus freudiano? Un giullare ha il dovere della coerenza, deve schernire e fare capriole al di là del tavolo: se diventa commensale attento alle convenienze politiche e al relativo galateo, non può alzarsi ogni tanto per far le fiche (espressione dantesca per evitare equivoci): non è più credibile. Soprattutto non fa ridere perché la cosa dopo tanta bibbia e invocazioni papali, non sembra affatto pervaso dal “sentimento del contrario” come direbbe Pirandello. Il vero Benigni è quello di Mario Cioni o quello che tenta di impedire a Colombo di scoprire l’america in Non ci resta che piangere.
Poi l’America l’ha scoperta lui ed è cominciato un progressivo declino verso le modalità hollywoodiane culminato con la Vita è bella, film oscarato perché da una parte spezzava il plumbeo political correct in cui sguazzano la mancanza di idee e l’ipocrisia americana e dall’altra perché facendo entrare un’elemento leggero e favolistico nell’Olocausto, avvalorava in un certo senso la fine della storia prepotentemente divenuto un elemento essenziale dell’egemonia liberista. Dopo di allora di Benigni si sono perse le tracce, scomparso nel grande nulla del presente e il suo assassino ne ha preso il posto: mancando di verve e di ragioni, senza più l’istinto del giullare, ma ormai paludato si è dedicato a straziare Dante. E ora passa alla Costituzione.
Certo i giullari devono essere sempre giovani, la piroetta verbale e fisica non si addice ai capelli grigi e oggi il falso Benigni sarebbe preso in braccio da Berlinguer piuttosto che il contrario: è una forma di comicità che invecchia precocemente. Ma finire in braccio a Renzi e ai suoi piani sguaiati, significa proprio essere decrepiti. Anzi proprio morti.